Calcio. La storia di Marco Verratti, neppure il tempo per definirla una favola

Dalle falde della Majella ai piedi della Torre Eiffel

ROMA – Manoppello,  un paese di circa 7 mila abitanti, in provincia di Pescara,  ubicato alle falde della Majella, è noto per essere balzato  d’improvviso  alle cronache per una fulminea visita, riservata e personale, di Benedetto XVI,  nel settembre 2006,  al Santuario del Volto Santo dove è conservata un’ immagine di  un volto sofferente che  la tradizione farebbe  risalire al lenzuolo della Veronica.  Questo raid papale, durato  un paio d’ore,  aveva  segnato la storia di questa comunità, costituendo l’imprimatur  non solo per il santuario ma anche per il paese, entrambi aperti  a successive visite, a frotte,   di fedeli alla ricerca del volto di Dio,   di vescovi, cardinali  e pellegrini  da ogni parte del mondo al punto tale che, di recente, la regione Abruzzo ha deliberato  la costruzione di una nuova strada di collegamento che dalla Tiburtina sale  verso la collina manoppellese.

Non tutti i paesi sperduti hanno la fortuna di ricevere una visita papale ma qualcuno può avere anche la fortuna di allevare qualche personaggio  che, poi,  diventerà   famoso e salirà agli onori delle cronache non solo nazionali ma anche estere e   Manoppello è uno di questi.  Qui non è nato anagraficamente, solo perché l’ospedale più vicino era a Pescara, ma è vissuto e cresciuto Marco Verratti, giovanissimo calciatore, non ancora ventenne, acquistato senza battere ciglio dal Paris S. Germain per 12 milioni di euro con un contratto quinquennale superiore al milione di euro più i bonus.
                                                                                                          
Questo talentuoso artista del pallone (nel vero senso della parola) era calcisticamente cresciuto nelle giovanili del Pescara calcio per trovare la sua definitiva consacrazione nella compagine di Zeman, promossa in serie A, dopo aver entusiasmato tutti, proprio tutti, persino Prandelli che se l’era portato dritto nella nazionale maggiore, senza fargli far alcuna trafila.   Non era mai successo in precedenza che un giovanissimo finisse dritto in Nazionale,  proveniente dalla B senza aver fatto neppure una partita nella massima serie.                                                                                                                        
In verità, per l’intera estate Verratti aveva costituito il tormentone della Juventus che l’aveva prenotato, portando avanti una sofferta trattativa per un acquisto (valutazione globale otto milioni), però, solo in comproprietà, con l’intesa di lasciarlo maturare ancora per un anno nella squadra abruzzese, non ritenendolo ancora in grado di prendere il posto di Pirlo, né di crescere alle sue spalle.

Non è andata così perché Il Paris S. Germain, la società francese acquistata dallo sceicco Nasser Al Khelaifi, senza alcun tentennamento, né di carattere tecnico né economico, ha chiuso la trattativa in un baleno, trasferendo il ragazzo oltralpe. La squadra parigina, di proprietà araba ma con gestione tecnica ex milanista (Leonardo e Ancelotti) aveva continuato la grande razzia di campioni sul mercato italiano, rilevando esperti e affermati nomi sui palcoscenici internazionali quali Ibrahimovic, Thiago Silva, Lavezzi e in precedenza Pastore, Menez e Sirigu.                                                                     
                                                                                         
L’investimento globale dello sceicco (patrimonio familiare, al di là delle divise, comunque ultramiliardario) è risultato non inferiore a 250 milioni di euro per ridare fasto calcistico alla capitale francese, assente dalla Champions  League da otto anni.
Enrico IV di Borbone,  quando fu costretto a convertirsi al cattolicesimo per il trono francese,  affermò che “Parigi val bene una messa”, figuriamoci se ora non ci si va per motivi economici.
                                  
I campionati calcistici nei paesi ricchi di petrodollari sono ancora ben poca cosa rispetto a quelli dei principali stati europei e allora i favolosi sceicchi hanno ben pensato di andare a seminare le loro ricchezze proprio laddove la moneta calcistica scarseggia e i club sono tutti o quasi in forte deficit ma i campioni non mancano e le tifoserie impazzano .
In questo contesto d’ingenti risorse economiche, perché meravigliarsi se, dopo Ibra e Thiago Silva pagati ben 67 milioni cash (più contratti pluriennali rispettivamente di 24 e 12 milioni lordi) un ancora anonimo giovincello come Marco Verratti si spendono 12 milioni ?
In Italia, un’operazione del genere con la crisi economica in essere non solo nel mondo del calcio, sarebbe stata doppiamente impensabile anche perché nessuna grande squadra si sarebbe sognata di affidare la regia del gioco a un giovane sicuramente imberbe, ma non imbelle.

Dopo poche settimane, non si parla più di una “bella favola” per Verratti ma di pura, autentica, realtà perché il baldo giovanotto si è rapidamente inserito nella squadra, diventando il punto di riferimento, il fulcro, il direttore d’orchestra che da il là a tutte le azioni per uno dei più grandi giocatori al mondo, quell’Ibrahimovic, che col suo caratteraccio da despota impunito, vuole tutti i compagni a suo servizio per mettere ai suoi piedi gli avversari di turno.  E Verratti lo ha subito conquistato e accontentato al punto tale che quasi quotidianamente Ibra lo decanta.  I tifosi parigini sono piacevolmente allibiti, e, intanto, grazie alle prime partite di Champions, cominciano a conoscere Marco Verratti anche in altri paesi europei.           In Italia, invidiosi come siamo, forse, tranne i tifosi del Pescara, tutti pensavamo che Verratti avrebbe pagato lo scotto dell’inesperienza, in mezzo a tante star, che, nel migliore dei casi, avrebbe fatto solo panchina e qualche spezzone di partita, in attesa di fare esperienza e, magari, a tentativo fallito, sarebbe rientrato alla base.

Non è andata e, a quanto pare, non andrà così.  Verratti in Italia ci torna solo per congiungersi con la nazionale di Prandelli e qualcuno già lo ipotizza come prossimo sostituto di Pirlo… Lui stesso, con la modestia che lo contraddistingue, si è dichiarato sorpreso per questo fulmineo inserimento nello squadrone parigino prima e nella nazionale poi. Per lui si sono mossi i due maggiori quotidiani sportivi europei: in Francia “L’Equipe”, nelle prime 5 partite lo ha gratificato con un voto medio di 8 mentre in Italia “La Gazzetta dello Sport” gli ha dedicato un mega servizio con  l’intera prima pagina e altre tre all’interno.

E ora, scontate e prevedibili, ecco le recriminazioni nostrane: perché un campioncino alla Messi ha dovuto emigrare? Perché nessuna squadra italiana, esclusa la Juve, aveva percepito il suo reale valore? Probabilmente le eccezionali qualità di Verratti erano state comprese da tutti ma costavano troppo  in funzione di un investimento su di un giovane proveniente dalla serie B, seppure con referenze d’oro.

Verratti, anche a Parigi si sta confermando il bravo ragazzo di paese, sempre affettuosamente legato alle sue origini e alla squadra che l’ha lanciato, al punto tale che ha voluto cambiare casa perché nella prima sistemazione l’antenna parabolica non aveva il campo necessario per captare bene il digitale terrestre italiano che gli consentisse di seguire le partite del “suo” Pescara e delle altre serie inferiori.

Parigi, si sa, è sempre Parigi…. ma, per Verratti, se avesse il mare, sarebbe una piccola Pescara; purtroppo, almeno in questo, si deve accontentare della Senna e non è proprio la stessa cosa.       
                                                                                                           

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