Maratona. Mi sono liberato del cronometro ed ho corso con la sola voglia di arrivare

ROMA – A volte si viene rapiti, catturati dalla corsa, ti prende, diventa parte integrante di te, un tutt’uno con te, così pare sia successo a Fausto Parigi che ci spiega come uno sport competitivo si è trasformato in un’attività meditativa e di ricerca.

Cosa significa per te essere ultramaratoneta?  “Sei ultramaratoneta quando la tua corsa trascende lo spazio ed il tempo diventando una parte di te”.

Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?  “Dopo 2 anni di distanze olimpiche vissute in maniera maniacale alla ricerca di riscontri cronometrici… facendo il passatore ho vissuto una crisi …. In dubbio se mollare mi sono liberato del cronometro ed ho corso con la sola voglia di arrivare, per me è stata una scoperta.” Mi viene in mente San rancesco che si spoglia del saio e decide di vivere senza indumenti, senza niente, acontatto con la natura, degli animali, di se stesso, così pare sia successo a Fausto, ad un certo punto della sua carriera podistica si toglie l’orologio e non gli importa più di tempi e cflassifiche, ma gli importa solo di correre sempre di più, sempre più a lungo.

Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “Il piacere di confrontarmi con i miei limiti, la possibilità di raggiungere traguardi insperati, un pizzico di narcisismo dato dal fatto di fare cose che i più ritengono follia perché nell’ultra la testa conta più delle gambe.”

Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Ho sempre pensato ed ho la consapevolezza che per essere ultra devi avere il supporto del fisico. Prima o poi non potrò più esserlo, forse già domani ma come spirito lo sarò per sempre.” Non si vuol smettere di essere ultramaratoneta, ma Fausto sa che prima o poi tocca fare i conti con l’età, ma lo spirtio resta sempre.

Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Ho avuto vari infortuni ed ogni volta hai sempre il dubbio di non recuperare.” Gli infortuni sono dietro l’angolo, ma si sa che poi tutto passa, un opportuno riposo, cura e riabilitazione e lentamente si riprende gradualmente a riprendere le corse di lunga distanza.

Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta? “Ogni volta che concludo una gara aumenta la mia autostima”. Il motore per tanti per continuare a correre e portare a termine gare lunghe e difficili che ti fanno stare sulle gambe per tante ore è poi la prova di essere riuscito anche questa volta e ciò aumnta l’autoefficacia individuale percepita e ti da una forza per affrontare la vita quotidiana ed un benessere personale.

Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “Si e ritengo meglio non rischiare di oltrepassarlo. La mente sublima gli input della periferia e puoi tranquillamente arrivare a danni irreparabili. Ad un mio amico un medico una volta ha detto: tu non ti sei allenato per l’utramaratona, ma per sopravvivere all’ultramaratona.” Prepararsi all’ultramaratona significa prepararsi a superare condizioni estreme, e la mente fa in modo che il fisico si adatta a tutto ma il rischio è che la mente ti nasconda o non ascolti i messaggi del dolore che ti comunica ed allora vai avanti senza considerare le condizioni estreme che sopporta il fisico ed a volte queste condizioni superano il limite, quindi è importante trovatr un equilibrio tra i messaggi del corpo e la forza della mente.

Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme?  “La capacità di vivere un delirio lucido cosa che in definitiva è una gara di ultramaratona. Il piacere di soffrire.” Come detto prima non si tratta solo di sport muscolare ma di sport di testa, quindi un equilibrio tra lucidità e quasi derealizzazione, da una parte essere lucidi rispetto a quello che si fa, ma dall’altra parte a volte per non essere fermati da crisisolo mentali bisogna mettere da parte la razionalità ed andare avanti come in uno stato di depersonalizzazione, derealizzazione, come se si stesse andando avanti in u nsogno, per accorgersi più tardi di quelloche si è fatto, di dove si è arrivati, quasi meravigliandosi di quello che si è fatto.

Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? “Onestamente…. La prossima.” In effetti si idecide di fare una gara che sembra impossibile, ma poi una volta portata a termine, ci si rende conto che si è stati bravi ed anche stavolta ci si è riusciti. Quindi la gara più estrema è la prossima perché non si è ancora fatta.

Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine? “Se ci sono riusciti altri… allora ce la posso fare anche io…. In realtà gli ultratrail non mi piacciono e mi fanno paura.” C’è una gara estremi che non faresti mai? “Ultratrail appunto soprattutto se corso la notte.” Ci si relaziona sempre agli altri, si vuole sempre provare a fare quello che hanno fatto gli altri, ma ognuno sa di essere portato per alcuni condizioni di gare particolari tipo il percorso, il circuito, le condizioni atmosferiche. Nel caso di Fausto il trail per ora non è per lui, preferisce avere sotto di se un terreno più stabile.

Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?  “A noi le cose facili non piacciono la soddisfazione è riuscire a fare qualcosa di nuovo.”

Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme? “Paura e rassegnazione. Se non ce la fai fermati.” I famigliari sanno che c’è un limite e quindi suggeriscono di fare attenzione alle proprie possibilità.

Che significa per te partecipare ad una gara estrema? “Metterci anima e corpo per finirla.”

Ti va di raccontare un aneddoto? “Durante la mia unica partecipazione ai mondiali dopo 13 ore di gara è calato il buio. Non più forza nelle gambe, mente vuota. Ha iniziato a piovere e grandinare… volevo ritirarmi ma ho continuato ad andare avanti perché ero ai mondiali e perché sarebbe stata la mia ultima gara. Il giro era di circa 2300m più si andava avanti e più impiegavo a finirlo. Mancava un ora al termine e passando davanti allo stend dell Italia ho detto: io quasi quasi mi fermo qui, tanto un altro giro non riesco a concluderlo. Uno mi ha risposto ‘sei ai mondiali anche un metro conta’ a quel punto mi sono detto… Fausto conviene che provi a correre… credimi ho fatto ancora 4 gir di cui due i più veloci della mia gara e visto la fine della corsa i più veloci tra i concorrenti ancora in pista…. Il potere della mente quei due giri mi hanno idotto a continuare a correre. 6 mesi dopo ho vinto la mia prima 24h.” Le crisi si possono superare, lo racconta Fausto, se c’è qualcuno che ti sostiene, che ti dice una parola giusta, riesci a staccarti dal corpo ed a fare un salto avanti con la forza della mente, indossare la maglia azzurra è anche una bella responsabilità ed un’occasione che può essere unica, poi una volta superata la crisi si diventa più resilienti, hai sperimentato di saper fare, incrementi anche l’autoefficacia e come dimostra Fausto si pronto per far meglio e, quindi, vincere anche una gara importante.

Ed ora Fausto rincorre il suo sogno. Hai un sogno nel cassetto?  “Record italiano nella 6 giorni.”

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