Un campionato all’insegna dell’equilibrio e dell’incertezza

Sarebbe opportuno che tanto una parte dei commentatori quanto una parte dei tifosi, a cominciare da quelli juventini, si levasse dalla mente la balzana idea secondo cui lo scudetto si vince ad agosto perché si tratta di una solenne fesseria. 

Calma e gesso, per favore: il Milan non è diventato il Real Madrid solo perché ha compiuto una campagna acquisti oggettivamente notevole e la Juventus non è diventata Ocopoli solo perché è stata più sobria e moderata nell’individuare gli obiettivi su cui puntare per rinforzare seriamente una rosa reduce non da una serie di annate disastrose o quasi, come nel caso del Milan, ma da sei scudetti e tre Coppe Italia consecutivi, con due finali di Champions League raggiunte in tre anni e perse contro le due corazzate di Spagna. 

D’accordo, la Juve non è ancora ai livelli del magno Real zidaniano e del Barcellona dei tempi d’oro di Guardiola e del primo Luis Enrique: lasciamo, tuttavia, che sia la Champions a stabilirlo, possibilmente a marzo-aprile e non a settembre.

Alle nostre latitudini, intanto, è innegabile che i bianconeri siano ancora la squadra da battere, seguiti a ruota dal Napoli di Sarri, il cui gioco è senza dubbio uno dei più belli ed efficaci d’Europa, e dall’Inter del sergente Spalletti: un antipatico mai visto ma anche uno dei migliori tecnici in circolazione, capace di mettere ordine persino in un ambiente sconclusionato e tendenzialmente anarchico come quello nerazzurro, oltretutto reduce da una stagione di tregenda.

Quanto al Milan di Montella, potrà senz’altro recitare un ruolo da protagonista ma, personalmente, lo vedo ancora alle spalle delle tre formazioni summenzionate, anche perché i nuovi acquisti si dovranno integrare e le amichevoli estive, al pari delle avversarie affrontate e sanamente disintegrate nei primi turni di Europa League, non costituiscono un banco di prova attendibile. 

Stesso discorso per Roma e Lazio: i giallorossi sono più deboli rispetto all’anno scorso, con un Totti in meno e senza più le folate offensive di Salah; fatto sta che Di Francesco è un allenatore emergente, conosce bene l’ambiente giallorosso e non è detto che non possa compiere qualche piccolo miracolo. 

Miracolo che in casa Lazio ha assunto, da due anni, le sembianze di Simone Inzaghi: un tempo considerato il fratello minore di Pippo ma oggi al centro di un progetto nel quale crede e di una società che, dopo aver tentato il suicidio cercando di affidarsi a Bielsa, si è fortunatamente convinta di avere in casa un valore aggiunto di cui poche squadre dispongono. Non è da escludere che in panchina, fra i due fratelli Inzaghi, i ruoli alla lunga possano invertirsi.

Atalanta, Fiorentina e Torino si disputeranno il residuo posto in Europa League, con i granata leggermente più attrezzati rispetto alle altre due compagini, gli orobici chiamati a confermarsi dopo una stagione strepitosa e i viola che ripartono da Pioli, ossia da un allenatore pragmatico che sa cosa vuole e come ottenerlo e che se ha fallito all’Inter, è solo perché l’anno scorso all’Inter avrebbero fallito anche Herrera e Mourinho. 

Cagliari, Genoa, Chievo, Sassuolo, Udinese, Sampdoria e Bologna dovrebbero vivere un campionato anonimo ma tranquillo, con annessa salvezza senza patemi d’animo. 

Verona, Spal, Crotone e Benevento dovrebbero lottare per rimanere in Serie A, con l’auspicio che a quella magnifica persona di Nicola riesca un capolavoro simile a quello che ci ha emozionato lo scorso anno e ben coscienti del fatto che il ritorno in Paradiso della compagine ferrarese e di quella scaligera e la prima volta dei sanniti costituiscano un valore aggiunto per un torneo che nelle ultime edizioni è stato accusato, non sempre a torto, di essere un tantino noioso. 

Quest’anno, invece, l’equilibrio e l’incertezza la faranno da padroni, augurandoci che la Nazionale di Ventura conquisti la qualificazione ai Mondiali di Russia e che quest’obiettivo rappresenti uno stimolo in più per i tanti talenti italiani che innerveranno una competizione che si preannuncia comunque serrata e di grandissimo spessore. 

Nella stagione degli sceicchi e delle follie milionarie dei vari paperoni che egemonizzano da anni gli altri campionati, non è detto che il nostro, solo perché meno ricco, debba essere per forza più scadente. 

E se i campioni ce li avessimo in casa e non ce ne fossimo mai accorti? Sta a loro stupirci e mettere in difficoltà un Ventura che potrebbe persino andare incontro a qualche problema d’abbondanza.

P.S. Compie oggi sessant’anni Cesare Prandelli. Nonostante l’avventura azzurra si sia conclusa nel peggiore dei modi, era e resta uno dei personaggi di cui il calcio non può fare assolutamente a meno. A lui la nostra stima e i nostri migliori auguri.

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