Berlusconi fra vittimismo e arroganza

ROMA – Tutti col fiato sospeso in attesa della sentenza della Cassazione sul processo Mediaset. I media, carta stampata, tv e radio,  on line, fanno da cassa di risonanza.   Quelli pagati, direttamente o indirettamente da Berlusconi, stanno esercitando una pressione sui magistrati della Suprema Corte indegna di un paese civile.

Neppure nei regimi dittatoriali si raggiunge un tale livello. L’obiettivo è duplice. Da una parte si cerca di far apparire il cavaliere come una vittima, che non perde però la sua arroganza da intoccabile. Interviste che vengono poi falsamente smentite e ridotte  a semplici colloqui cui si prestano direttori, editorialisti, cronisti d’assalto a libro paga del cavaliere  mostrano  un uomo deciso, forte, che non ha paura di niente. Vado in carcere se la Cassazione conferma la sentenza d’appello. Niente domiciliari, lavori sociali, ma  che state dicendo, dalle “mie prigioni, novello Silvio Pellico, continuerà ad essere il capo del partito, che si chiamerà Forza Italia.

Papa Francesco: “Chi sono io per giudicare un gay”

Passa in secondo piano anche la visita del Papa in Brasile, il suo ritorno in Italia, più di un’ora a colloquio con i giornalisti. E una frase, poche parole, una svolta storica per la Chiesa cattolica pronunciate da  Papa Francesco quando gli hanno fatto domande, sull’aereo che lo riportava in Italia,  che riguardava le lobby gay nella Santa Sede. Ha detto che “le lobby tutte non sono buone, mentre se uno è gay chi sono io per giudicarlo. Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la  Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli. Quando uno si trova perso così va aiutato e si deve distinguere se  è una persona per bene”. E poi ancora quando ha detto che nella famosa borsa quella che porta con sé, con il necessario per farsi la barba, ha dato una notizia: anche il Papa si fa la barba.

Sempre più forte la pressione sulla Cassazione

Non c’è niente da fare. La precedenza viene data al “caso Berlusconi”, alle pressioni sulla Cassazione. Ci pensino bene i giudici della Cassazione prima di mandare in carcere un quasi ottantenne. Dall’altra ci pensa la sua pattuglia d’assalto che annuncia sfracelli, la Santanchè mette l’elmo e va in guerra, lasciamo il Parlamento, via il governo, altro che larghe intese, buttiamo tutto a carte quarantotto. L’avviso “eversivo”, dice il capogruppo Pd al Senato Zanda, è rivolto ai magistrati e allo stesso Pd. Perché se viene confermata la condanna che prevede l’interdizione dai pubblici uffici ci vuole un voto di conferma del Senato.  Un invito  ai senatori democratici a non dar seguito alla eventuale condanna.  Immediata la risposta del  senatore  Pd, Vannino Chiti: “Il Parlamento si troverebbe semplicemente di fronte a una presa d’atto della decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore. Il Pd non potrebbe che votare favorevolmente”.

La “banda Bassotti” punta ad un pericoloso conflitto istituzionale

La  “banda bassotti”, ci scusino  quelli originali, sarebbe pronta  ad aprire un conflitto fra due poteri dello Stato quello del parlamento e quello della Magistratura. Davvero un pericolo molto forte, un rischio che un paese democratico non può correre. Si può evitare il tormentone  che ogni giorno ci infliggono i media berlusconiani? Volendo si può. Era dato per scontato che la sentenza sarebbe arrivata  addirittura nella giornata stessa di martedì, ora si parla di giovedì. Basterebbe che i media, quelli “normali”, non a libro paga del cavaliere di Arcore, a fronte di una vicenda che senza dubbio è destinata a pesare sul futuro del Paese,  usassero come riferimento i parametri di una corretta informazione. Raccontassero cioè i fatti e non il “colore”, abbandonassero per una volta i retroscena, cessassero di assumere il ruolo di 007. Anche perché  a volte si cade nel ridicolo. Un autorevole quotidiano ha  affermato che dalle residenze berlusconiane non filtra niente,  che il consiglio dell’avvocato, professor Coppi, è quello di parlar poco. Poi però  il gusto del virgolettato prende la mano al giornalista e racconta che Berlusconi è disperato, non sa che fare, che lo stesso avvocato si trova in difficoltà con un dubbio amletico: chiedere o non chiedere il rinvio.

Il rischio di un blocco delle informazioni

Fino alla sentenza si andrà avanti così cercando di individuare quanti giudici sono per il sì e quanti per il no, addirittura si scrivono “prove di sentenza”, in un caso e nell’altro. La realtà fortunatamente non si ferma alla vicenda berlusconiana. Il mondo va avanti, bene, male. Per noi, da giornalisti, oggi è più importante far sentire questo Paese – ed è un compito dei media – vicino ai familiari di chi ha perso la vita in quel tragico incidente stradale a Monteforte Irpino e Baiano.  Individuare subito chi porta la responsabilità di 38 morti sperando che non  ve ne siano altri. E meriterebbe la prima pagina la notizia che dovrebbero riprendere le trattative di pace fra Israele e Palestina.  Ma ciò che accade nel mondo per i nostri media non fa notizia.

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