Europei di calcio. La vittoria dei panzer dolci

E così la solita Germania, solida, combattiva, coesa e capace come poche altre squadre di fare fronte comune nei momenti decisivi, si è portata a casa il secondo Europeo Under 21 della sua storia, battendo 1 a 0 in finale la strabiliante Spagna degli Asensio, dei Saúl e dei Bellerín.

Una Spagna che ha giocato benissimo, dato spettacolo, sbaragliato ogni avversario, compresa, ahinoi, la pur valida Italia di Di Biagio, ma che in finale si è dovuta arrendere ai panzer dolci e multietnici della nuova Germania (gol di Weiser).

Basti pensare, infatti, che nel 2000, quando la maggior parte dei campioni di ieri sera andava ancora all’asilo, i tedeschi di nonno Matthäus, reduci dal vittorioso Europeo inglese di quattro anni prima, vennero eliminati al primo turno, mettendo insieme un solo, misero punto e subendo un’ignominiosa sconfitta, nell’ultima sfida del girone, contro il Portogallo rivelazione del torneo.

Da allora, un po’ come in politica, sull’altra sponda del Reno è cambiato tutto: programmazione, vivai, partecipazione attiva della Federazione, investimenti mirati a far crescere e maturare i migliori talenti, lancio in prima squadra, e in squadre di tutto rispetto, dei medesimi fin da giovanissimi e un lavoro corale di tutte le rappresentanze nazionali, con il risultato di un Mondiale vinto in Brasile, di un secondo e di due terzi posti, oltre ad un ritorno in auge della Bundesliga e alla costante presenza dei club tedeschi ai vertici delle competizioni internazionali.

Una macchina perfetta, dunque, figlia dell’organizzazione teutonica, di una capacità programmatica senza eguali e di una tenacia davvero ammirevole: così si è rilanciato un movimento calcistico che, dopo aver dominato per decenni, sembrava essersi improvvisamente appannato. 

La giovane Roja barcellonista e madridista, coi suoi ricami, la sua bellezza senza pari, la sua classe, il suo talento, i suoi fraseggi e i suoi finissimi palleggiatori, ha pagato invece il suo essere talvolta eccessivamente cicala, il suo specchiarsi troppo nella propria meraviglia, la sua scarsa concretezza sotto porta e la sua incapacità di ribattere colpo su colpo al cospetto di un avversario quadrato e che non ha concesso nulla ai Goya e ai Picasso iberici, intenti a rimirare l’eleganza della propria tela anziché finalizzare le occasioni da gol che pure hanno avuto copiose.

Se consideriamo poi che la Nazionale maggiore tedesca ha appena conquistato la Confederations Cup in Russia, che il Bayern Monaco è stato eliminato ai quarti di finale di Champions dal Real al termine di una partita scandalosa e che la maggior parte delle società di quel paese gode di bilanci floridi e in ordine, siamo di fronte ad uno scenario anni Settanta, con l’egemonia sportiva nordica contrapposta alla purezza e al bel gioco dei cultori del calcio latino. 

E poiché le due grandi di Spagna sono ormai delle vere e proprie multinazionali, che acquistano un giocatore solo se è un fenomeno, senza preoccuparsi più di tanto della sua nazionalità, non è assurdo ipotizzare che, almeno a livello di Nazionale, la Germania sia destinata ad avere la meglio. Per tutti noi è una lezione da comprendere alla svelta.

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