Da Renzi nessun trionfalismo

Alla Direzione del Pd il Premier-Segretario rilancia sulle riforme e sul programma di Governo. Da Sel aperture di credito, mentre Grillo è costretto a fronteggiare l’onda del dissenso interna e l’eterna arrabbiata Lombardi minaccia nuove espulsioni

 
ROMA – Matteo Renzi ha incassato gli applausi della Direzione del Pd ed in un discorso pragmatico ha proiettato il suo partito verso nuovi obiettivi. In primo piano, naturalmente le riforme: prima il senato e poi entro l’estate la riforma elettorale. Convinto che quel 40 e passa per cento assegnato al Pd dagli italiani è solo un investimento sul futuro, Renzi ha indicato molti temi da mettere come legna in cascina, tra questi gli investimenti nelle politiche scolastiche e quelli destinati all’edilizia, ovvero alle ristrutturazioni che riguarderanno, nelle intenzioni, migliaia di plessi scolastici in tutta Italia. Ma vediamo nel dettaglio cosa ha chiesto Renzi ai dirigenti del Pd: “Questa direzione non è tanto un’occasione per fare festa ma per fare un’analisi del voto, anche quando si vince, per capire cosa abbiamo da fare. E’ un risultato che ci carica di entusiasmo e responsabilità. E’ un voto dato dagli italiani per l’Italia” aggiunge, e ora “abbiamo ricevuto un consenso che ci chiama e ci impone di provare a cambiare il nostro Paese e l’Europa.  Siamo il partito più votato in Europa, più di 11 milioni di voti”. Poi lo sguardo rivolto all’Europa: “Tre i punti che dobbiamo tentare di affrontare dopo il voto – sottolinea Renzi – primo: la questione europea. Le misure che l’Europa ha attuato in questi anni, figlie di una difficilissima situazione finanziaria, non sono la risposta sufficiente alle attese dei cittadini europei.
 
Anche chi ha votato per i partiti europeisti, come siamo noi, ha chiesto all’Europa di cambiare”. Ed ancora sui populismi: “Di fronte ai populismi, bisogna investire sul senso di una cittadinanza europea” precisa con forza Renzi. Il Pd deve lavorare per “dare all’Europa un respiro più ampio delle piccole questioni degli ultimi anni”. Infine sul Pse: “Il Pd, nel Pse, ha il compito di richiamare l’attenzione su questo e prima di ogni discussione sui nomi è fondamentale capire se le idee del Pse sono valide o no, se sono validi gli impegni presi in campagna elettorale – aggiunge – non dobbiamo mettere la bandierina, prendere il vice capogruppo di commissione, ma richiamare il Pse a quello che ha detto”. Ed alla fine del suo intervento Renzi non ha mancato di sollecitare l’impegno di dirigenti e militanti in vista dei ballottaggi in programma l’8 di giugno. Sono molte le città capoluogo che ancora non hanno un Sindaco e sulle quali il Pd è decisamente in corsa ed oltre cento i Comuni non capoluogo dove ci sono analoghe condizioni elettorali e su questo Renzi ha chiesto il massimo impegno e la massima coesione possibile. E se nel Pd Renzi ormai domina la scena, qualcosa si muove anche a sinistra di questo partito. Sel, infatti, vorrebbe qualcosa in più di quanto fatto con la Lista Tsipras, che ha sì oltrepassato l’asticella del 4%, garantendosi una presenza certa in Europa, ma che però deve guardare anche al futuro. Quello di domani, comunque, sarà per Sel un venerdì di grande discussione in Direzione. Due, o più di due le alternative per un orizzonte politico di verso: un patto di ferro con il Pd, proseguire con un accordo transnazionale, o andare avanti da soli e con le proprie bandiere. A rompere comunque il silenzio è stato oggi il Capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, che in una intervista a la Repubblica, disegna i possibili scenari futuri per il suo partito: costruire un soggetto unitario di sinistra che possa far vivere le aspettative di cambiamento. Senza restare ciascuno, Pd e Sel, nel proprio contenitore”.
Sul punto, va detto, ed è sempre la Repubblica a renderlo noto, ci sarebbe, in questa direzione un forza centrifuga composta da almeno una decina di parlamentari, che anche oggi hanno avuto modo di confrontarsi. A questi eletti, la scelta di prolungare l’esperienza Tsipras proprio non piace e dunque il partito, che oggi non ha più la calamita elettorale del governatore pugliese Vendola, potrebbe addirittura azzerarsi e ripartire dal dialogo con i Democratici. Infine i 5 Stelle, ultimi, ma non ultimi. Grillo nella sua rincorsa dopo lo straordinario, al ribasso, risultato elettorale, ha pensato bene di scegliere partner per far ripartire il suo movimento a Bruxelles e la scelta è caduta su Nigel Farage, leader degli euroscettici inglesi. Ma la scelta di Grillo e Casaleggio, non ha trovato consenso nel movimento pentastellato e mal di pancia sono nati anche per la promozione di Casaleggio Jr a leader delle strategie del movimento. Sul punto la parola è passata alla rete e nelle prossime ore i mal di pancia potrebbero aumentare. Per altro Casaleggio Jr ha accompagnato Grillo nella sua trasferta a Bruxelles nella qualità di chi, come descrive puntualmente il Corriere della Sera “in prima persona da tempo sta cercando di individuare possibili alleati in Europa: una svolta, una pietra miliare per un Movimento che ha sempre rifiutato (in Italia) di fare sponda con altri partiti politici. Un atto dovuto in parte alle regole del Parlamento Ue e allo stesso tempo una questione sensibile, nevralgica nella gestione dello sviluppo (europeo) dei Cinque Stelle”.  Su tutto però l’ennesimo avvertimento ai dissidenti firmato dalla pasionaria Roberta Lombardi che avverte i tanti, forse troppi per Grillo e Casaleggio, che non approvano la strategia europea e tanto meno quella nazionale: se il dissenso non dovesse rientrare in arrivo nuove espululsioni. Ma sul punto è emblematica la reazione di uno dei dissidenti nei confronti della stessa Lombardi: “Immagino che qualcuna abbia commesso già troppi danni per avere ancora il fiato di parlare”.

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