Cemento uguale mafia. Roma si mobilita per il bene comune a difesa del paesaggio

ROMA –  Che i poteri forti indirizzassero le scelte pubbliche a loro esclusivo profitto sulla “pelle dei cittadini”, calpestando la loro salute, devastando i territori e distruggendo il paesaggio, in qualche modo è cosa risaputa.

Ora però la Procura di Roma, con l’inchiesta giudiziaria “mondo di mezzo”, ha squarciato il velo che occultava tutto questo accertando l’esistenza di poteri criminali che attraverso il denaro, frutto di vantaggi economici accordati da benefattori politici, compravano le decisioni pubbliche. Ne emerge un sistema mafioso e corrotto, un malaffare diffuso che si estende sulla Capitale contagiando centri di potere pubblico che troppo spesso, se non coinvolti direttamente, hanno finto  di non vedere.

Come si può non vedere quel fiume di corruzione che cancella ogni etica pubblica attraverso lo sperpero di miliardi di denaro pubblico che costano alla collettività la progressiva contrazione, fin quasi all’azzeramento, di quei servizi essenziali ad una vita dignitosa.

E il meccanismo è il consueto e che ancora una volta si ripete: il sistema delle emergenze. L’emergenza rifiuti, l’emergenza rifugiati o l’emergenza migranti. E il ricorso all’emergenza implica a sua volta il meccanismo della deroga. Con la violazione autorizzata in nome dell’emergenza delle elementari norme a difesa della regolarità delle attribuzioni di vantaggi economici.

Ne vien fuori un sistema rapace che, malgrado le risorse pubbliche loro destinate, finisce deliberatamente per lasciare al suo destino proprio il destinatario di quell’intervento, migrante o rifugiato che sia. Un vero verminaio dove chi ha bisogno di accoglienza e integrazione, cure e assistenza, si vede invece ghettizzato. Questo porta al paradosso perverso per cui quelle risorse che dovrebbero servire all’integrazione finiscono per ingrassare esclusivamente il gestore criminale e corrotto che dovrebbe occuparsi di questi interventi. E mentre ciò avviene c’è chi, spesso vicino agli stessi che governavano questo sistema, prova a cavalcare il disagio sociale, alimentando, specialmente nelle periferie, odiose guerre tra poveri. Sono collaudati sistemi di distrazione di massa: la gente deve sapere che il nemico, quello vero e non quello creato a tavolino, è altrove! Il nemico, il solo nemico sono i poteri criminali che depredano a loro esclusivo profitto le risorse pubbliche. Ma se questo è avvenuto, specialmente nel sociale, con una corruzione elevata a sistema, chi può garantire che le decisioni pubbliche in materia ambientale o paesaggistica siano esenti dal tarlo della corruzione? Troppe volte decisioni di amministratori ci sono apparse incomprensibili, in palese violazione di legge, di fatto, illegali, eppure hanno provato a raccontarci che tutto, proprio sotto il profilo delle autorizzazioni, era apposto. In questa cornice, e nell’ambito più ampio del conflitto ambientale, si riproduce l’antinomia “legalità formale versus legalità sostanziale“; la prima, apparentemente ineccepibile, si sviluppa ad esclusivo vantaggio dei poteri forti; la seconda prorompe dal basso attraverso processi partecipati di mobilitazione democratica e di contestazione dell’esistente e si regge esclusivamente attraverso meccanismi formali, se necessario in deroga alla normativa vigente.

A Roma il 18 dicembre i cittadini torneranno in piazza un’altra volta, contro tutte le emergenze disegnate a tavolino e appositamente alimentate per il profitto dei soli noti.

La cementificazione, selvaggia e non, sottrae terreno e posti di lavoro al comparto agricolo che rappresenta una delle poche, se non l’unica, attività in crescita nel nostro paese e nel Lazio. Questo per sostituire il paesaggio agricolo storico di Roma e i suoi posti di lavoro con quartieri disabitati e invenduti, privi di servizi e che insistono su viabilità sempre insufficienti. Come se la riqualificazione delle periferie dovesse passare attraverso opere a compensazione operate dai costru/distruttori romani e mai onorate dai tempi della loro “invenzione politica”.

I cittadini scenderanno in piazza per rivendicare con forza la legalità, quella sostanziale però! Una legalità che non è in conflitto con il bene comune ma che lo persegue, una legalità coerente e attuatrice dei principi e dei diritti sanciti nella Costituzione della nostra Repubblica. Il 18 dicembre un corteo chiederà a gran voce lo stop indiscriminato al consumo del suolo, lo stop delle centrali elettriche alservizio del cemento e lo stop a tutte quelle opere inutili e distruttive come lo stadio di Tor di Valle e l’autostrada Roma Latina.

Insomma una mobilitazione  per rivendicare il diritto alla città, il diritto alla mobilità pubblica attraverso un sistema efficiente di trasporto pubblico, specialmente su ferro; per il diritto alla casa, per chiedere la riqualificazione dell’edificato esistente e il rilancio le produzioni agricole nell’Agro romano. Per chiedere che questo bellissimo polmone verde venga tutelato attraverso l’ampliamento del Parco dell’Appia Antica, affinché siano realizzate solo le opere pubbliche veramente necessarie al bene comune, e in primo luogo, per contrastare il dissesto idro-geologico. Ma non solo. Al centro della protesta anche  il patto di stabilità interno che opprime Roma Capitale impedendo la realizzazione di opere utili per la collettività come asili e scuole e impedisce di assumere personale affinché asili pronti, costruiti purtroppo nelle grandi cementificazioni, siano comunque finalmente aperti. 

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