La Grecia ripiomba nel caos, Tsipras in crisi

ATENE- La rabbia degli estremisti scoppia alle 21.10 e prova a cambiare con la violenza la storia della Grecia.

Una bomba carta esplode in piazza Syntagma e spezza l’equilibrio di una manifestazione fino a quel momento pacifica. Gli anarchici e i black blocK tirano anche bombe molotov. Nella piazza simbolo della democrazia greca arrivano con i caschi, le maschere antigas, le maglie nere mentre il popolo dell’ Oxi fatto giovani, impiegati, mamme, zie, adolescenti, ma anche bambini, da due ore grida e distribuisce volantini perché non vuole che Alexis Tsipras ceda al “ricatto” della Germania e dell’Eurosummit.

Dopo la prima esplosione, volano i lacrimogeni della polizia e la piazza si svuota. Cordoni di poliziotti si schierano. E’ il culmine di una giornata fino a quel momento di controllata tensione. In cui il premier greco, il primo leader di un governo di estrema sinistra nella storia della Ue, lotta per rispettare l’impegno preso all’alba di lunedì scorso a Bruxelles e lancia un vero e proprio aut aut ai ribelli di Syriza: votate il piano o me ne vado. Tsipras deve far passare in Parlamento entro la mezzanotte di oggi una ‘lenzuolata’ con le prime riforme richieste: riforma dell’Iva, indipendenza dell’ufficio di statistica, ‘Fiscal Council’ ed eliminazione delle baby pensioni. E mentre a Bruxelles si continua a lavorare per il prestito ponte che potrebbe permettere di far riaprire le banche, Tsipras può contare sull’appoggio degli ex oppositori: Nea Demokratia e Pasok che hanno governato la Grecia per 40 anni e l’hanno ridotta in queste condizioni, più i centristi di To Potami. Sono quelli che gli danno i numeri per far passare il testo, teoricamente. Perché il ‘no’ interno continua a crescere.

La rivolta la guidano il mediatico ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, che martella in rete e in tv, il ministro dell’Energia Lafazanis che parla da tre giorni di “umiliazione”, la presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou che annuncia ostruzionismo. La prova generale dei numeri arriva con il voto, per alzata di mano, nella riunione congiunta delle quattro commissioni competenti (finanze, affari sociali, pubblica amministrazione, produzuone e commercio): larga maggioranza per il sì. Ma il governo perde pezzi: si dimette quella che era la vice ministro di Varoufakis, Nantia Valavani. Nella direzione del partito Tsipras va addirittura sotto. Ma i numeri in aula sembrano ancora dargli ragione. E la Konstatopoulou fa partire l’ostruzionsimo. Tsipras avrebbe voluto far cominciare la plenaria nel primo pomeriggio, al più tardi per le 19. Prima insomma che si radunasse la manifestazione finale di una giornata punteggiata da cortei, dalla serrata delle farmacie e dallo sciopero dei dipendenti pubblici (quelli più colpiti, ma anche quelli che fino al 2010 arrivavano a prendere 2mila euro al mese per un posto da donna delle pulizie al ministero delle Finanze). Invece ritardo dopo ritardo si arriva alle 21 e la clessidra continua a svuotarsi, come la piazza sventrata dalla violenza degli estremisti. Che dura poco, perché la polizia ha l’ordine di non essere brutale. Tsipras ieri sera in televisione lo aveva detto ai greci: ho fatto il meglio possibile. Stasera lo ripete ai suoi deputati, nell’ultimo confronto. “Ho esaurito tutte le capacità negoziali”. Se sapete fare di meglio, provateci voi: il messaggio è diretto anche a Varoufakis, che lo ha accusato di aver ceduto. Poi l’ultimo rilancio: “O stasera siamo uniti, o domani cade il governo di sinistra”.

Domani mattina i ministri delle Finanze dei 19 paesi euro si riuniranno in teleconferenza alle 10. Se entro questa sera il parlamento greco avra’ approvato il primo pacchetto di riforme, secondo quanto deciso lunedi’ scorso dai capi di Stato e di governo al termine del lunghissimo vertice Euro, potranno cosi’ avviare il processo che portera’ al terzo pacchetto di aiuti alla Grecia. Nella stessa occasione, e sempre nel caso che ci sia stato il via libera del parlamento di Atene alle 4 riforme previste dall’accordo di lunedi’, i ministri discuteranno anche del prestito ponte da 7 miliardi, che dovra’ pero’ essere discusso e approvato a maggioranza anche dai 9 paesi che non fanno parte della moneta unica. 

Questo via libera dovrebbe avvenire entro venerdi’ con una procedura scritta, che non richiede la riunione dei 28 ministri ma solo l’accordo degli “sherpa” del Comitato economico e finanziario. 

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