Comunali Roma, la politica arranca

ROMA – Nulla di nuovo sotto il sole della politica romana. In vista delle prossime elezioni comunali e di una ‘vacatio’ politica macroscopica, partiti e movimenti civici si muovono lentamente, a piccoli passi. Anche quando qualche decisione sembra essere stata presa, come quella di Salvini, Berlusconi e Meloni di non appoggiare più Alfio Marchini, in realtà non c’è nulla di definitivo. Tutto sembra tiepido, sopito, e i drammatici fatti di Parigi hanno ‘spento’ ancora di più gli animi. 

Alfio Marchini, rimane il candidato ‘civico’ favorito ma il suo progetto rischia di assomigliare troppo a quello dei cinquestelle, specie nella presa di distanza dai partiti. L’anti-politica va ancora di moda, ma è il movimento di Grillo a portarne la bandiera. Marchini, dunque, su questo terreno ha meno chances e rischia di essere un po’ ripetitivo. Quanto al centrodestra, ha dichiarato ‘di non averne bisogno e di andare avanti lo stesso”. In realtà le cose non stanno proprio così. Quei voti farebbero comodo, eccome. Non tanto quelli di Meloni e Salvini, poco digeribili per un moderato, ma i voti di Forza Italia sì. Comunque, non è detta l’ultima parola. Buona parte degli azzurri romani guarda volentieri all’imprenditore outsider, più che a Giorgia Meloni. La fondatrice di Fratelli d’Italia, non demorde, intende correre per la poltrona di sindaco. Per ora pare aver convinto Berlusconi a togliere l’appoggio a Marchini, ma il leader azzurro ultimamente cambia spesso idea. In più, la politica locale segue a volte strade diverse rispetto agli ordini di scuderia, specie se arrivano da un capo che sta svoltando troppo a destra, e questo ai moderati del suo partito proprio non piace.

Intanto i Cinquestelle vanno per la loro strada. Non ne vogliano sapere di candidare un ‘big’, accollandosi i rischi che una scelta simile comporta. Strategie politiche particolari non se ne vedono, neanche colpi di genio. Sono forti come movimento, non lo sono sui candidati. Però, sono i più temuti e i veri concorrenti sia di Marchini che del Pd. 

Il Pd appunto, un partito, un programma: a Roma non si vede né l’uno, né l’altro. Tutto tace. Non esiste una rosa di candidati possibili e i pezzi da novanta non si sbilanciano. Il deus ex machina Goffredo Bettini non parla. E nemmeno l’unico del Pd che in loco ricopre ancora un incarico istituzionale di rilievo, il presidente della Regione Nicola Zingaretti. Brutto segno. Si potrebbe pensare che si sta lavorando per rimettere in sesto un partito malato e agonizzante. Ma questo silenzio più che di movimento ha il sapore di una stasi. Forse si attendono ordini dal segretario Renzi, forse si pensa di saltare questa tornata elettorale e appoggiare un candidato esterno. Forse, forse, forse… 

Sinistra Italiana, appena nata, ha tante incognite di fronte a sé e le prossime elezioni a Roma sono un importante banco di prova per capire se è matura per passare dal ‘palazzo’ al consenso reale. Nel frattempo, qualche vecchia ‘gloria’ (si fa per dire) della politica capitolina, vedi Rutelli, si riaffaccia furbamente su questo scenario politicamente assai misero e tenta di tornare in sella. Come dire, al peggio non c’è mai fine. 

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