Il governo operi un cambio di passo e lavori sulle priorità

C’e un dato che da solo riassume la gravità dell’attuale situazione economica e sociale, quello contenuto nella relazione del 16 luglio scorso del Presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua: dal 2009 al 2011 sono stati impiegati 80miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali.

Venti miliardi l’anno, quasi un miliardo e ottocento milioni al mese. Una cifra colossale che spiega come, nonostante la profondità della crisi, ci sia stato un contenimento del conflitto sociale. Un’altra riserva di risorse è stata, negli stessi anni, il cosiddetto welfare familiare,cioè i risparmi delle generazioni entrate a lavoro alla fine degli anni sessanta, con alle spalle un lavoro stabile durato 35-40 anni e con pensioni dignitose. Risorse che sono servite a sostenere i figli in cassa integrazione e i nipoti con un basso reddito da lavoro precario o senza occupazione. Adesso entrambe queste disponibilità si stanno esaurendo. Non a caso stiamo insistendo, come Partito Democratico, per il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, al fine di coprire i fabbisogni del secondo semestre di quest’anno: all’appello manca un miliardo e quattrocento milioni di euro. L’autunno che abbiamo di fronte, segnato da una crescita delle crisi aziendali e della disoccupazione, sarà durissimo. Occorre quindi un cambio di passo nell’azione di governo e una più precisa individuazione delle priorità. Non possiamo concentrare la nostra attenzione soltanto sull’Imu e sull’Iva, che andranno comunque rimodulate nel segno dell’equità sociale, ma che non potranno ipotecare da sole le poche risorse disponibili. Il paese ha bisogno di risposte su alcuni temi particolarmente urgenti: l’effettiva restituzione dei debiti della Pubblica Amministrazione alle imprese,il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, la diminuzione strutturale del costo del lavoro e la correzione del sistema pensionistico. Su quest’ultimo punto è importante che il Governo sia tornato a parlare della soluzione del problema dei cosiddetti esodati, ma questo non è sufficiente. Occorre anche inserire un criterio di flessibilità nel sistema pensionistico che restituisca alla riforma del governo Monti quella gradualità che è stata brutalmente negata con l’innalzamento dell’età pensionabile a 67anni. Una giusta correzione alla riforma  sulle pensioni può favorire nuove assunzioni, soprattutto di giovani. Nell’attuale situazione di crisi il brusco innalzamento dell’ eta’ pensionabile ha contribuito a bloccare il turn over nelle aziende, già’ poco propense ad assumere in un momento d’incertezza economica. Risolvere il problema dei cosiddetti esodati, e introdurre un criterio di flessibilità nell’uscita dal lavoro verso la pensione  rappresenterebbe una spinta al rinnovamento degli organici aziendali.

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