Lampedusa e Pozzallo sono nella tua città

ROMA – Mare Vostrum, solo vostrum. Dove gli esseri umani sono trattati da tonni, da mettere in scatola e pubblicizzare. Lampedusa (il titolo di giornale – il non luogo -, non l’isola dove approdano degli uomini – il luogo -) è un gioco per sciacalli del populismo bieco, ma anche e soprattutto per reggipenna che usano l’inchiostro come fosse anestetizzante per i loro lettori.

E’ un circo oramai parlare di migranti in Italia. Lo si fa solo quando tira e quando i biglietti te li mettono nel taschino. Lo si fa a prescindere se ci sono gli “animali” o meno. E se lo si fa lo si fa come se si stesse guardando la Nazionale, da CT, in pantofole, e criticando Balotelli perché non è bianco, non da buoni cristiani (compagni sarebbe troppo), nemmeno se a dircelo è Papa Francesco. L’Italia è un Paese allo sbando, sai cosa gliene può fregare dei migranti che, come scrivevo in “Diario dalla terra”, due anni fa, sono uomini che camminano sulle acque? Non gliene frega niente agli italiani, ma poi, magicamente fanno prima finta di avere spirito caritatevole – di fronte a quelle faccine nere, a quegli occhioni da bimbi soldato o a quella povertà afgana, dignitosa, molto dignitosa (rintracciabile la sera nei sacchi a pelo tra i binari della Stazione Ostiense – la “buca” e le tende, strutturate e non -), alla disperazione siriana, per non parlare del senso di colpa nei confronti di eritrei, somali ed etiopi, gente segnata dal nostro colonialismo – e poi voltano l’angolo e iniziano quella discussione con la loro arroganza: “E sì, però ci rubano il lavoro, ci attaccano le malattie, sono delinquenti”. 

L’italiano oggi è un demente che si sfoga facendo le guerre tra poveri, nulla di più. Lo è dalla testa ai piedi. Da chi non presenziò ai funerali per le vittime della Tragedia di Lampedusa, nome dato sempre dai grandi media all’accaduto del 3 ottobre 2013, così, per fare, per mancare di rispetto alle tante altre tragedie di Lampedusa (non degne dell’appellativo tragedia), per far credere che è successo una sola volta e che ci siamo tutti messi a piangere inseme. E’ colpa dell’Europa e poi, perché no? Pure degli zingari, come direbbe l’intellettuale Maccio Capatonda. Intellettuale sì, perché almeno lui fa il comico e basta, non finge di essere Charlie Chaplin e poi spara a zero contro “gli immigrati” (che poi è arrivato il momento di fare una battaglia sui termini, per l’uso del solo “migranti” e perché no? Per l’abolizione del termine straniero nei confronti di chi non si è ancora conosciuto): tutti clandestini e perché no, pure in flagranza di reato. E’ colpa degli Alfano, dei Grillo, della Bossi-Fini, ma, Viva Dio, la Bossi-Fini, diciamolo una volta per tutti, è una legge scritta da ignoranti della materia, che fortunatamente ha bucato da diverse parti, fino ad essere giudicata moderata dai migranti stessi. E tremo al solo pensiero che qualcuno di questo nuovo governo possa scriverne una nuova. La Bossi-Fini incorniciava un modello di nazionalismo inesistente allora, in piena globalizzazione, ancor più impalpabile oggi, che la Romania è divenuta parte integrante della Comunità Europea. Dunque è stata per i migranti il male minore. Per anni parlare di immigrazione da sinistra – quale sinistra, mi ripeto continuamente io – ha significato parlare di reato di clandestinità quando di quella legge, comunque ignorante (che non conosce) e ispirata da ideologie neofasciste, si doveva focalizzare l’attenzione sull’inumanità dei trattamenti previsti per chi è vittima di guerra, persecuzione politica, religiosa o personale. Per i richiedenti asilo. Non perché sia giusto proteggere i soli profughi e criminalizzare chi si sposta per interesse economico senza rispettare i decreti flussi o senza avere un pollo che gli fa una proposta di lavoro da qui, che gli versa un bel gruzzolo di soldi ed espleta tutte le cervellotiche operazioni burocratiche previste dalla legge italiana in materia, ma per una questione di numeri. Numeri che bastava poco, veramente poco, per buttare giù dai divanetti della  tv tanti conduttori ignoranti di puntate e puntate dei vari Porta a Porta, Terra, Tg1, Studio Aperto e chi più ne ha più ne metta. A Lampedusa sbarcano soprattutto richiedenti asilo e minori non accompagnati. (Punto!).

Ora si scopre che Lampedusa è anche Pozzallo, Licata, Porto Empedocle, Crotone, la stazione Termini a Roma, quella di Milano oppure che Lampedusa è semplicemente nella tua città, qualsiasi essa sia, come recitava il messaggio virale che con i volontari dell’accoglienza usavamo nei social questo inverno, alla richiesta poco ascoltata di amici e istituzioni, di coperte per quei ragazzi che non avevano ancora trovato accoglienza in Campi o Centri e che erano costretti a stare per la strada.

Altri 45 morti, nel loro rispetto però vorrei che la nostra indifferenza, la nostra non volontà di incontrare l’altro, si faccia da parte e non uccida i sopravvissuti dell’ennesimo viaggio della speranza. Perché stare stretti su un barcone condotto da mafiosi lo si fa per sopravvivere, perché non si hanno scelte. Lo si fa incinte, credendo che la cittadinanza per i bimbi innocenti qualcuno la regali, lo si fa pisciandosi sotto, stringendosi forte. Lo si fa tra le urla, tra amici che si buttano in acqua, convinti che sia meglio. Lo si fa sapendo di rischiare di morire. Ma una volta salvi, mai e poi mai degli eroi capaci di viaggi biblici, come Mosé, Noè e Gesù Cristo, avrebbero pensato di meritarsi Cie, attese di decine di mesi solo per avere esiti sulle richieste di Permesso, pregiudizi, sfruttamenti, disumanità. Di ogni genere. E prese in giro. Perché quando per anni si parlava di generici “libici” sbarcati a Lampedusa era una presa in giro. Come lo è quando elencano nazionalità a caso senza accennare alle nostre responsabilità sul loro territorio e al fatto che ogni migrante ha una storia a sé, che prima del mare ha percorso vite, Paesi e che giustamente solo poco del suo Paese ha la forza di mettere avanti al suo volto, una volta sceso a terra. Alla prima schedatura.

Ora mi chiedo: che fine hanno fatto i ragazzi che stavano sul barcone di ottobre? Hanno avuto il permesso di soggiorno oltre che la “cittadinanza” onoraria di qualche città (e non italiana – la cittadinanza, non la città -)? Perché non se ne parla? Si sfrutta la loro invisibilità per nascondere quel che gravemente non viene considerato: l’accoglienza. Quella vera, non emergenziale. Quella per cui tante persone come me (semplice un operatore socio-culturale dell’area cosiddetta “immigrazione”) ogni giorno combattono. Quella che fa di un uomo sulla terra un abitante.

Ho paura che molti di loro siano nel Ghetto in Provincia di Foggia o a Rosarno, ad attendere che qualche caporale, bianco o nero, li venga a prendere per spaccargli la schiena e rimpinguare il portafoglio dei nostri produttori di pomodorini d.o.p e vini d.o.c.g., ho paura che siano a marcire nelle nostre galere, senza un mediatore che gli spieghi perché ci sono finiti. Ho paura che non ci siano più. Allora spero che siano fuggiti, perché molti fuggono e non solo perché in Italia non c’è lavoro, ma perché si sentono non voluti. Nel 2014 raggiungeremo le 100.000 persone passate per l’Italia, passate, perché poi ne restano meno. Molto meno. Un nono della cifra, forse. Gli altri per una convenzione assurda vivranno fuori. nell’illegalità. Gli accordi di Dublino vogliono che loro debbano restare nel primo Paese europeo che li scheda. Questo il motivo per cui gran parte dei fondi per la gestione dell’immigrazione dei Paesi di confine sono stanziati dalla Comunità Europea e ce li pappiamo noi, insieme a Grecia, Spagna e Malta. Ed è ridicolo chiederne altri, visto che non siamo mai stati in grado di trattenere queste persone, di dargli un futuro e visto che nelle nostre acque si continua a morire. E’ ridicolo poi che l’attenzione sia tutta rivolta a chi sorveglia le acque. Non è quella l’accoglienza. L’accoglienza viene molto dopo (purtroppo). E’ però l’unico senso che ho trovato nell’avere oggi una marina militare come quella italiana. Finalmente abbiamo un progetto che può nobilitare i nostri difensori della Patria e cosa succede? Dicono che costa troppo, milioni di euro (?), che servono più uomini, ma non si potrebbero far rientrare altri marò dalle Indie o militari dall’Afganistan (da anni che li aspettiamo)? Non si potrebbe realmente fare a meno degli F35? Con una motivazione simile anche Obama si comuoverebbe.

Cosa è successo a Pozzallo? Alcuni gambiani, maliani, eritrei sono caduti in cielo, altri in acqua, altri a terra. I cimiteri sono pieni, le porte chiuse, le nostre bocche aperte (al contrario di quelle di quei migranti che per protesta se le erano cucite). Sta a noi, poveracci, deporre le armi e fare quello che in questi giorni la maggior parte di loro, alle prese con il Ramadan, mi ripete: “Capiamoci, siamo tutti fratelli”.

Les bateaux de l’espérance

Migranti

lasciano terre piene di diamanti

non sono i loro

sono dei nostri cercatori d’oro

hanno camminato nel deserto

dormito in tende a cielo aperto

la loro strada è stata la sofferenza

nessuno è pronto a dargli accoglienza

ora camminano sulle acque

in piedi su povere barche

per un viaggio cento denari libici

i loro pensieri fatti di semplici codici

amo una donna che non vedrò più

mio padre è morto e mi guarda da lassù

tornerò nel mio paese

dovrò coprire tutte le spese

voglio salvare la mia vita

per quelli come me è tutto in salita

sono nelle mani di Dio

arrivato a terra, poi ci penso io

chi si piscia sotto

chi è morto

chi prova a partorire

chi si è abituato a soffrire

sono eroi del mare

uomini che non sanno nuotare

loro camminano sulle acque

in piedi su povere barche

loro meritano il rispetto

un approdo, un discorso aperto

la speranza di vedere il loro volto

il nostro abbraccio, il loro porto.

Il loro abbraccio, il nostro porto.

 

Tratto da “Diario dalla tera”

 

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