Milan: Allegri, esonerato, paga per tutti. Anche per Berlusconi e C

Tanto tuonò….. 

Dopo la disfatta col Sassuolo ecco, fulmineo e puntuale, l’esonero di Allegri:  per certi versi,  verrebbe da aggiungere “finalmente !”, perché non se ne poteva più di quest’avvilente altalena. 

Non s’era mai visto un allenatore, prima ancora che il campionato cominciasse, ripetutamente sfiduciato dal suo presidente, a più riprese,  in tutte le forme e occasioni possibili, addirittura con tanto di indicazione del nome del suo successore.  Dalla scorsa estate era in corso questo deprimente spettacolo condotto, alla sua maniera,  da Berlusconi al quale hanno dato deleteria e indiretta collaborazione la figlia Barbara e il fido Galliani. 

Le colpe di Allegri                                                                                                                                                       

Allegri è stato il classico capro espiatorio, non solo per volontà altrui ma anche propria. Prima di tutto perché, (stoicamente ? ingenuamente ? furbescamente ?)  ha resistito per mesi agli attacchi della famiglia berlusconiana la quale bramava le sue dimissioni forse per risparmiare il residuo contrattuale previsto.   Il livornese ha tenuto duro, riuscendo a portare a termine la qualificazione in Champions, in maniera brutta,  sofferta e stiracchiata, e   questo, se non altro, ha permesso a lui e a Galliani di  compensare l’andamento costantemente disastroso in campionato, nel quale  vincere qualche partita è diventata un’impresa d’altri tempi. Solo quando l’ombra di Seedorf  si  è fatta  non più ingombrante ma preponderante (incontri dello stesso con Berlusca e Galliani), la settimana scorsa, Allegri ha ufficialmente condiviso l’idea che a giugno comunque non sarebbe stato più l’allenatore del Milan, quando, forse, la grigia atmosfera imperante avrebbe imposto un rigoroso silenzio, se non altro, per non autosfiduciarsi  nei confronti della squadra.   Altro errore pubblico di Allegri è stato quello d’aver accettato e condiviso la campagna acquisti al risparmio (solo scambi,  prestiti e giocatori in scadenza di contratto) la scorsa estate, puntando, anche lui analogamente alla famiglia Berlusconi, mediaticamente, sulla presenza di Balotelli, rivelatosi, poi, non la panacea di tutti i mali ma l’origine di tanti malanni.  Assurdo e incomprensibile, poi, far acquistare Matri per tenerlo costantemente in panchina. Al di là dei numerosi infortuni (mai chiariti), Allegri non ha mai neppure abbozzato una formazione titolare, continuando a fare girandole con i giocatori disponibili, senza fornire  alcuna motivazione per le mediocrità  che andavano in campo e per i loro potenziali sostituti relegati in panchina      Ultimi esempi: Saponara, un giovane proveniente dalla B, viene fatto sorprendentemente esordire nel derby e , poi, scompare;  Pazzini, l’unico vero centravanti, ad un mese dal rientro per infortunio,  ha continuato a fare panchina;  Rami, aggregato a novembre, il tanto desiderato difensore che mancava, col Sassuolo è rimasto in panca ad ammirare le diavolerie di Berardi, marcato da un uomo di fascia anziché da un difensore puro (sic !) coi risultati che sappiamo.   Allegri, dunque,  aveva perso la bussola e non era più in grado di dirigere l’orchestra ma, se non si aveva fiducia in lui,  bisognava esonerarlo anziché rinnovargli il contratto, due anni fa. L’esonero ci stava ma, ora, paga anche colpe non sue e questo fa comodo agli altri.   

Le colpe di Galliani                                                                                                                                     

A Galliani, persona calcisticamente competente, esperta, furba, che ogni società vorrebbe avere,  imputiamo una sola colpa, dalla quale, ne derivano a cascata tante altre, ovvie e conseguenti: la piena e totale subordinazione a Berlusconi, quale fiduciario esecutore, adeguato ai voleri e al portafoglio di sua maestà Silvio. Personalmente ha sbagliato a difendere Allegri quando non era più difendibile e di questo ne dovrebbe trarre le conseguenze anche lui,  ma…. figuriamoci se lo fa.   Poi, aveva ancora di più sbagliato quando, urbi et orbi, aveva dichiarato il suo addio al Milan per colpa di Barbara per fare subito marcia indietro dinnanzi a re Silvio.   Forse anche lui ha fatto il suo tempo (molto bello,  ma, da un pò, tendente al brutto) tutti l’hanno capito  ma nessuno lo dice,  tranne Barbara che continua a parlare alla suocera perché nuora intenda….   

Gli errori di Barbara                                                                                                                              

Tralasciamo di mettere il coltello nei dettagli della piaga Pato perché sarebbe troppo facile, ma, non si può fare a meno di ricordare che la ragazza, con il suo comportamento,  ha sicuramente, all’epoca, influito sulle vicende societarie, facendo rimediare a Galliani e al Milan una figuraccia mondiale sul mancato acquisto di Tevez. Ora continua a richiedere cambiamenti ma i cambiamenti, nel calcio, si fanno,   sì, con nuovi personaggi ma anche con capitali freschi, non acquistando giocatori, vecchi, logori o polemici, in prestito, continuando a ripetere che, se prima non si vende,  non si può comprare…..Maldini, Inzaghi, Seedorf ecc. potrebbero pure costituire il “nuovo” ma anche questi vecchi campioni non sarebbero mai in grado di mettere su una squadra senza adeguati investimenti. “Senza soldi il muto non canta”, è bene dirlo alla signora Berlusconi, affinché lo riferisca a suo padre. 

Dopo tanti errori, Berlusconi o lascia o ricapitalizza                                                                                                                         

Nella vicenda Milan, il protagonista principale è stato e rimane lui, Silvio Berlusconi. Per descrivere la sua influenza negativa propinata negli ultimi due anni ci vorrebbero giorni interi e non basterebbero ad elencare le berlusconate commesse dal patron della società più titolata al mondo (per indiscutibile merito suo). Anziché elencare i suoi errori o le sue colpe,  è preferibile guardare avanti e osservare la sua figura in prospettiva milanista futura.   

Nella tragica situazione rossonera, Silvio Berlusconi continua a non comprendere che, anche nel calcio, come in politica, per lui, è arrivato il momento di farsi da parte. Grondante di trionfi e allori passati, il popolo rossonero gli è sommamente grato per quanto da lui fatto per il Milan,  ma non si può continuare a vivere di ricordi.  Tutti sanno che i figli di primo letto di Berlusconi, Marina e Piersilvio, non vogliono più dissanguare le casse familiari per coprire le perdite del Diavolo ed, allora, in nome del futuro fairplay  finanziario, è arrivato l’alt a papà Silvio.  In questo contesto di crisi, per Berlusconi s’impone una scelta:  considerato che il Milan, se non adeguatamente ricapitalizzato,  per tradizione e storia calcistica, cittadina e italiana, non può declassarsi a provinciale (come, purtroppo, sul campo, sta già facendo),  bisognerà valutare la possibilità di cederne la proprietà. Berlusconi è alle soglie degli 80 anni, già in politica, legalmente estromesso dal Senato, ha rimediato una figuraccia colossale: perché bissare, mantenendo “questa”  proprietà del Milan, quando potrebbe metterlo in vendita, senza problemi di trovare acquirenti ?  E’ a tutti nota la sua passionaccia per i colori rossoneri ma, forse,  è arrivato il momento di ritornare a fare il semplice tifoso, perché, a differenza degli anni passati,  il Milan non gli servirebbe, comunque,  più, quale cartina di tornasole politica.  Appartengono ai ricordi i comizi nei quali i suoi fans di Forza Italia gridavano “Silvio, compraci Ronaldinho !” e lui, prima dal palco prometteva, e poi in società,  provvedeva….. 

Pure un cieco e un incompetente di calcio capirebbero che la precaria situazione del Milan squadra deriva principalmente da problemi societari (economici innanzitutto, di governance, di proprietà)  che da oltre un anno si sono riflessi sul campo. La crisi del Milan ha coinciso con quella di Berlusconi, il quale, però,  rimane l’unico in grado di risollevare la situazione:  o passa la mano, andandosene,  oppure rimette mano al portafoglio riprendendo ad investire. Ulteriori vie di uscite o mezze misure sarebbero solo pannicelli caldi che difficilmente basterebbero a risanare una società malata, assai lontana dal poter competere non tanto con i colossi europei, distanti anni luce,  ma neppure con le prime del campionato italiano,  avvantaggiate di decine di punti, non solo in classifica ma anche con  nuove organizzazioni societarie.      

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