Un Natale strampalato prova a portare via l’Articolo 18

Un paese incarognito, rabbia, disperazione, povertà, “forconi” per le strade, la protesta di chi paga il maggior prezzo per la crisi che da più di cinque anni colpisce l’Italia, il disprezzo per i migranti ammucchiati in ”centri della vergogna”, vedi Lampedusa, Ponte Galeria a Roma. Sembra che non ci sia via di uscita, il tessuto democratico logorato,le forze politiche incapaci di tradurre la protesta, la rabbia, in proposta, di dare speranze, di indicare un futuro per i giovani in particolare. Le istituzioni, dalla Presidenza della Repubblica, al governo, vivono una situazione particolare. Napolitano, al secondo mandato da lui non richiesto né ricercato, svolge un ruolo essenziale per gli equilibri politici ma, proprio per questo viene sottoposto ad attacchi pesantissimi, fino alla richiesta di impeachment, allo stato di accusa per alto tradimento da parte di Grillo con largo consenso  di Forza Italia. Il governo che Letta cerca di guidare verso un porto sicuro prima di affrontare nuove elezioni rappresenta una anomalia. Non la grande coalizione  che vede insieme in Germania  Cdu e Spd, conservatori e socialdemocratici.  E’ il risultato di una legge elettorale, il “porcellum” che non consente maggioranze omogenee, di una alleanza fra centrosinistra, Pdl, ora nuovo centro destra,  centristi di Scelta civica mentre il pregiudicato Berlusconi ha fatto rinascere Forza Italia, collocandosi all’opposizione, tutto proteso a cercare di salvare se stesso.

Un clima segnato da violenza e volgarità

Non c’è da meravigliarsi  di  un clima segnato da episodi di violenza. Nelle aule del Parlamento  i leghisti mostrano un forcone, i grillini  si esercitano nella violenza e volgarità delle parole.  Il governo guidato da Enrico Letta, come è accaduto in questi giorni nel dibattito sulla legge di stabilità su  altre leggi importanti, combina  anche pasticci. Poi deve correre ai ripari. A gennaio il premier presenterà al Parlamento il programma per il 2014. Nella conferenza stampa di fine anno non ha detto molto, soprattutto enunciazioni.  Ha fatto riferimento al rinnovamento generazionale quasi  fosse il  toccasana per una situazione economica e sociale. Non ne neghiamo l’importanza. Diciamo solo che anche il Parlamento è stato rinnovato, in particolare i gruppi del Pd, ma non ci sembra che l’effetto sia stato particolarmente felice. Anzi, stando alle esibizioni televisive di alcuni dei “nuovi” diciamo meglio gli antichi.

I terreni di battaglia di Renzi. Legge elettorale e lavoro

Allora cosa ci regala il Natale, cosa troviamo sotto l’albero? Due  problemi, due argomenti di grande rilievo: la legge elettorale e il lavoro. Sono i terreni di battaglia di Matteo  Renzi, arrivo io, ha detto nella campagna per le primarie, è risolvo tutto, metto tutti in riga. A noi sembra che stiamo come prima. Certo si dice che entro la fine3 di gennaio la legge deve andare in porto. Ma quale legge?  Si potrebbe fare un lungo elenco,lo stesso sindaco di Firenze, ora segretario del Pd, di nuovo candidato a primo cittadino della città del Giglio non ha una idea precisa. In compenso per il Pd pensa a un “ partito dei sindaci”. Ancor peggio per quanto riguarda il problema del lavoro. Il ”suo“ staff sta elaborando un progetto, lo chiamo “job act”. Chiamarlo “piano del lavoro”  era troppo cigiellino e Renzi  i suoi esperti, si fa per dire, non hanno troppo confidenza con la Confederazione di  Corso d’Italia. Scommettiamo che, per esempio, non hanno neppure letto il piano del lavoro” messo a punto dalla Cgil, richiamando quello  che portava il nome di Giuseppe Di Vittorio che cambiala storia del sindacalismo itaoi8ano e dette forza ai lavoratori. Di questo “job act” esistono solo alcune indiscrezioni, versioni diverse. Ma già ci si affretta, anche da parte del presidente del Consiglio, ad esprimere consenso.

Nel Pd molta cautela. La Cgil “una minestra ripassata”

Lo stesso Brunetta pare entusiasta, così ambienti confindustriali.  Nel Pd molta cautela, si fa notare che alcune proposte   degli esperti di Renzi richiamano, nella impostazione,disegni di leggi presentato da parlamentari democratici. Il vice premier esulta e dal “contratto unico”   per i nuovi assunti passa ai contratti individuale, al massimo aziendali. In un botto solo viene eliminata la contrattazione collettiva e l’articolo 18. Nei primi  tre anni per i nuovi assunti  la giusta causa per il licenziamento  non esiste più. Si torna ai tempi dei “padroni delle ferriere”. Così indicano gli “ esperti” renziani. Scarsa ci sembra l’attenzione da parte del Pd. La Cgil prende le distanze in modo netto. “minestra ripassata” affermano ni dirigenti. La “luna di miele” di Landini con  Renzi, se mai vi è stata, è subito terminata. Dice il segretario della Fiom: “Renzi ripristini l’articolo 18″.

Si dimette capogruppo Pd in Commissione lavoro

”Non ci sta  la senatrice Maria Grazia Gatti, capogruppo Pd in Commissione lavoro,la sede dove il “job act” dovrebbe essere elaborato. Si dimette. Non condivide le proposte di Renzi, parla di “ genericità delle posizioni sul lavoro”.  “L’ idea di un contratto di lavoro senza articolo 18 fa alzare barricate universali”. Ancora: “E’ solo creando lavoro che si rimettono in moto domanda interna,produzione e crescita”. Il “ iob act” ricalca politiche  già esprimevate in Grecia, Spagn, Portogallo: non un posto di lavoro è stato creato. Il rischio è che Babbo Natale porti nel suo fardello la morte di un diritto di civiltà concauistato dai lavoratori  italiani. Più strampalato di così il Natale non potrebbe essere.

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