Abbiamo il 62% del patrimonio culturale mondiale e lo nascondiamo. Pantalone paga, il governo non sa

ROMA – C’è chi fabbrica orologi, come gli svizzeri, chi  auto come i tedeschi, chi intaglia i diamanti come gli olandesi e chi offre l’arte come gli italiani. E ne abbiamo talmente tanta di questa arte, da quella archeologica alla contemporanea passando per la moderna, che spesso e volentieri non sappiamo neppure dove esporla grazie anche ai tagli che la cultura ha subito nell’ultimo decennio.

Così può succedere che all’arrivo di qualche ospite “illustre” invece di mostrare orgogliosamente quello che abbiamo ereditato dal passato lo nascondiamo, credendo di poter scivolare in una “vergognosa spudoratezza” dettata da un becero provincialismo anacronistico da parte di chi l’arte non solo forse la conosce poco, ma di sicuro la evita accuratamente.

Sta di fatto che all’arrivo del presidente iraniano si sono coperte arbitrariamente delle statue dentro i nostri musei ritenute “oscene”, “offensive” anche per un forestiero che guarda caso proviene proprio dove la cultura del sapere ha mosso i suoi primi passi.

La questione – come ormai tutti sanno – ha sollevato un coro di polemiche, anche per i costi che quest’operazione di copertura ha richiesto, con tanto di soldi pubblici. Ma non è tutto, se pensiamo all’imbarazzante dichiarazione giunta successivamente del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, il quale con una certa disinvoltura ha affermato di non sapere nulla di tutto ciò: “Non era informato il presidente del Consiglio né il sottoscritto di quella scelta di coprire le statue. Io penso che ci sarebbero stati facilmente altri modi per non andare contro la sensibilità di un ospite straniero così importante, senza questa incomprensibile scelta di coprire le statue”. Ogni giustificazione la dice lunga sulle “arti e mestieri” dei nostri politici.

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