Anche il Papa Francesco ‘odia gli indifferenti’. I politici imparino dal Pontefice

ROMA –  Papa Francesco lo avevano definito un conservatore rivoluzionario. Forse basterebbe dire che è un uomo che agisce con quel carico di buon senso al quale probabilmente ognuno di noi dovrebbe appellarsi in tutti i momenti cruciali della vita.

Oggi, fanno ancora riflettere le parole pronunciate davanti ad un folla di 200mila fedeli. ”La mancanza di etica nella vita pubblica fa male all’umanità intera”, ha tuonato ieri da San Pietro il Pontefice,  mentre a una manciata di chilometri di distanza  un corteo colorato faceva il suo ingresso a Piazza San Giovanni per denunciare la mancanza di lavoro e la cancellazione della dignità.

Papa Francesco senza troppi giri di parole è arrivato subito al nocciolo della questione, indirizzando le sue parole a quella politica che nonostante i proclami continua a rubare quelle poche certezze rimaste: “è la gente che muore di fame, ma di questo non passa niente, ma se calano gli investimenti delle banche se ne fa una tragedia”.
Insomma,  il messaggio, o meglio il monito, è chiaro e diretto come una freccia affilata ed è tutto rivolto a chi questo paese lo governa o fa finta di farlo.
Non è un caso  se Papa Francesco entra in temi così delicati e presenti massicciamente nella vita di tante persone, mentre la politica, quella cosiddetta dei fatti, non si vede  neppure nei contesti istituzionali come dovrebbe accadere.
Altro che governo delle larghe intese e del “cambiamento” come vogliono far intendere. Qui di cambiamento per ora non c’è traccia. Per questo l’esempio del Papa, di questo Papa, assume un significato universale che non andrebbe affatto sottovalutato. Anzi, non è un caso se dopo pochi giorni dalla sua elezione il Pontefice aveva deciso per una vita più sobria senza sprechi e senza inutili sfarzosità. Lo ha detto, ma lo ha anche fatto. Basta pensare che per la prima volta nella storia della Chiesa un Papa ha chiesto alla banca dello Ior di vedere i conti miliardari, di conoscere nomi e cognomi dei correntisti “ricchi”.  Ha perfino voluto controllare le buste paghe dei Cardinali che si aggirano sui 5mila euro  mensili, alle quali spesso si aggiungono i viaggi delle trasferte e tutte le spese che ne derivano e che il papa ha letteralmente tagliato dagli emolumenti.

Ma non è solo l’unire il dire al fare, è soprattutto il peso delle parole, la modalità, i tempi, il contesto in cui si esprimono che fanno quella differenza abissale, tra l’intenzione autentica e le promesse che puzzano di falsa retorica.
“Non possiamo diventare cristiani inamidati, dobbiamo diventare coraggiosi”, ha detto papa Francesco. E questa frase rivolta a ognuno nell’ambito dei propri spazi, dovrebbe diventare una sorta di massima a prescindere dal credo personale. Coraggiosi significa fare anche delle scelte contro corrente, abbandonando i soliti modelli di calcolo di quella finanza spietata che ha cancellato l’umanità delle persone. Insomma condividere  la condizione umana fino in fondo, sperimentarne la fatica e il disagio quotidiano di chi è costretto a viverlo, rompere le regole con sincerità, schiettezza e capacità di grandi decisioni.  
Cose dettate semplicemente dal buon senso, cristiano e non, poco importa.

“Quando io andavo a confessare, – ha raccontato Papa Francesco – chiedevo: ‘ma lei da’ l’elemosina? E quando da’ l’elemosina guarda negli occhi la persona povera? E gli tocca anche la mano o gli butta solo la monetina?”.
In sintesi si potrebbe trovare una analogia con la politica, perchè spesso i provvedimenti nati per dare sostegno e aiuto a chi non ce l’ha,  hanno il sapore della propaganda ed escludono, anche per mancanza di una conoscenza diretta,  il vero senso per cui sono stati pronunciati, solamente perchè sfugge la vita reale delle persone. E quale capacità ci vorrebbe per abbassarsi al livello di chi soffre, di chi denuncia una situazione insopportabile? Basterebbe solamente immedesimarsi nell’altro. Paradossalmente è molto più coerente il messaggio del Pontefice in virtù del momento che sta attraversando il Paese, che il “buon senso” di alcuni politici che hanno preso da tempo le distanze degli “ultimi”.
Perfino partiti che ancora oggi  si dichiarano infallibilmente di sinistra, nonostante gli insegnamenti di una dottrina politica giunta da lontano, hanno perso la bussola sul come agire e sul come raccogliere il disagio sociale. Continuano a voltare le spalle a chi invece ha bisogno in questo delicato frangente e in cui cambiare e far sentire la presenza assume un significato che ha quasi del rivoluzionario.

“Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”, scriveva Antonio Gramsci. Pensare che perfino il Papa sembra aver raccolto lo stesso messaggio.

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