Musica. Guida utile per diventare ascoltatori professionisti

Partecipando al fenomeno delle reti umane è inevitabile trovarsi spesso legati a certi nodi voluti con forza dalla condivisione. L’abbraccio emotivo con gli individui sparsi per il mondo è indubbiamente stimolante così si cercano con affanno argomenti e motivi comuni per rinforzare le maglie tessendo volumi di pareri, confronti, giudizi che condizionano le nostre scelte, gusti fino a comandare acquisti e relazioni di ogni tipo.

La condivisone dei propri gusti porta all’analisi comune: cibo, musica, sentimenti, cronaca, satira, notizie vere e false scatenando un vero e proprio putiferio sulle valutazioni che ognuno riporta, recensisce facendo i conti con la propria realtà, dando per scontato che questa sia modellabile e soprattutto indiscutibile.

 

E’ il caso della Musica Classica che ancora oggi viene “sdoganata” dai cultori della stessa in maniera personale ed edonistica quasi a legittimare una presa di partito più che di posizione.

In tanti anni di “ascolti” maturati dietro una tastiera mi sono sempre posto la domanda circa il perchè delle cose e di certe rappresentazioni. Quale poteva essere la motivazione scatenante che portava Giovanni Sebastiano Bach nel sedersi a tavolino per scrivere per appuntare una “toccata” o quale illustrazione poteva manifestarsi dal momento che qualche interprete si trovava alle prese di una recita.  Mi conforta che questo dubbio sia passato pure per le dita di un illustre critico musicale vissuto anni fa ed esternato in una raccolta di episodi chamati Phantasiestücke composti e dedicati all’avvenente Anna Robena Laidlaw. L’autore in preda ad un delirio bipolare, in uno dei brani, scrive il titolo: WARUM? Così Schumann, ovvero Florestano, Eusebio o chi per lui, scriverà le pagine di critica musicale più belle e guarda caso offrirà di queste una duplice lettura nascosta nelle sue composizioni musicali a contrappunto di un fervore emotivo unico che forse potremmo definire “romantico”.

 

Schumann insegna a leggere dietro, persino dentro le note ma anche,  rivela che, chi parla – il poeta – con la sua fantasia, la sua cultura, la sua capacità, è capace di raccontare le favole alimentando l’interesse per la narrazione. Proprio quando si è più vulnerabili, stanchi, affranti e si cerca riposo – s’ode un lontano suono d’organetto e quell’anziano, infreddolito in una notte d’inverno, accenna alcune note che consegnano le chiavi di una dimensione fantastica ed eterna: quella del Sogno. Anche Wagner orchestra Träume e lo fa eseguire pagando una piccola orchestra d’archi, a Natale, sotto le finestre dell’altrettanto avvenente Mathilde Wesendonck – poetessa dilettante autrice delle liriche musicate dallo stesso.  Quasi a dire – Ascolta cosa riesco a muovere, cosa riesco a fare, perchè non ho più parole per descrivere quel che sento e “per forza” ricreo con la musica quel che provo.

 

Dunque la domanda che riecheggia spesso – Dovremmo percaso avvicinarci ai Wesendonck Lieder per ricreare la stessa atmosfera perseguendo un’idea di restaurazione delle emozioni di Wagner? Questo è un approccio semplicistico, la prassi storicamente informata si occupa di questo, cercando di ristabilire il metro attraverso la strumentazione, l’abbigliamento, la coreutica e lo studio delle fonti per restituire l’archeologia. Rincarando – Dovremmo spendere del tempo informandoci su Anna Robena Laidlaw e Mathilde Wesendonck mettendo a soqquadro la loro vita, studiandone i comportamenti, leggendo le le vicende per ricondurle all’attimo delle rispettive dediche. Scopriremmo cose curiose, per le quali troveremmo piacere di specializzazione costruendo un racconto e una storia parallela eludendo il messaggio ipocritamente compiacendoci delle nostre scoperte più intime.

 

Credo invece che dovremmo seguire il suggerimento di Schumann cercando le risposte nel nostro intimo, attraverso la conoscenza utilizzando il testo, lo strumento e l’interprete per ottenere soddisfazione. Fondamentale diventa l’oratore, quindi lo stesso Florestano e Eusebio annodati e ben saldi alla Lega di David che propriamente forniscono le risposte le quali devono essere intese, capite, assimilate. Cosicchè quando esamino le bravure dei musicisti e tutta la musica che producono inizio a confrontarla non tanto con le versioni di altri oratori ma nell’essenza, ovvero se questa sia in grado di rispondere alle mie esigenze.

 

Tutti conosciamo un’“Anna Robena” o una “Mathilde” qualsiasi per la quale siamo disposti a peccare e chi, tra chi legge, non ha mai corteggiato, adulato, ingannato, posseduto cedendo alle lusinghe dei sentimenti?

Così non c’è più passato su questa trama sensibile – il messaggio diventa chiaro e immediatamente consumabile, elegantemente la musica diventa un abito “colto” che presume capacità di accostare e confrontare sensazioni che non possono, non devono rimanere in solitudine.

Tecnicamente questo dovrebbe avvenire anche in una sala da concerto – io compro un biglietto, una poltrona, un posto per guadagnare la possibilità di entrare in comunicazione con il mio interprete e vivo nella presunzione che lui se ne accorga e che abbia possibilità di interagire. Questo avviene quando chi suona è un personaggio “maturo” e che “sente” le domande. La più frequente è appunto: Perchè? (Warum?) .. Con estrema saggezza, l’interprete valido chiarirà il messaggio inserendo nella sua Arte elementi personali narrativi, espedienti storici per cui lui sa capire l’effetto e i miei problemi di comunicazione.. userà gli “affetti”, persino cambierà il passaggio – se necessario –  dal momento che il filtro lo permette persino in certi ambienti ma sopratutto in quelli più ermetici dove assolutamente non si può ne scrivere e tantomeno parlare.

Suonare le ripetizioni? Parti di un set di variazioni? Semplificare gli ascolti per i più piccini? Appropriare delle musiche che in qualche modo diventeranno “falicitate” per una mente giovane o per un paio di mani piccole.

Ritornano le indicazioni frescobaldiane all’incirca il modo di suonare le proprie Toccate: Perché il modo di queste mie compositioni mi par gradito, ho pensato rappresentarlo in stampa con l’infrascritte auertenze; protestando ch’io deferisco al merito altrui et osseruo il valore d’ciascuno; Ma si gradisca l’affetto, con cui l’espongo al studioso esercitio, sicuro che per mezzo di questo si troueranno l’opere più facili, che in apparenza non sono. I Principij delle Toccate sian fatti adagio, et s’arpeggino le botte ferme.

 

D’altronde la lezione di Haendel, Haydn, Mozart, Bach che “innestavano” nei loro brani la formula magica del loro sapere provoca quel condimento segreto che il grande Chef usa per distinguersi compiacendo i palati più raffinati. Non posso inserire della “noce moscata” o scaglie di tartufi preparando pietanze per persone che a malapena riconsocono una pasta scotta. Così mi par logico che quando mi siedo al Clavicembalo e sfoglio la fantasia cromatica e fuga di Giovanni Sebastiano … non posso non ricordare le “avvertenze” di Frescobaldi, non posso scorrere i suggerimenti di Carlo Filippo Bach e tanto meno avere in mente i brani di Couperin, superarli e passare ad un quadro sempre più vasto che racconta di secoli di storia accaduti fuori le finestre di quella stanza del cembalo. Le note hanno sempre descritto quel che accadeva fuori, hanno fornito il vestito a principi e a poveri accompagnandoli nelle venture. E oggi, questo non può essere sottovalutato e va in qualche modo dimostrato. Così non posso non amare la Musica di Wagner e tanto meno quella di Liszt oppure quella di Sibelius perchè come una grande scatola cinese contengono secoli di cammino e di progresso. Riesco a sentire l’odore di Bach nei capricci di Paganini, e in Bach fortissimo quel Pachelbel che tutti tentano di nascondere e come interprete cerco di esaltarli perchè completano l’informazione e molti seduti accanto a me se ne accorgono.

 

Intorno a noi si ricreano in questo modo forme di comunicazione, tracce di vissuto e momenti di confronto in una specie di dialogo tra soggetti e temi diversi, inseguendo ogni voce che reclama attenzione attraverso un cosmo nuovo fatto di suoni e attese, regolamentato da abilità dovute alla sicurezza di esposizione che inevitabilmente porta al successo.

 

La musica di Bach, Mozart, Beethoven, Chopin diventa un pretesto per trovarsi, non tanto per discutere su come ognuno abbia risolto il problema o costruito la propria sonata.

Diventa il metro per verificarsi e per convincere il nostro Sapere.

Troviamo queste caratteristiche nei nostri interpreti preferiti?

Così quando ascolto un musicista faccio uno sforzo incredibile per non ascoltare il suono prodotto dallo strumento, socchiudo gli occhi per cercare di non farmi ingannare dalle moine del buffone che in qualche modo maschera il proprio essere sincero. Mi concentro su come “narra” e se trova il mio pensiero che spesso si nasconde perchè pigro, m’incuriosisco se con coraggio prova a cambiare le carte in gioco, se cambia i tempi, se aggiunge o toglie, se esita gli attacchi e come gestisce la mia attenzione. Ascolto ogni singolo impulso e annoto ogni piccolo sforzo di cercare l’originalità di un pensiero particolare. Cerco di leggere la vita dell’interprete (alcune scialbe – fatte di fotografie e curricula farlocchi pieni di nomi e luoghi sacri e profani – pochissime interessanti) – si da il caso che io sappia già vita e morte di Bach – cerco d’intuire l’umore di chi mi racconta il proprio dramma e provo a sostenerlo, regalandogli il mio tempo (oltre che i miei soldi) – l’artista lo sa, lo percepisce e mi ringrazia perchè anche se solo per quel tempo gli sono stato vicino.

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