Alitalia al bivio. Cercasi partner disperatamente

ROMA – Alitalia è arrivata alla resa dei conti. Passare in mano agli stranieri o andare verso una prevedibile e lenta scomparsa in Italia,  dove la deregulation ha di fatto prodotto una selvaggia competizione a scapito di regole necessarie in un  settore così delicato come quello del trasporto aereo.

I vertici Alitalia, dopo il bagno di sangue subito dai lavoratori nel 2008,  pensavano  di risollevare l’ex compagnia di bandiera, di portarla in alto, metaforicamente parlando, dove non era mai arrivata. Invece i risultati, anzi le ferite e soprattutto le contraddizioni sono ancora ben visibili. Non ultimo l’incontro avuto ieri con i sindacati, durante il quale la dirigenza Alitalia ha assicurato che ci sarebbero 1.900 esuberi, ma non ci saranno licenziamenti. Una dichiarazione che lascia allibiti, perchè la soluzione sarà sempre la stessa, ovvero si ricorrerà alla cassa integrazione e alla solidarietà, com’è stato fatto in passato. Insomma, nulla è cambiato.

Nonostante la proprietà sia in mano ai capitani coraggiosi la politica continua a metterci lo zampino. E ognuno, quasi fosse l’esperto della situazione, propone la sua ricetta. Come il  ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi: “Se Air France è interessata veramente tiri fuori i soldi e faccia vedere il piano industriale. E poi: “Vediamo se Etihad tradurrà la sua manifestazione di interesse in un piano industriale”. 

Sarebbe più saggio e intelligente dire che dovrebbe essere l’Alitalia stessa a tirare fuori un vero piano industriale, magari pensato con intelligenza rispetto alle operazioni passate che finivano quasi sempre con un ‘nulla di fatto’. Viene in mente la catastrofica dirigenza Cimoli che nel 2006 arrivò addirittura ad essere sfiduciata dai sindacati per l’incauta proposta di adottare il protocollo Lufthansa per il personale di volo: “A regime la flotta volerà un’ora di più al giorno e sarà come avere 12 aerei in più’”, aveva detto il rampante manager andato sotto processo nel 2013 per “dissipazione della compagnia di bandiera con operazioni abnormi sotto il profilo economico e gestionale”.

Insomma, sul futuro Alitalia si discute ad oltranza, ma senza soluzione. Almeno finora. Ne discutono perfino, senza vergogna, anche le stesse cordate politiche che nel 2008, sempre per salvare l’apparente italianità, hanno contribuito ad affossare quel che rimaneva, concedendo ai Capitani Coraggiosi di fare l’ennesima speculazione economica.  Paradossalmente ora la situazione è ancora appesa ad un filo come nel 2008, con la differenza che prima una certa politica si è voluta far bella promettendo l’italianità della compagnia e adesso si cerca disperatamente un partner straniero.

 

Adesso anche alcuni sindacalisti, come il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, precisano che la “questione essenziale è l’accordo tra l’ Italia e gli arabi di Etihad”. Ma come? proprio Bonanni che volle mettere la firma preventiva per la vendita alla cordata suggerita dall’allora premier Silvio Berlusconi? “Se l’intesa va avanti – dice sempre Bonanni – vuol dire che il piano industriale sarà completamente diverso, ma bisogna essere cauti, avere pazienza e lavorare per una compagnia più forte”.

 Che cosa voglia dire esattamente il numero uno della Cisl non è dato a sapere. Nel frattempo tutti si riempiono la bocca con questo benedetto “piano industriale”, che però non c’è e neppure si vede. Domani sarà il caso di metter un annuncio anche su Porta Portese: “Alitalia  cerca partner disperatamente”. Chissà che qualcuno si faccia avanti.

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