L’ultima occasione della sinistra dem

ROMA – C’è da capirli gli esponenti della sinistra dem: sono persone perbene, credono profondamente in ciò che fanno e nella loro comunità e non intendono rassegnarsi all’idea che della casa un tempo comune sia rimasto ormai poco o nulla.

Pur dissentendo dalla maggior parte delle loro analisi, dal loro progetto politico e dalla loro strenua resistenza all’interno di un partito che, di fatto, non esiste più, non mi unirò mai al coro di chi li considera dei falliti o li appella con epiteti irriguardosi per il solo gusto di umiliarli o di irriderne le scelte. Detto ciò, anche loro devono cominciare a farsi due conti. Perché va bene la lealtà alla ditta, va bene la speranza di riconquistare il partito al congresso, va bene la battaglia, che personalmente condivido, contro il Partito della Nazione, va bene l’opposizione a Verdini e a tutto ciò che egli rappresenta, va bene tutto, ma quando si scade nel ridicolo poi è difficile risollevarsi.

Quando sento autorevolissimi esponenti di quell’area ribadire che con Verdini muore il centrosinistra, mi vien voglia di raggiungerli e domandare loro: scusate ragazzi, ma dove sarebbe il centrosinistra? A Milano, per caso, dove il sicuro vincitore delle primarie è Sala, cioè un uomo di destra, elogiato pubblicamente da Berlusconi per le sue idee politiche, ex collaboratore di Letizia Moratti, scelto apposta da Renzi per rafforzare l’alleanza con i pezzi di destra in fuga dalla casa madre? A Torino, forse, dove Fassino sarà appoggiato da Ghigo e Vietti, ossia dall’ex presidente del Piemonte in quota Forza Italia e da un esponente di primo piano di Area Popolare? A Roma, dove il probabile vincitore delle primarie dem sarà Giachetti e il vero candidato del Partito della Nazione sarà Marchini, cui la fu destra e la fu sinistra dovranno arrendersi, neanche tanto controvoglia, in quanto è l’unico in grado di bloccare la lanciatissima candidatura di un M5S che, pur non avendo ancora indicato il proprio candidato e pur insistendo a puntare su figure quasi sconosciute all’opinione pubblica, ha dalla sua il coinvolgimento degli avversari in Mafia Capitale?

Dov’è questo centrosinistra da difendere? A livello nazionale, forse: allora dobbiamo aver fatto un brutto sogno; anzi, un vero e proprio incubo, fra riforme del lavoro ispirate da Sacconi e copiate pare pare dal programma del centrodestra, riforme della scuola che hanno causato un’ondata di proteste superiore a quelle che si abbatterono sugli obbrobri dell’epoca berlusconiana, una legge elettorale fotocopia del Porcellum, una controriforma della Costituzione che ne stravolge lo spirito e i valori, uno Sblocca Italia che ha provocato la rivolta di numerose regioni, molte delle quali a guida PD, per via del suo misto di trivelle, cemento a gogò e orrori vari sparsi sul territorio, e ancora: i pasticci sulle banche, i provvedimenti punitivi nella Pubblica Amministrazione, le mance elargite a piene mani, ovviamente con soldi nostri, alla vigilia delle varie elezioni, i diritti scambiati con dei bonus, la comunicazione a colpi di tweet, lo scontro in Europa che ci ha fatto ripiombare nell’incubo della mancanza di credibilità internazionale: diteci che tutto questo non è mai accaduto e ripartiamo da dove ci eravamo lasciati prima di addormentarci.

Siccome, però, non si è trattato di un brutto sogno ma di una ben nota realtà, contro la quale abbiamo protestato, manifestato, votato in dissenso e infine abbandonato il partito che avevamo contribuito a fondare per palese incompatibilità con la visione del mondo di chi ne ha prodotto l’irreversibile mutazione genetica, mi spiace informarvi, cari amici e compagni della sinistra dem, che sarà impossibile tornare indietro.

Prendendo l’esempio più celebre, quello del PSI, al netto degli scandali scoperchiati da Tangentopoli, dopo l’esperienza craxiana era impensabile tornare alla linea seguita da Nenni, Mancini o De Martino, per il semplice motivo che la storia non trascorre mai invano e che da certe “rivoluzioni” è pressoché impossibile riprendersi. Allo stesso modo, sbagliano di grosso i membri della sinistra dem se si illudono che un domani il PD, e loro in particolare, possano avere la credibilità necessaria per mettere in discussione le leggi che essi stessi hanno votato; e a nulla varrà, quel giorno, il disperato tentativo di sostenere che le hanno votate sì ma in realtà erano contrari, che sono scesi in piazza al fianco dei lavoratori, che non volevano ma lo hanno fatto solo per disciplina di partito: risparmiatevi queste giustificazioni perché costituiscono altrettante aggravanti e suonano persino un po’ patetiche.

Non solo: ricordo loro ciò che dicevano quattro anni fa, nel momento in cui votarono a favore del Fiscal compact, sfregiando l’articolo 81 della Carta costituzionale. Quelle dichiarazioni, quella falsa convinzione, quell’inutile e dannosa sicumera è alla base della loro non credibilità quando hanno iniziato a raccogliere le firme per sottoporre a referendum la parte riguardante il pareggio di bilancio in Costituzione, arrivando persino a raccogliere le firme per una legge di iniziativa popolare. Ragazzi, non si può recitare prima la parte dei carnefici e poi quella delle vittime: non funziona.

Non si può trascorrere l’intera vita politica, e in alcuni casi anche la propria esperienza personale e sindacale, a difendere i diritti dei lavoratori, l’articolo 18, una certa idea di scuola, di democrazia e di convivenza civile, poi votare l’esatto contrario rinnegando le proprie idee e il proprio programma elettorale e infine, se e quando dovesse cambiare aria e il renzismo dovesse indebolirsi, indossare nuovamente i panni dell’uomo o della donna di sinistra e rifugiarsi dietro scuse che, come detto, rendono ancora più indigeribile la posizione di chi le esprime.

È lo stesso discorso di quasi tre anni fa con i 5 Stelle: non si può trascorrere l’intera campagna elettorale a insultarli, dicendogliene di tutti i colori (io ero il primo, quindi me ne ricordo bene: lo so e ho le prove, a cominciare da ciò che scrivevo in prima persona) e poi andare a chiedere loro i voti per far partire un governo che, oltretutto, li avrebbe visti esclusi. E oggi non si può cercare una convergenza su argomenti essenziali quali il reddito di cittadinanza o le unioni civili, la difesa della democrazia e della Costituzione, la lotta contro la deturpazione dell’ambiente e la battaglia per un lavoro di qualità continuando a ripetere che sono populisti, sfascisti e altre fesserie che si sentono pressoché in tutti i talk show e le dichiarazioni pubbliche, anche ad opera di esponenti della suddetta sinistra dem. 

Perché prima della politica viene l’anima, viene l’umanità, vengono le persone, viene la civiltà, viene quel rispetto reciproco che sembra essere del tutto sconosciuto a questa fase storica ma che invece è fondamentale se non si vuole ripiombare definitivamente in una sorta di Medio Evo, dopo aver offeso a sangue dei ragazzi che hanno sì alcuni limiti, che talvolta esagerano, che spesso non sanno trattenere la propria rabbia, che a volte non si rendono conto della differenza fra un saloon e un’Aula parlamentare, che ne avranno dette anche loro di tutti i colori, non lo metto in dubbio, ma in compenso non hanno fatto del male a nessuno, non hanno rubato un solo centesimo e sono stati gli unici, finora, a battersi concretamente in difesa di quei princìpi repubblicani per i quali un tempo eravamo noi a gremire le piazze e a spellarci le mani sentendo parlare figure come Scalfaro o Rodotà.

Cara sinistra dem, questa è davvero l’ultima occasione. Ormai non vi chiedo nemmeno una scissione: non serve a nulla perché non c’è nulla da cui scindersi; se esistesse ancora un partito in cui dire la propria, probabilmente ne farei io stesso parte e sarei con voi nel tentativo di cambiarlo dall’interno. Ma quel partito non esiste più e, quel che è peggio, non esiste più la cultura politica che lo ha innervato per anni, non esiste più l’afflato riformista che lo caratterizzava, non esiste più quel senso del limite che ci induceva a guardare a mondi diversi dal nostro ma senza mai confonderci con il peggio dell’esperienza berlusconiana che ha sfregiato e condotto sull’orlo del baratro il Paese.

L’ultima occasione è costituita dal referendum: se volete riscattare, almeno in parte, gli errori commessi finora, non ultimo quello, marchiano, del settembre scorso, quando regalaste i vostri voti a una riforma che ricalca, e addirittura peggiora, il pastrocchio contro il quale milioni di persone si espressero nel 2006, se volete riscattare un po’ la vostra storia politica, la vostra tradizione culturale e le vostre speranze di ricostruire a breve il centrosinistra, sventando il progetto renziano di dar vita più che al partito ad una vera e propria Coalizione della Nazione, non vi resta che schierarvi apertamente, sin d’ora, sul fronte del NO.

Aspettare che siano gli elettori a bocciare il progetto renziano e poi proclamarvi cobelligeranti al fianco di chi l’ha combattuto davvero non vi sarà consentito: anche all’ipocrisia dev’esserci un limite e un progetto politico non può fondarsi unicamente sulla convenienza del momento, sul “carpe diem”, sul posizionamento di comodo a seconda di dove spira il vento. Se questa è la vostra concezione della politica, la Coalizione della Nazione con dentro tutto e il contrario di tutto, in un magma indistinto e privo di ideali, è casa vostra; se davvero siete sinceri quando dite di voler evitare questa deriva pericolosa e dannosissima per il Paese, dovete prendere atto che più che di scissioni c’è bisogno di ricostruire una cultura politica, mettendosi umilmente al lavoro, esponendo con garbo e fermezza le proprie idee e indicando con la massima chiarezza quali sono i propri alleati e quali, invece, i propri avversari.

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