Odd agency, artigiani dell’hi-tech tra reale e virtuale a lavoro per la cultura. Intervista

Abbiamo parlato con Fabrizio Pedone, socio della start up che, utilizzando intelligentemente la tecnologia, realizza eventi multimediali di grande qualità, in particolare video mapping 

ROMA – L’utilizzo della tecnologia, del digitale, del multimediale nella pratica artistica è in continua evoluzione. La realizzazione di riproduzioni ed esperienze sinestetiche, di performance interattive, richiede competenze sicuramente specifiche, ma non solo. L’utilizzo di più elementi eterogenei tra loro implica, infatti, una particolare attenzione e abilità, ma anche studio e ricerca  affinché la fruizione del prodotto finale possa risultare un’esperienza emozionale e di arricchimento, oltre che di puro intrattenimento.

pedone.jpg

Ne abbiamo parlato con Fabrizio Pedone, di Odd Agency, una start up che, utilizzando intelligentemente la tecnologia, realizza eventi culturali di grande qualità, in particolare video mapping, non solo in Italia ma anche all’estero. Ricerca storica e architettonica, stesura di una narrazione, composizione musicale, animazione e disegno delle luci, impianto scenico, utilizzo di apparati tecnologici di ultima generazione, questo il mix di elementi alla base dei lavori site specific che  Odd Agency propone.

Tra gli ultimi c’è “Extasis”, nella chiesa di Santa Caterina a Palermo, un intenso e coinvolgente video mapping, selezionato tra i progetti finalisti al prestigioso Video Mapping Awards di Lille, oscar internazionale che premia le migliori esperienze immersive.

Partiamo dalle origini. Cos’è Odd Agency, come nasce e qual è il vostro percorso formativo?

Odd agency nasce nel 2014 come agenzia di comunicazione tout court. C’ è sempre stato però uno sguardo attento alla visualizzazione d’architettura, visto anche che il mio socio e presidente della società,  Luca Pintacuda, ha un background da architetto, come pure Nino Serafino, che è il nostro motion designer, mentre io ho una formazione storica. C’è poi Lidia Falletta che io definisco “un’umanista digitale”, proviene infatti da un percorso di studi che unisce letteratura e web. Dal 2017 ci siamo spostati  sulla creazione di eventi esperenziali,  video mapping,  interattività, quindi sulla realizzazione di prodotti in realtà aumentata e  realtà virtuale, sostanzialmente. 

Vi definite artigiani high tech…

Si una definizione che suggerisce la componente artistica delle nostre creazioni. Poi c’è quella tecnica che è fondamentale. Noi usiamo la tecnologia, in particolare  proiettori di ultimissima generazione. Facciamo inoltre molta ricerca, visto anche il mio percorso di studi, con un dottorato in storia dell’arte contemporanea. Riassumendo quindi nel nostro lavoro c’è una componente artistica, una  tecnologica e quindi artigianale e una componente di ricerca, dal mix di queste tre cose nascono le nostre creazioni.

La tecnologia è sicuramente un mezzo creativo, ma se dietro non c’è un’idea forte e strutturata non produce nulla, rimane fine a se stessa…

Non solo rimane fine a se stessa, ma a volte è addirittura nociva o pericolosa. Se utilizzare la tecnologia significa stare davanti allo schermo di un cellulare, isolandosi, ecco questo è sicuramente un uso improprio. Oggi non è possibile fare a meno della tecnologia ma noi cerchiamo di utilizzarla per far stare insieme le persone, per far vivere un’esperienza collettiva, gli uni accanto agli altri. Ovviamente una cosa un po’ difficile in questo particolare momento, ma noi continuiamo a lavorare in questa direzione. La tecnologia secondo la nostra visione deve unire e non dividere. 

Come nascono i vostri progetti? Quali sono le fasi per arrivare alla creazione di un evento, a quali suggestioni estetiche vi ispirate?

I nostri progetti sono prevalentemente su commissione, può essere un ente pubblico o un privato che mette a disposizione un luogo e ci chiede di operare su di esso. I nostri sono sempre lavori site-specific, quindi molto legati al luogo in cui vengono realizzati. Si parte dallo studio del sito, della sua architettura, ma anche della storia, della mitologia, delle leggende che si sono legate a quel luogo, nel corso degli anni o dei secoli. C’è poi da tenere in considerazione il valore che la comunità assegna a quel posto. Insomma, noi cerchiamo di mettere insieme tutte queste suggestioni per sviluppare una narrazione, quindi trasformare il concept in uno storyboard e infine creare un’animazione. Io in particolare seguo il racconto, la cronologia. Poi la creazione diventa più astratta, più rarefatta, fino ad arrivare a un prodotto artistico. Il valore aggiunto è che la rappresentazione finale o la singola scena del video, per quanto si capisca quale sia il nostro messaggio e ciò che vogliamo trasmettere, si presta a interpretazioni più personali da parte del pubblico. Ci sono diversi livelli di comprensione, quello più legato ad esempio alla storia, oppure quello più emozionale, che è altrettanto importante. 

Parlando di “evento artistico”, definireste le vostre creazioni più vicine all’arte o all’intrattenimento?

Dare una definizione è complicato. Il nostro primo obiettivo è  suscitare un’emozione nel pubblico, un’aspetto questo che è comune all’arte. Il nostro scopo è comunque quello di fare un passo verso le persone, quindi che tutti possano fruire l’esperienza che noi proponiamo. L’evento è concepito per arrivare a un pubblico il più eterogeneo possibile. E’ quindi un prodotto di intrattenimento, sicuramente. La componente artistica è comunque presente, anche perché noi ci interfacciamo, ci confrontiamo, molto spesso, con luoghi che hanno di per sé una forte connotazione artistica. L’ultimo lavoro, ad esempio, lo abbiamo fatto in un gioiello dell’arte e dell’architettura come la Chiesa di Santa Caterina a Palermo. 

2.jpg

In questa vostra modalità d’intrattenimento è più facile coinvolgere un pubblico giovane rispetto, ad esempio, a un pubblico più legato a una fruizione “classica” dell’arte e quindi più reticente rispetto alle novità?

In realtà il nostro pubblico è assolutamente eterogeneo. Possiamo affermare questo anche perché abbiamo dei dati relativi all’ultimo evento di Palermo, “Extasis”. Siamo riusciti a coinvolgere persone differenti. A Santa Caterina sono tornati a vedere l’evento turisti che avevano già visto la chiesa, così come abbiamo coinvolto palermitani che non la conoscevano e sono stati attratti dal nostro lavoro. Persone di tutte le fasce di età, dai bambini agli anziani. Anzi, spesso proprio questi ultimi recepiscono bene il nostro lavoro e  ci fanno i complimenti. Certo bisogna essere un po’ curiosi per interessarsi a ciò’ che facciamo. La curiosità è la molla che fa scattare la voglia di venire a vedere i nostri eventi.

Ultimamente sono molti i prodotti multimediali proposti. Qual è il vostro punto di forza, gli elementi che fanno la differenza?

Credo sicuramente l’attenzione verso la ricerca sul luogo, la profonda conoscenza dell’architettura e dei mezzi per riprodurla, ma anche una buona capacità di trasporre questa ricerca in un prodotto artistico. Nel nostro mondo c’è spesso una polarizzazione del lavoro, c’è chi magari si concentra sull’aspetto prettamente tecnico tralasciando la ricerca. Questo produce lavori tecnologicamente molto avanzati, ma fine a se stessi. In altri casi, al contrario, ci si imbatte in lavori più didattici che emozionali. Noi cerchiamo di mantenere il più possibile un equilibrio tra l’aspetto emozionale, il rispetto per il luogo in cui operiamo e l’accuratezza della ricerca su di esso. Non è facile, è piuttosto faticoso, ma questo è il solco in cui cerchiamo di muoverci.

Parlando dell’aspetto musicale, è difficile costruire immagini in sintonia con il suono e viceversa?

Immagini e suono vanno di pari passo. La musica è importante in quanto influisce sul coinvolgimento emozionale. In genere, la musica interviene nella fase successiva allo storyboarding. Quando ci rendiamo conto di quali sono i momenti che caratterizzano la narrazione allora scegliamo la musica, a volte la facciamo comporre, altre volte scegliamo dei brani e poi realizziamo un montaggio. Si parte dallo storyboarding, ad esso si collega la musica, infine su questa vengono realizzate le animazioni. La musica è un elemento fondamentale, rappresenta la guida per chi deve creare le animazioni. 

Quando avete realizzato per la prima volta  “Extasis”, l’evento di Santa Caterina?

E’ stato proposto per la prima volta a dicembre dello scorso anno. Si tratta di un video mapping immersivo a 360 gradi, quindi proiezioni su tutte le superfici della chiesa, con musica e light design a completare la complessità dell’evento. In due giorni si sono avvicendate oltre 3mila persone. Dovevamo ripeterlo a fine febbraio scorso, ma abbiamo preferito fermarci a causa delle notizie che arrivavano da tutta Italia relative all’emergenza sanitaria. Non c’erano ancora protocolli chiari riguardo gli eventi e quindi per precauzione abbiamo preferito sospenderlo, anche se di fatto non c’era un’imposizione. Abbiamo deciso invece di riproporlo a ottobre, usando tutte le precauzioni e facendo molta attenzione, in quanto riteniamo importante, nel rispetto della legge, continuare a proporre eventi culturali. Doveva concludersi l’8 novembre, è invece terminato una settimana prima per il Decreto governativo. L’evento è stato comunque molto partecipato, anche se con ingressi contingentati. Sono venute oltre 5mila persone nell’arco di un mese. Abbiamo potuto allungare i tempi anche perché siamo riusciti a comprare l’attrezzatura necessaria. 

 

A tal proposito, per eventi di questo genere i costi devono essere piuttosto elevati. Avete ricevuto misure di sostegno?

Noi abbiamo avuto accesso a un  finanziamento di “Invitalia”, con le misure di sostegno economico di Cultura Crea,  che riguarda le imprese culturali nel meridione d’Italia. Abbiamo presentato il progetto i primi di febbraio, prima della pandemia. Il progetto è stato approvato. Una parte di finanziamento è a fondo perduto, un prestito da restituire nei prossimi otto anni ,e una parte è invece di cofinanziamento. 

Il costo degli eventi è elevato, ma dipende sempre anche dalla durata e dal luogo, perché possono essere necessari più proiettori e ogni proiettore che noi utilizziamo costa più di una berlina di alta gamma.  A Santa Caterina ne sono stati utilizzati 5, in chiese più grandi ce ne possono volere anche 10. Il noleggio di questi proiettori va da 2100 euro al giorno, per scendere nei giorni successivi. 

Per la parte creativa il costo è di circa 2000/2500 euro al minuto. Sono dunque operazioni molto costose che però ripagano in termine di ingressi, così come di comunicazione. 

Nei vostri progetti futuri ci sono lavori anche fuori dalla Sicilia?

Si assolutamente. Già abbiamo lavorato in Polonia, nel Sultanato dell’Oman, poi con architetti berlinesi e newyorkesi. Abbiamo  realizzato dei lavori a Roma e per aziende italiane. L’idea è comunque quella di esportare quanto realizzato a Santa Caterina fuori dalla Sicilia e lavorare sui beni culturali sia in Italia che all’estero, quindi ovunque ci sia un bene da valorizzare.

Condividi sui social

Articoli correlati