Bortoluzzi e Liedholm: la poesia delle nostre domeniche

Quanta tristezza in questo calcio contemporaneo, ora che le pay-tv la fanno da padrone e non c’è più alcuno spazio per l’immaginazione di quel racconto esaltante che proveniva dai vecchi apparecchi radiofonici!

E che senso di malinconia e di vuoto senza due protagonisti di questo grande romanzo popolare che è il calcio, icone di una miriade di domeniche, di non si sa quanti racconti, di storie e di aneddoti che rendevano, ogni volta, la cronaca magia e l’analisi delle partite epica. 

Quanta bellezza in quello stadio di San Siro che si alza in piedi ad applaudire perché il barone svedese Nils Liedholm, dopo non si sa quanti anni consecutivi di passaggi eseguiti col compasso, ne sbaglia finalmente uno, dimostrando di essere umano anche lui!

Quanta poesia in quel “Tutto il calcio minuto per minuto” in cui Roberto Bortoluzzi, dalla sede RAI di Milano, scandiva come un metronomo gli interventi dei colleghi inviati negli stadi, gestendo con l’abilità di un grande regista del centrocampo la classe istituzionale di Ameri, la sapida irruenza trilussiana di Ciotti, la saggezza di Provenzali, la competenza di Foglianese e le caratteristiche, tutte peculiari e tutte degne di menzione, di tanti altri cantori che si alternavano alla stregua di aedi moderni per narrare le gesta di un’Iliade senza morti, al massimo qualche ferito!

Era battaglia, quel calcio, era un’arena per uomini veri, era illusione e speranza al tempo stesso, era voglia di rinascere, era una pausa ironica e felice dopo le fatiche della settimana, un’oasi incontaminata, un momento di stacco di quelli che oggi, nella frenesia dei tempi moderni, peraltro assai simili a quelli descritti già ottant’anni fa dal genio di Chaplin, non siamo più in grado di concederci. 

Se ne andarono dieci anni fa, lo stesso giorno, pochi mesi dopo la scomparsa di un altro rapsodo di vicende sportive come Giorgio Tosatti, ritrovandosi lassù, a percorrere nuove praterie, a vergare nuovi editoriali o, più semplicemente, a cedere la parola ad un Ciotti o a un Ameri, anche loro impegnati a proseguire in trasferta il racconto di un’emozione che, nell’informe spezzatino contemporaneo con cui siamo costretti a fare i conti noi terrestri, purtroppo non esiste più.

Condividi sui social

Articoli correlati