C’era una volta il Capodanno da incubo dei lavoratori Groundcare

ROMA – Per i lavoratori della Groundcare la società, handler di Fiumicino e Ciampino, fallita il 28 maggio, queste sono ore decisive. La trattativa si è chiusa con il ‘salvataggio’ di solo metà dei lavoratori.

Entro domani si prevede, infatti l’assunzione, secondo gli accordi firmati con Aviation Services, di 400 dipendenti su 871, per la restante parte ci sarà il licenziamento e la mobilità.  Un accordo firmato dopo mesi di trattativa caratterizzata da continui colpi di scena e un peggioramento delle condizioni per i lavoratori Groundcare a causa della mancata applicazione della clausola sociale che avrebbe dovuto tutelare l’occupazione, mentre venivano letteralmente “sciacallati” i contratti con le compagnie aeree,  da parte degli altri handlers.

Dopo mesi con la pistola puntata alla tempia in cui i dipendenti di Groundcare hanno continuato a lavorare con professionalità e rigore nonostante lo scenario da incubo. L’epilogo è il licenziamento e un’operazione di camouflage, con l’ennesima promessa di assunzione postuma, ma in cui di fatto, si manda a casa la metà delle persone, senza nessun criterio di tutela garantito  e per chi resta condizioni lavorative con pesanti tagli salariali.

Per centinaia di famiglie sarà un capodanno senza lavoro, senza sostentamento e senza futuro.  La questione è ancora più vergognosa perché stiamo parlando del più grande polo industriale del centro sud, con un incremento del traffico passeggeri e su cui si progetta ampliamento e sviluppo.  Le responsabilità sono davvero tante e risiedono in primis nella mancanza di regole del settore,  basterebbe analizzare che sei/ sette società di handlers non possono farsi una guerra di prezzi tra loro per sopravvivere. Così come affrontare il tema dei bacini di lavoratori da cui recuperare occupazione, in un settore che non è in crisi ma al contrario è in via di sviluppo.

Ma neanche l analisi è più sufficiente, non è bastato lo scempio del 2008 dell’ex compagnia di Bandiera, di Argol della Duty free, che hanno visto genitori con figli disabili licenziati, donne e uomini discriminati e centinaia di esodati.  Fino a quello dei lavoratori Alitalia Cai licenziati ancora una volta, senza preavviso e con una freddezza  quasi chirurgica, dagli stessi protagonisti che hanno creato il disastro del 2008 e fatto fallire la più grande compagnia aerea Italiana.

E’ inaccettabile che ancora si continui con le false promesse di chi assicura posti di lavoro, senza farsi garante degli accordi siglati.  Questo significa illudere le persone ed abbandonarle ad un futuro senza lavoro.  In questa pagina nera si distinguono, in una confusione di ruoli che lascia interdetti, sia il sindacato confederale, che il direttore dell’aeroporto del quale non si capisce più il ruolo attualmente ricoperto: controllore che non controlla o arbitro con la maglietta di una squadra?  Un’operazione speculativa, in cui hanno giocato interessi ed equilibri molto lontani dai lavoratori!

Noi abbiamo la presunzione di affermare che il ruolo dell’Enac dovrebbe essere quello di vigilare e farsi garante prima di tutto delle regole e della sicurezza, ma anche dell’occupazione. Cosi come è inaccettabile che  il governo in questa vicenda abbia avuto un ruolo da semplice spettatore.  Quello che fa più male è che altre 400 persone saranno licenziate, nel silenzio generale e probabilmente, non accadrà niente se non nel privato di chi vivrà la disperazione di aver perso tutto.

Sembra quasi che ci si sia assuefatti alla precarietà, al fatto che si licenzi, scaricando il costo dell’ occupazione sulla collettività, nei settori dove non c’è crisi, per poi utilizzare maestranze occasionali sotto pagate. Il  mostro sociale che si sta costruendo sta de industrializzando il settore nel disinteresse di chi dovrebbe garantirne il potenziamento.  

Noi crediamo che questa vicenda non  possa chiudersi con i  licenziamenti. Ma è necessario continuare a lavorare perché i lavoratori che finiscono in mobilità, vedano riconosciuti i loro diritti. Dobbiamo costruire un settore che investa sullo sviluppo industriale, un polo aeroportuale in cui chi perde il lavoro trovi una prospettiva concreta di essere ricollocato.  Un settore in cui sviluppo non sia speculazione, ma corrisponda al rilancio dell’occupazione.

Bisogna rimboccarsi le maniche. Lo dobbiamo, al rilancio del settore, ai lavoratori. A noi stessi.

Condividi sui social

Articoli correlati