Il problema della Sinistra non è liberarsi di Renzi, ma ritrovare i valori socialisti

La questione cruciale che Articolo Uno deve affrontare -così come dovrebbero fare Sinistra Italiana e Campo Progressista, e ogni altra iniziativa nuova a sinistra- è quella della radicale sfiducia che larga parte della società, a partire dai ceti popolari e dai giovani, nutre nei confronti della politica organizzata.

Ho sentito giustamente parlare, da parte di Roberto Speranza, di umiltà. Umiltà vuol dire consapevolezza che il problema per la sinistra non è quello di liberarsi di Matteo Renzi, ma di quell’humus ideologico e politico in cui Renzi è cresciuto.

Ideologico, e cioè quel liberismo nuovista e accattivante, coltivato dal gruppo dirigente dell’ex-Pci per molti anni, così come da quello della Margherita. In questa ossessione ideologica, presentata come il mantra della fine delle ideologie, sono stati cancellati i valori fondanti ogni pensiero socialista, mutualista, cristiano sociale, solidarista.

Competion is competition: peccato che la crisi abbia devastato questa formula sacra, e che ora tornino prepotenti bisogni di giustizia, protezione, sicurezza. L’humus politico è stato rappresentato dal culto del capo -memoria di una tradizione stalinista e centralista-, fatto di yesman -più recentemente di yesgirls-, di staff, di cerchi magici, di fedeli (pronti a tradire, come tutti i fedeli), e dello svuotamento di ogni struttura partecipativa.

Renzi non è il primo, semmai è l’ultimo ad aver seguito e assecondato questa tendenza, e ad aver completato l’opera con la trasformazione del Partito Democratico in Pdr. Anzi: in una parte del voto che portò Renzi alla guida del Partito, c’era una rivolta antioligarchica che tuttavia ha finito per consacrare una nuova, la peggiore, oligarchia.

La mobilitazione a sinistra per il No al referendum, e soprattutto la scoperta in questa occasione, e negli effetti “costituenti” che essa ha provocato, da parte di tanti giovani dell’impegno politico sotto l’ombrello ideale della Costituzione Repubblicana, sono anch’essi il segno di una profonda domanda antioligarchica e partecipativa.

Questo è il punto, per chiunque voglia impegnarsi a sinistra. Non avere nuovi partitini di autotutela di piccoli gruppi di eletti, ma una grande e originale forma di partecipazione politica della società. Torneremo in altro momento sull’aspetto “ideologico” di questa operazione, e su quanto il richiamo ai valori di un socialismo delle origini (compiuto da Enrico Rossi nella sua “Rivoluzione socialista“) non sia un’operazione nostalgica ma il tentativo -sulla scia di Francesco, di Obama, di Sanders e di parti vecchie e nuove della sinistra europea- di rifondare moralmente e idealmente l’agire politico.

Ma la scelta preliminare che Articolo Uno dovrebbe ora fare -per non ripetere errori di un recente passato- è quella di pensarsi come “politica sociale”, e non come organizzazione della rappresentanza parlamentare e istituzionale. Si tratta di due prospettive opposte, come si capisce perfettamente. Occorre fare la scelta di avere un carattere federativo, plurale, inclusivo. Il movimento, deve pensare ad adesioni collettive, non solo individuali.

Una federazione, con un’identità plurale che possa portare a patti federativi con altre forze di sinistra, e soprattutto con forme di autorganizzazione sociale e civile, territoriale e tematica, locale e generale. La base comune è una tavola di valori condivisa, verso un vero e proprio programma fondamentale. Nessuno ha la verità in tasca.

Tutti sono portatori di verità parziali.Tutti siamo “peccatori”. Poi, verrà il tempo di darsi regole unificanti più cogenti, di scegliere con le primarie aperte a chi ha aderito una leadership plurale, di stabilire le forme che permettano di garantire il carattere “sociale” del movimento. Penso alla necessità di “quote blu”, che riservino almeno il 30% dei componenti degli organismi del movimento a operai, precari, professionisti, impiegati, imprenditori, e alla norma cogente per cui chi coordina il movimento e lavora sulla composizione delle liste elettorali non è candidato o candidabile alle elezioni stesse.

Ciò che conta, ora, è aprirsi, includere, farsi contaminare e attraversare con coraggio da pratiche associative e partecipative fuori dai partiti. In caso contrario la sinistra rimarrà sempre di più marginale, e la porta sarà spalancata ai professionisti della demagogia e dell’imbroglio.

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