Dati Istat sull’occupazione. Luci, ombre e brutte sorprese

Sono usciti oggi i dati Istat su occupati e disoccupati in Italia. E’ tempo di fare qualche bilancio e qualche approfondimento perché anche un segno più può nascondere dati pessimi.

Prima di tutto qualche definizione

Ai fini dei conteggi Istat la popolazione in età da lavoro, che convenzionalmente è quella compresa tra 15 e 64 anni di età, viene divisa in tre gruppi, gli occupati, i disoccupati e gli inattivi.

Gli occupati sono coloro che un lavoro lo hanno, i disoccupati sono coloro che un lavoro lo cercano e gli inattivi sono coloro i quali un lavoro non lo hanno né lo cercano.

Ad esempio gli studenti universitari che non cercano lavoro sono considerati inattivi, ciò spiega come mai nella fascia di età tra i 15 ed i 24 anni il tasso di inattività sfiora il 75 per cento.

Poi qualche numero

Per comprendere come sia andato il mercato del lavoro nell’ultimo anno non possiamo limitarci ad analizzare l’andamento delle tre grandezze, occupati, inoccupati ed inattivi, ma dobbiamo sottolineare l’andamento estremamente preoccupante della quarta grandezza, la somma dei tre gruppi, che potrebbe sorprendere per il suo repentino cambiamento.

Vediamo i numeri.

Il numero degli occupati negli ultimi 12 mesi è aumentato di 96mila unità, passando 22,360 milioni nel febbraio 2015 a 22,456 milioni di persone nel febbraio 2016. Questo è un dato molto positivo.

Il numero dei disoccupati è calato di 136mila unità, passando da 3,116 a 2,980 milioni di persone. Anche questo è un dato molto positivo.

Il numero di inattivi  è calato, di 99mila unità, passando da 14,001 a 14,002 persone.

Sembrano numeri positivi ma ecco le pessime sorprese

L’aumento del numero degli occupati sembra una ottima notizia ma l’analisi per fasce di età disegna una realtà agghiacciante.

Il numero di occupati sale sensibilmente solo ed esclusivamente nella fascia degli ultra 50enni, in questa fascia il saldo è infatti positivo per ben 286mila unità, questo, val la pena ricordarlo, non è effetto del Jobs act ma della riforma Fornero, che sta facendo ritardare il momento del pensionamento a tanti connazionali.

Nella fascia 15-24 anni il saldo è appena positivo, più 19mila, nella fascia 25-34 anni il saldo è negativo, meno 4mila, ma nella fascia 35-49 anni il saldo è estremamente negativo facendo registrare un preoccupantissimo meno 206mila occupati. Ed il dato è preoccupante più sotto il profilo demografico che sotto il profilo economico, in quanto la fascia di età 35-49 perde ben l’1,62 per cento della propria popolazione, circa 227mila persone, al contrario la fascia degli ultra 50enni che aumenta di circa 182mila unità pari a un aumento dell’1,43.

Il quadro che ne emerge è quindi quello di una forza lavoro che invecchia molto rapidamente e resta intrappolata al lavoro dalle nuove norme sulle pensioni.

A conferma di questa fotografia vediamo l’ugualmente preoccupante andamento demografico degli altri due gruppi con la fascia di età dei 15-24enni che perde 41mila unità, meno 0,69 per cento, e la fascia dei 25-34enni che ha una emorragia di 55mila unità, meno 0,80 per cento.

Non solo invecchiamo ma siamo sempre meno

Anche il dato sulla popolazione complessiva di età compresa tra i 15 ed i 64 anni dà egualmente qualche preoccupazione. Complessivamente siamo infatti passati da 39,577 milioni a febbraio 2015 ai 39,438 di febbraio 2016. In 12 mesi quindi la popolazione complessiva in età di lavoro è calata di ben 139mila unità, un dato che meriterebbe molta attenzione anche, o soprattutto, perché nei prossimi anni questo trend accelererà notevolmente.

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