Champions League. Fc Copenaghen vuole discriminare il tifo non autoctono

COPENAGHEN – Real Madrid, Galatasaray e Juve solo per danesi doc. O meglio, per tifosi il cui cognome suoni come danese. E’ la polemica che sta impazzando in Danimarca, dove la squadra locale dell’Fc Copenaghen si accinge ad ospitare per i match casalinghi di Champions League contro le tre squadre mediterranee.

Secondo quanto trapela dal club nordico, infatti, circa 2mila biglietti sui 35 mila venduti per i tre attesissimi match sono stati “congelati”. Il motivo è semplice: i cognomi dei titolari sarebbero troppo “esotici”. Il sospetto è che i tifosi spagnoli, turchi e italiani si siano fatti acquistare da amici residenti in terra danese i biglietti per la gara della massima competizione europea, sottraendola, di fatto, al tifo autoctono.

L’ufficio stampa dell’FC Copenhaghen si è difeso tirando in ballo le regole Uefa: “La normativa prevede che i tifosi delle squadre ospiti acquistino dalle proprie società il biglietto per la trasferta e che nessun tifoso della squadra avversaria possa accedere alle zone ‘neutrali’ dello stadio”.

Per inquadrare bene la questione è necessario sottolineare che non è il numero di biglietti che in ogni match ogni club destina al club avversario ad esser messo al setaccio. Quanto piuttosto le zone neutre, che normalmente sono destinate ai simpatizzanti e al tifo non organizzato. In questi settori sarebbero stati avvisatati troppi cognomi mediterranei “con inevitabile rischio per la sicurezza” che potrebbe nascere dalla mescolanza delle tifoserie locali con le ospiti, come ha dichiarato il direttore generale del club Daniel Rommedahl, che poi ha aggiunto che “si aspettava critiche alla decisione”.

La stampa locale ha però fatto notare come questo atto restrittivo (non ancora definitivo in quanto gli acquisti effettuati non sono stati ancora annullati definitivamente) sia lesivo per tutti i tifosi immigrati del club capitolino che abbiano manifestato la volontà di assistere al match. Jens Bertel Rasmussen, un avvocato danese molto conosciuto per quanto concerne l’impegno nel campo dei diritti civili ha definito l’azione del club non possa essere macchiata da “discriminazione in base a nome, sesso, nazionalità e religione dei tifosi, anche in una partita di calcio che è un evento privato”. 

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