Renzi a Bruxelles per cambiare registro. Meno fiscal e più social compact

Verso un governo di grande coalizione (Ppe-Pse) ma il Pd è il punto di equilibrio per gli assetti di Governo dell’Unione Europee. Senza non si governa

 

ROMA – Matteo Renzi è volato a Bruxelles per scompaginare, come fatto in Italia, la paludata concezione del vecchio continente: regole certe da rispettare e pochi rischi su politiche dinamiche che potrebbero portare la ripresa, non solo nella Germania delle Cancelliera Merkel, ma anche in Paesi come Italia, Spagna e Grecia, che tanto hanno dato all’Unione ma che, negli ultimi anni hanno pagato un prezzo salatissimo alla crisi. E’ il tentativo, quello del nostro Presidente del Consiglio, di porre un argine a populismi ed egoismi geografici, che porrebbero in seria difficoltà, se non in crisi (basti vedere il referendum lanciato dalla Le Pen e raccolto, probabilmente da tutti i partiti ed i movimenti euroscettici ndr) l’intero sistema politico e monetario continentale. Al suo arrivo a Bruxelles, Renzi non ha fatto mistero delle sue intenzioni: più che di fiscal compact, ha preferito parlare di social compact, di politiche dell’inclusione e di sviluppo, di lotta alla disoccupazione e di riforme dell’attuale assetto ingessato dell’Unione Europea. Renzi, va detto, non è ormai un cavaliere dimezzato, il risultato delle Europee e anche quello delle Amministrative, gli consegnano un mandato pieno, del quale i Presidenti di Stato e di Governo dell’Unione, non possono tener conto. Il Pd ed il Premier-Segretario, possono incassare dall’Ue, se i particolarismi e gli interessi particolari non la faranno da padrone, il ‘Passaporto’ che consentirà all’Italia di porre con chiarezza programmi e contenuti del prossimo semestre di leadership a guida italiana. Ma c’è anche di più nella borsa che Renzi porta con se in queste ore, tra i tanti argomenti di discussione, forse centrali nel futuro della Presidenza Ue, è il peso della Delegazione socialdemocratica italiana, la più consistente e votata per il parlamento continentale. Su questo punto, se Renzi giocherà bene la partita, potrebbe addirittura entrare in crisi la presidenza Juncher, presidenza statica e tristemente ancorata alle logiche del patto di stabilità e delle regole certosine che hanno fatto dubitare milioni di cittadini europei sulla reale utilità di questa aggregazione politica e monetaria. Renzi ha la forza per porre molti temi sul tappeto e va detto, senza ombra di smentita, che è l’unico leader continentale (neppure la Merkel ne ha titolo, visto che alle elezioni ha ottenuto a fatica solo un pareggio, ne tantomeno il 

bastonato presidente francese Hollande, che già nel recente passato ha creato non pochi problemi, vedi la Libia, agli equilibri continentali ndr). In ultimo, ma certamente non ultimo, Renzi avrà tutto il diritto di chieder conto ai partner europei, di quanto è stato fatto e di quanto si dovrà fare, sul controllo delle frontiere. Su questo l’Italia è certamente in prima fila, mentre la maggior parte dei Paesi che nell’Ue trovano sostegno, sono tranquillamente alla finestra, o meglio seduti su comode poltrone, a guardare i resoconti di quanto avviene nei mari di Sicilia, Libia e Malta. Anche questo infiamma e rende vivo il populismo e l’euroscetticismo.

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