Alta la tensione nel Pd. Cuperlo: “Mi dimetto perché voglio avere la libertà di dire quello che penso”

Fassina, Vogliamo le riforme ma poniamo punti di merito 

ROMA – E’ bufera nel Partito Democratico. La linea imposta a maggioranza e senza possibilità di una pacata discussione nel merito della riforma elettorale, ha provocato una lacerazione senza precedenti. L’area di sinistra del partito, incarnata da Cuperlo, Bersani e Fassina, si prepara a contrastare l’acordo maturato tra il Sindaco di Firenze e il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. A chiare lettere si parla dentro la corrente di legge che affosserebbe il pluralismo, costringendo, visti i vincoli, a strozzare i piccoli ed i medi partiti, all’interno delle coalizioni. I numeri, che già nella serata di lunedì abbiamo fornito, ci disegnano uno scenario, che, chiunque sia il vincitore, solo tre partiti avrebbero l’opportunità di sedere in parlamento: Pd, Movimento 5Stelle e Forza Italia, tutti gli altri protagonisti, visti i sondaggi, si scoprirebbero inutili. Ma tornando alla cronaca della giornata, c’è da registrare l’evento traumatico delle dimissioni di Gianni Cuperlo da Presidente del Pd, un incarico che il leader, insieme a Bersani e Fassina della componente di sinistra, aveva accettato immediatamente dopo la vittoria del Sindaco di Firenze, prima alle Primarie e poi all’Assemblea Nazionale del partito, aveva accettato, nel solo interesse di evitare una spaccatura. Oggi lo scenario, malgrado i tentativi di ricucitura, le mediazioni di altre componenti Democratiche, è tornato quello del dopo Primarie. Cuperlo ha affidato ad una lettera inviata al Segretario, le motivazioni della sua scelta, che assolutamente tutta politica: “Mi dimetto –scrive Cuperlo – perché sono colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e pensiero”. Il Presidente dell’Assemblea del Pd ripercorre quanto successo nella direzione di lunedì. Ricordando – rivolgendosi ancora Renzi- di aver espresso nel suo intervento  “apprezzamento per l’accelerazione che hai impresso al confronto, per il lavoro svolto da Renzi in questi giorni, utile e prezioso, non per una parte ma per il Paese tutto ma anche dubbi di merito sulla proposta di riforma elettorale”. Poi la stilettata al Segretario: “Nella replica ho ascoltato che le riforme in discussione rappresentano un pacchetto chiuso e dunque – traduco io – non emendabile o migliorabile pena l’arresto del processo”.

Cuperlo nega poi che la decisione di dimettersi da presidente sia frutto di livore. “ Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere. Mi dimetto perché voglio avere la libertà di dire sempre quello che penso. Voglio poter applaudire, criticare, dissentire, senza che ciò appaia a nessuno come un abuso della carica che per qualche settimana ho cercato di ricoprire al meglio delle mie capacità”.

Archiviate le dimissioni di Cuperlo la sinistra del Pd, non ha però alcuna intenzione di far retromarcia o di salire sull’Aventino. Come detto saranno molteplici le occasioni per dar battaglia. In primo luogo, naturalmente nello stesso partito, ma c’è chi assicura, che sulla proposta legislativa, sarà alta la tensione nelle Commissioni parlamentari competenti per materia e nelle stesse Aule Parlamentari di Camera e Senato. Se nella Direzione la scelta è stata quella dell’astensione, c’è da giurarci che sul punto più infuocato della riforma, quello delle preferenze, ma anche sugli sbarramenti, l’atteggiamento sarà diverso e certamente molto ostile. “Resta il problema liste bloccate e su questo daremo battaglia. Così come ieri si è riusciti ad ottenere il doppio turno, credo che con l’iniziativa parlamentare si possano correggere altri aspetti che non vanno”. Non va a testa bassa contro l’Italicum, l’altro esponente di punta della sinistra del partito Stefano Fassina: “C’è un accordo e per quanto ci riguarda dobbiamo migliorarlo. Noi vogliamo che le riforme vadano in porto. Tutto il resto dimentichiamolo – ha detto, ospite di Giovanni Minoli su Radio 24 – Riconosco – rivolgendosi a Renzi – che ha fatto un ottimo lavoro. Dopodiche poniamo dei punti di merito”.

Ma il dibattito è più che mai aperto e c’è da registrare l’autorevole opinione del Professor Capotosti che interviene proprio nel merito della riforma elettorale con un banale esempio e sul punto del superamento dello scoglio imposto al 35% per ottenere il premio di ‘governabilità’. Potrebbe accadere, osserva Capotosti che due delle coalizioni vadano al ballottaggio con un carico percentuale del 27% per la vincitrice e del 26 per la seconda classificata, ma potrebbe essere anche meno, visto che i protagonisti in campo dovrebbero essere tre. Con questo scenario accadrebbe che il premio di maggioranza porterebbe al raddoppio dei parlamentari. Fin qui Capotosti. Ma va fatta una osservazione anche nel merito della sogliaper le coalizioni, fissata ora al 12%. Nessuno dei piccoli potrà pensare di correre da solo, non potrà farlo Alfano ed il suo Nuovo Centro Destra, non lo potrà fare Sel, non lo potranno fare Monti e Casini, non potrà farlo Di Pietro, se deciderà di tornare in pista. Dunque scatta l’obbligatorietà del rifugio sotto l’ombrello dei grandi (Pd-Forza Italia-Movimento 5Stelle), con la possibilità, che una larga parte di questo composito elettorato, decida di restare a casa disertando il voto.

Ma quello che ha fatto entrare in fibrillazione il Pd, e più in generale il mondo politico è largamente legato quasi esclusivamente alla riforma elettorale ed alla rivisitazione del ruolo del Senato, meno divisioni si registrano infatti su altri punti di qualità come Riforma del Titolo V della Costituzione. Vediamo nel dettaglio gli scenari.

Titolo V

La riforma del Titolo V deve prevedere l’eliminazione della materia concorrente.

Ritornano di competenza statale alcune materie tra cui: 1) Grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione nazionale e relative norme di sicurezza; 2) Produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia; 3) Programmi strategici nazionali per il turismo. Contestualmente alla riforma del Titolo V si procederà all’eliminazione dei rimborsi elettorali per i consiglieri regionali e l’equiparazione dell’indennità dei consiglieri regionali a quella del sindaco della città capoluogo di regione. I relativi provvedimenti, secondo la proposta Renzi, devono essere presentati in Parlamento entro il 15 febbraio 2014.Riforma del Senato della Repubblica

Su questo punto c’è la volontà di superare il cosiddetto bicameralismo perfetto. In conseguenza di questo l’attuale voto di fiducia al governo spetterà, solo alla Camera dei deputati. Il Senato della Repubblica infatti viene trasformato in Camera delle autonomie, con l’eliminazione dell’elezione diretta dei suoi membri e di ogni forma di indennità. La trasformazione del Senato comporterà una significativa riduzione del numero dei Parlamentari. I relativi provvedimenti dovranno essere presentati in Parlamento entro il 15 febbraio 2014.

Riforma della Camera dei Deputati

 

L’idea renziana, condivisa da Berlusconi e definita Italicum prevede una distribuzione dei seggi con metodo proporzionale, con l’assegnazione di un premio di maggioranza eventuale e limitato e l’attribuzione dei seggi su base nazionale. In particolare, alla lista o alla coalizione di liste che abbiano conseguito il maggior numero di voti viene attribuito un premio di maggioranza pari al 18% del totale dei seggi in palio.

Questo premio, va però detto viene assegnato esclusivamente se la lista o la coalizione di liste maggiore ha conseguito almeno il 35% dei consensi. In seguito all’attribuzione del premio di maggioranza una lista o una coalizione di liste non può in ogni modo ottenere un numero di seggi superiore al 55%. L’eventuale parte del premio eccedente viene redistribuita fra le altre liste o coalizioni. Qualora nessuna lista o coalizione di liste raggiunga la soglia, si svolge un secondo turno di ballottaggio fra le prime due liste o coalizioni di liste. Fra il primo e il secondo turno non sono possibili apparentamenti. Alla lista o coalizione di liste che risulta vincitrice viene attribuito un premio di maggioranza pari al 53% del totale dei seggi in palio. I restanti seggi vengono distribuiti proporzionalmente a tutte le altre liste e coalizioni di liste.

Nella proposta di Renzi le soglie di sbarramento sono pari al 12% per le coalizioni, al 5% per le liste coalizzate e all’8% per le liste non coalizzate. Sono introdotti criteri per evitare il fenomeno delle ”liste civetta”. I seggi vengono distribuiti su circoscrizioni molto piccole (da 4 a 5 seggi in palio al massimo), in modo che i nominativi dei candidati possano essere stampati direttamente sulla scheda. Le liste sono bloccate e corte, per cui vale l’ordine di presentazione in lista ai fini dell’attribuzione dei seggi utilizzando criteri che garantiscano il riequilibrio di genere. Fermo restando l’impegno ad eliminare l’elezione diretta dei membri del Senato, la proposta di Renzi prevede quale ”clausola di salvaguardia” alcune disposizioni medio tempore applicabili anche per il Senato. Per il Senato sono quindi stabilite le medesime modalità di assegnazione dei seggi, con le stesse percentuali e soglie di sbarramento della Camera. Per garantire l’elezione a base regionale prevista dall’articolo 57 della Costituzione è stabilito un metodo che assicuri l’attribuzione dei seggi anche del premio su base interamente regionale. Più in generale, l’impianto delle norme per il Senato è analogo a quello per la Camera. La discussione sul testo normativo deve essere iniziata in Aula alla Camera entro il 27 gennaio 2014.

 

 

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