A Roma chiude il Nuovo cinema Aquila. Ennesimo strappo alla cultura

15 persone licenziate attendono risposte

ROMA – “Il 27 aprile 2015 il Comune di Roma ha notificato al consorzio Sol.Co la revoca della concessione del Nuovo Cinema Aquila. Con l’atto viene chiesto, entro e non oltre il 9 giugno 2015, lo sgombero della struttura, delle attrezzature necessarie allo svolgimento di tutte le attività e – più importante – quello del personale”. E’ quanto denuncia in una nota Fabio Meloni, direttore Nuovo Cinema Aquila.

Con tre anni di anticipo rispetto alla scadenza del regolare contratto di concessione, si chiede quindi un licenziamento in tronco, con il preavviso di un solo mese, dimostrando una mancanza totale di sensibilità. I lavoratori del cinema, non potendo accettare questo stato di cose, denunciano all’opinione pubblica quella che ritengono essere un’ingiustizia e creano una mobilitazione Tale mobilitazione avanza inoltre le seguenti richieste: la tutela e la continuità dei posti di lavoro; la conferma dei criteri presenti nel bando del 2004; la tutela dell’autonomia e dell’indipendenza politica della programmazione e delle attività svolte (così come è stato fino ad oggi); il riconoscimento pubblico da parte dell’amministrazione comunale del valore e della qualità delle attività realizzate durante questi sette anni.

L’Assessore alla Cultura Giovanna Marinelli risponde con una nota del 30 aprile 2015, all’interno della quale si apprende con entusiasmo che una delle richieste è stata accettata: l’Assessore dichiara infatti che il nuovo bando “ripercorrerà nelle sue linee quello precedente, a salvaguardia delle finalità socio culturali di un bene con queste caratteristiche” riservandolo così alle cooperative sociali.

“Nella stessa nota, però, – osserva Meloni – non è presente alcun riferimento alla tutela dei lavoratori e alla continuità della loro occupazione”.

Stupisce infatti che Roma Capitale non riconosca il lavoro che, durante questi anni, ha reso il Nuovo Cinema Aquila uno dei più grandi poli italiani del cinema indipendente. E’ davanti agli occhi di tutti, infatti, l’esclusività e la qualità della sua programmazione, la professionalità dello staff, l’elevato spessore culturale e sociale degli eventi realizzati e ospitati, il numero corposo degli incontri e dei dibattiti culturali (nel solo bimestre marzo-aprile in media ce n’è stato uno ogni tre giorni).

“Quale altra realtà legata al cinema fa questo in Italia soltanto con le proprie forze e senza alcun sostegno pubblico? Per questo – prosegue Meloni –  la parola “rilancio” utilizzata all’interno della stessa nota appare irrispettosa e preoccupante nei confronti dei lavoratori, nonché inutile: il cinema non ha bisogno di alcun rilancio, e questo è testimoniato dalla solidarietà che sta ricevendo in queste ore da migliaia di cittadini del quartiere e della città, nonché dagli esponenti del mondo del cinema e dello spettacolo di tutta Italia”.

Le oltre duemila firme raccolte nei soli primi due giorni ne sono infatti una prova. Le presunte irregolarità gestionali sollevate dal Dipartimento Cultura (che diventeranno reali solo se confermate dal Giudice Amministrativo) lasciano molte perplessità, pur non essendo diretta responsabilità dei lavoratori del cinema.

“Perché tali irregolarità vengono rilevate dal Dipartimento Cultura solo ora, avviando un procedimento irrevocabile e celere senza passare attraverso chiarimenti, diffide o valutazioni legali approfondite?”, si chiedono i lavoratori. 

“Se invece si trattasse solo di interpretazioni della normativa vigente eccessivamente forzate? In quest’ottica – conclude Meloni –  bisognerebbe ricordare che alcuni dirigenti di Roma Capitale nel 2004, in prima istanza, assegnarono il Nuovo Cinema Aquila ad un soggetto che non aveva i requisiti richiesti dal bando, così come poi venne confermato dal Tar e dal Consiglio di Stato. La maggior parte dei dirigenti che già all’epoca tentò quindi di assegnare il Nuovo Cinema Aquila senza il rispetto delle norme, oggi continua ad operare con ruoli di alto profilo e responsabilità amministrativa della cosa pubblica: perché chi sbaglia per conto della pubblica amministrazione resta a governare per questa città mentre chi subisce eventuali errori commessi dagli altri perde il proprio posto di lavoro senza alcuna tutela?”

Insomma questa vicenda lascia l’amaro in bocca e segna uno dei tanti epiloghi dell’amministrazione  capitolina, dove sempre più i processi culturali, qualunque essi siano, vengono cancellati dall’agenda politica. Nel frattempo le istituzioni non si sbilanciano, mentre i lavoratori attendono nell’abbandono totale.

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