Una grande “federazione” per ritrovare lo spirito di appartenenza e condivisione

ROMA – Ormai siamo giunti al capolinea. La nostra società è spezzata in mille rivoli e non si riesce a trovare il bandolo della matassa. Non c’è alcun partito politico o organizzazione degna di questo nome che ne sappia interpretare le aspirazioni, le ambizioni e le aspettative.

Se oggi si volesse mettere mano ad un “disegno”, da dove iniziare? Pare che allo scenario che viviamo oggi non ci sia alternativa. E questo è un male soprattutto per chi governa o amministra. Non esiste un alternativa credibile. A destra quanto a sinistra.

E’ necessario mettere mano ad una lenta ricostruzione culturale che parta da un’idea di politica in Italia. 

Con l’inizio della nuova era politica, di nuovo non è iniziato nulla. Solo distruzione di ogni flebile rete di connessione tra le diverse componenti della società, con una netta sopraffazione di taluni poteri su altri. Di giorno in giorno si è disgregato un tessuto connettivo che univa il paese, pur on tutte le degenerazioni che contemplava, ma che aveva prodotto un paese competitivo al mondo. Andava riformato, non distrutto. Oggi è tardi.

Oggi prevale solo la confusione contestatoria e delegittimante. Di tutti, di tutto. Dalle macerie che quotidianamente si riproducono, non si riesce ad individuare chi e come si possa interpretare in modo adeguato  lo scenario attuale, con la conseguenza di un sempre maggiore danno per chi è più debole, che vede nella politica la causa di tutti i mali e scarica su di essa le frustrazioni, allontanandosene.

Occorre, prima che si troppo tardi, mettere un freno a tutto ciò.

E’ sotto gli occhi di tutti il degrado culturale ed umano che insiste sulla stampa, nei programmi televisivi, nelle discussioni politiche. Tutto ciò è figlia e genitore di una politica che non ha più nessuna influenza nella programmazione dello Stato. Con rappresentati del Popolo non scelti ma nominati, di bassissima qualità, con liste, nelle elezioni amministrative, costruite non sulla condivisione di una visione e di un programma, ma sul “quantitativo” di voti che si portano. Un’americanizzazione senza essere l’America!

Appare evidente che in una siffatta condizione, le scelte “politiche” sono dettate dalla piazza, dai talk Show, da una stampa scandalistica, dalle inchieste giudiziarie. Il tutto va in danno ai più deboli. I quali, poi, sono utilizzati, in modo inconsapevole, per andare nelle piazze a protestare contro quella politica che non ha più alcun potere di scelta e di indirizzo. Quindi la politica vittima e carnefice di sé stessa e della parte di società che dovrebbe rappresentare e tutelare.

Cos’altro dobbiamo attendere per invertire la rotta? Ciò che ci è stato proposto in questi anni non è stato all’altezza. Non poteva esserlo il Partito Berlusconiano che realizzava una sintesi troppo forte delle questioni e delle soluzioni che offriva, trasformando le idee da semplici a semplicistiche. E cosa dire del furore giustizialista di Di Pietro? E poi, può rappresentare un popolo chi elabora il proprio pensiero politico nel “Vaffa day”? Sinceramente anche l’attuale PD non ci pare all’altezza del compito. Troppi tweet spiegano e motivano le riforme di questo Governo. Ed il PD è bloccato da più fattori: dal fatto che premier e segretario sono la stessa persona; dal fatto che la classe dirigente, figlia di un’altra scuola di pensiero, si è rimodellata senza alcuna strutturazione, sul “nuovo” corso; e sul fatto che i dirigenti e parlamentari sono espressione di un potere assoluto derivante da primarie (di partito e parlamentarie) assolutamente truffaldine e indirizzate: un disastro.

Allora? 

Allora, occorre ritrovare uno spirito di appartenenza e condivisione di una società, ed intorno ad un idea, ricostruire una speranza. Laica, moderna, riformista e chiara.

Partendo dalla formazione una nuova classe dirigente. Attraverso forum, incontri, dibattiti, studi. Anche via web.

C’è bisogno di una seria riformulazione di una politica di sinistra. Non per produrre un nuovo ceto politico, del quale non sentiamo bisogno alcuno, quanto per ridare una dignità alla politica, una rappresentanza a chi è più debole, un sostegno a chi può. Una forza politica che sia al passo con i tempi. Non immaginare, quindi, la rinascita di sezioni in senso stretto quanto di circoli, tematici e territoriali, che si occupino, quotidianamente, dell’area  che rappresentano. I cittadini devono ritrovare una presenza, qualificata e professionalmente valida per le istanze che vogliono produrre. Tutto richiede una seria formazione, in modo da ridurre la spinta populista, per incanalarla in una seria capacità di proposte che portino a soluzioni possibili. Sembra un lavoro immane. Non lo è. Ci vuole solo tanta buona volontà. Perché a ben vedere i cittadini non chiedono altro che questo. Un riferimento territoriale, che si unisca ad altre “rappresentanze” superiori per avere una filiera, una rete, una area nella quale riconoscersi.

Proponiamo una grande “federazione” di associazioni culturali, onluss, del 3 settore, delle università, etc, per elaborare un Piano per l’Italia: riformista, europea, giovane.

 Per fare ciò occorrono alcuni piccoli segnali. Anzitutto di maturità. Non interessa più a nessuno parlare di sinistra post comunista o post socialista. Forse neanche la parola sinistra non gode più di buona salute. Allora bisogna mettere da parte tutte le distinzioni che sono state concausa della distruzione di un patrimonio di rappresentanza che sfiorava il 45% dell’Italia intera. Noi siamo i rappresentati del popolo del lavoro (non quello orotdosso sindacale) ma del popolo che vuole creare lavoro ed occasioni. Siamo per la libertà. Assurdo aver regalato questa bandiera a Berlusconi. Siamo per l’uguaglianza, pur comprendendo che l’esistenza delle  disuguaglianze è frutto di una società “libera”. Siamo per un nuovo welfare, di sostegno per chi vuole darsi da fare, non di assistenzialismo improduttivo. Siamo per la cultura! Alta, nuova, capace, per tutti!

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