Alitalia. Il chiodo fisso, il costo del lavoro

ROMA – Il chiodo fisso. Questo è. Il chiodo fisso del costo del lavoro. In Alitalia un esempio quasi illuminante per tutti gli italiani. Dal 2008 ad oggi il costo del lavoro è diminuito del 25%. Circa diecimila lavoratori hanno perso la loro occupazione. Circa 3500 di questi non hanno avuto nemmeno riconosciuto il diritto pensionistico nonostante i sette anni di ammortizzatori sociali.

Eppure Alitalia, messa in una situazione di monopolio quasi “scandaloso”, da un governo asservito che attraverso le decisioni di Berlusconi, Matteoli ed i vari sottosegretari avevano dato seguito alla strada dell’italianità, si ritrova oggi a perdere 520 milioni di euro nel 2013, oltre un milione di euro al giorno, e alle prese con una nuova ristrutturazione demenziale che di nuovo punta al licenziamento secco di circa 2000 lavoratori. In queste cifre sta tutta l’insipienza della classe politica italiana. In questi numeri sta tutta la sfacciataggine e l’assoluta incapacità delle dirigenze sindacali dei maggiori sindacati italiani. Eppure nessuno fa autocritica.

Non la fanno, ma probabilmente non ne sono capaci, UGL, UIL, Cisl, di nuovo disponibili a firmare senza vedere le carte. Non la fa la CGIL, che seppure sta tuttora nicchiando sul nodo cassa integrazione per gli allontanati, non punta assolutamente il dito contro una strategia industriale di nuovo manchevole e subalterna a scelte che non dipenderanno più da Fiumicino, ma da qualche altra capitale del mondo, ieri Parigi, oggi negli Emirati Arabi. Non la fa il ministro Lupi nel momento stesso in cui nemmeno riesce a chiedere  scusa agli italiani per i circa sei miliardi e mezzo spesi in ammortizzatori  sociali e per far finta di non vedere il fallimento di una politica imprenditoriale che pure lui aveva fortemente voluto ai tempi del governo Berlusconi.

Non la fanno i giornalisti, pronti a sparare contro i lavoratori nel 2008, e di nuovo pronti a sparare sempre contro gli stessi attori a distanza di cinque anni, facendo finta di non vedere quanti e quali risorse Alitalia abbia sperperato nell’arco di questi sei anni.

Insomma, nessuno riesce a dirlo.  Ma se avete abbassato il costo del lavoro del 25%. Ma se avete usufruito di condizioni di mercato che anche l’antitrust ha fatto finta di non vedere (vedi monopolio rotte Fiumicino Milano). Ma se avete fatto finta di non vedere che nel momento stesso in cui Alitalia godeva da azienda privata di crediti dallo Stato sotto forma di ammortizzatori per gli ex dipendenti appartenenti alla bad company e contemporaneamente dispensava solidarietà espansive per riassumere dipendenti mai riassunti. Se avete fatto finta di non vedere che il sistema degli ammortizzatori lo avete fatto pagare ai contribuenti a loro insaputa imponendogli tre euro per biglietto proprio per il mantenimento degli oneri di CIG. Se ancora insistete sulla falsariga del 2008 annuendo all’idea che di nuovo un’azienda privata debba avere il supporto dello Stato per via dell’importanza strategia del proprio assett. Se tutto questo è vero, ci spiegate come mai nel 2008 avete rinunciato a tale azienda ed ora a distanza di cinque anni sostenete che la dovete salvare perché i capitani coraggiosi  da soli non ce la fanno e hanno bisogno di veri manager del trasporto aereo?

Eppure vi era stato detto anche cinque anni fa.  Vi era stato detto più volte. Vi era stato detto, da quasi tutti i dipendenti, che gli stipendi milionari dei vari Cimoli, Sabelli, Prato a nulla sarebbero serviti senza una modifica radicale dell’impianto dirigenziale e dell’assetto delle nomine politiche della dirigenza della compagnia. Tutta gente che di trasporto aereo sempre poco ha capito.

Perché? Perché di altro si è sempre occupata. Semplice.

E soprattutto perché oltre che incapaci anche pervicacemente attaccati a sedie che non avrebbero nemmeno dovuto vedere. Mentre, dall’altra parte, la vera “potenza” imprenditoriale di Alitalia, dipendenti formati con anni di anzianità e decine di corsi di perfezionamento alle spalle, venivano allontanate perché indesiderate a causa dei loro presunti stipendi d’oro. Già, stipendi d’oro. Proprio d’oro, visto che al massimo si parla di stipendi di cinque mila euro quando un amministratore delegato fallimentare dell’ultima schiera dei nominati quei soldi li guadagnava al massimo in tre giorni!

Il punto nodale della vertenza Aitalia sta tutto qui.

In un paese che fa finta di non vedere che un proprio assett strategico viene distrutto volontariamente ed anzi si schiera a favore dei distruttori alzando il dito contro i lavoratori, in un paese in cui i giornalisti di tutto fanno meno che informare i cittadini sul vero andamento delle sorti della propria compagnia di bandiera, in un paese in cui i sindacati di tutto fanno meno che occuparsi di una vera ristrutturazione industriale dell’azienda da salvare. Il risultato non può che essere che questo: il  chiodo fisso, il costo del lavoro: è oggi il più grande imbroglio che abbiate potuto raccontare agli italiani.

Perché il problema non è mai stato il costo del lavoro, come non lo è e non lo può essere in nessun altra azienda. Il problema è l’insipienza di una classe dirigente incapace buona solo a fare da tagliatrice di teste, ma incapace e assolutamente inconsapevole di come si deve trattare una grande azienda che oggi si dice privata, ma che come potete vedere, sempre sotto il cappello e l’egida dello Stato è.

Conclusione? Abbiate il coraggio di nazionalizzarla. Almeno, forse, oltre a salvare il salvabile evitereste una nuova debacle come quella vissuta sei anni fa.

Sei anni fa, non un secolo! E per togliere dagli impicci la CGIL, che come al solito oggi nicchia, ma domani firmerà tutto quanto c’è da firmare pretendendo di aver apportato una virgola di miglioramento, già che ci siete, proponete alla guida di Alitalia un illustre sconosciuto che quanto meno nella vita abbia almeno lavorato nel trasporto aereo.

Chiunque, anche  per 2000 euro di stipendio mensile, gestirebbe la compagnia ex di bandiera molto meglio di quanto abbiano fatto gli strapagati, quanto incapaci dirigenti che la politica ha nominato, avvitata su un’unica logica: quella di salvare il salvabile solo dal punto di vista estetico.

La sostanza, quella, è come il vostro chiodo fisso: un costo.

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