Quattro anni, molti perché

ROMA – Quattro anni: è questo il lasso di tempo trascorso dai giorni delle “cene eleganti” che sono costate a Berlusconi un processo dai contorni apparentemente devastanti e invece conclusosi, stamattina, con un’assoluzione piena in Appello.

Quattro anni, fiumi d’inchiostro, decine e decine di dibattiti televisivi, il Paese nel caos, screditato e considerato all’estero una sorta di Burlonia senza dignità e, nel frattempo, una crisi lacerante che ci è costata tre governi di larghe intese, la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro e l’evaporazione, di fatto, del nostro sistema politico e istituzionale.

Quattro anni e oggi scopriamo che Berlusconi non è né un concessore né uno sfruttatore di prostituzione minorile, dando il là a tutti i giannizzeri di corte che devono ringraziare Iddio di avere le orecchie, altrimenti il sorriso a trentadue denti girerebbe loro fin dietro la nuca.

Quattro anni e un senso di delusione e smarrimento perché, pur non essendo nostra abitudine commentare le sentenze della magistratura né, tanto meno, metterne in dubbio l’autorevolezza e l’assoluta autonomia di giudizio, ci domandiamo cosa sia accaduto in questi millequattrocento giorni, nei quali si è passati dalla descrizione di un puttaniere senza scrupoli che aveva trasformato la sua villa di Arcore in una specie di casa chiusa, con tanto di statuetta di Priapo, riti fallici e porcherie d’ogni sorta alla santificazione di uno statista che, a dispetto delle ingiurie, degli attacchi e della malvagità delle presunte “toghe rosse”, ha ricevuto comunque il consenso di milioni di italiani, ha consentito la nascita di un governo di unità nazionale nell’interesse del Paese e ora sta dando vita alla più grande riscrittura della Carta costituzionale dal 1948 a oggi. Praticamente un De Gasperi, se non fosse per quella fastidiosa condanna definitiva dello scorso anno per frode fiscale che lo costringe ogni venerdì a recarsi in quel di Cesano Boscone per scontare una pena francamente irrisoria in una casa di riposo, trasformata dai suoi cantori ma anche dagli avversari interessati in una sorta di atto di magnanimità al servizio dei più deboli anziché, per l’appunto, nell’esecuzione di una condanna ai servizi sociali.

Quattro anni e quasi si fatica a riconoscerlo questo nostro Paese, in cui i giornali che più hanno combattuto Berlusconi e il berlusconismo, talvolta con editoriali e campagne da trincea, adesso ci spiegano che dobbiamo considerarlo un Padre della Patria e non disturbare in alcun modo il corso delle mitiche riforme.

Quattro anni e le piazze, un tempo gremite di persone perbene che contestavano il degrado morale che questo personaggio ci ha costretto a subire per vent’anni, oltre ad essersi svuotate, vengono additate anche da sinistra come fastidiosi santuari della conservazione e del vecchio, da abbandonare in nome di una nuova Italia rutilante e sbarazzina che ricorda molto la “Milano da bere” di craxiana memoria ma che, guarda caso, continua a essere descritta da fior di editorialisti e commentatori come la panacea di tutti i mali. Il che dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto sia immaturo, e a tratti infantile, il nostro sistema politico e mediatico, ora più che mai in cerca di eroi cui aggrapparsi, in questo tempo senza certezze né punti di riferimento, in questa fase di disillusione collettiva e sfarinamento dei corpi intermedi, in quest’epoca nella quale persino la Procura di Milano, un tempo simbolo di moralità e serietà professionale, è stata investita da liti e polemiche, finendo a sua volta nel tritacarne della delegittimazione generale cui stanno andando incontro tutti i corpi sociali e i poteri dello Stato.

Quattro anni e siamo ridotti così, costretti a dover assistere alla riabilitazione a pieno titolo di un uomo che ha contribuito in maniera decisiva al nostro impoverimento e al rallentamento di riforme ineludibili ma mai davvero affrontate in un ventennio nel quale si è parlato, unicamente, di leggi vergogna e leggi “ad personam”, censure e bavagli alla stampa, editti bulgari, scudi fiscali, riforme epocali della giustizia più volte cassate dalla Corte Costituzionale e un mucchio di nefandezze ai danni di immigrati, clandestini, rom e di tutti quei ceti sociali fragili e non in grado di difendersi dalla prepotenza di governi dannosi e fallimentari.

Quattro anni e oggi il cerchio si chiude, Forza Italia con ogni probabilità si ricompatta, il cammino delle riforme può procedere spedito e lo smantellamento dello spirito originario della Costituzione, travestito da ammodernamento per rendere più funzionale ed efficiente il sistema politico, può continuare senza veri ostacoli. 

Chapeau a un uomo che è riuscito a mettere in scacco un’intera Nazione e a trasformare quelli che un tempo erano i suoi avversari, o sedicenti tali, nei suoi migliori alleati, mai come ora, e a tutti i livelli, fieri di esserlo e di rivendicarlo pubblicamente.

Roberto Bertoni

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