Scontri finale Coppa Italia: com’è andata veramente?

ROMA: Le ultime notizie sul caso degli scontri avvenuti prima della finale di Coppa Italia Napoli – Fiorentina rendono noto che la Procura, dopo aver ascoltato i testimoni, è convinta che insieme a Daniele De Santis erano presenti almeno altre quattro persone, con il casco in testa, quando è avvenuto l’agguato con lancio di petardi contro un pullman di tifosi del Napoli e che al primo accenno di reazione dei napoletani, questi sarebbero scappati nella direzione opposta a De Santis che, raggiunto da un primo gruppo di tifosi napoletani, avrebbe fatto fuoco quattro volte.

Gli inquirenti della procura di Roma dispongono una consulenza balistica per ricostruire le distanze tra De Santis e i tre napoletani feriti, per stabilire se questi abbiano effettivamente preso parte al pestaggio. Intanto Giorgio Napolitano incontra gli allievi di formazione della Polizia di Stato nel 162esimo anniversario della sua costituzione e esorta all’intransigenza assoluta verso chi mostra comportamenti violenti. 

Daniele De Santis afferma: ” Non ho sparato, io non ho fatto niente. Non sono in condizioni di spiegare quanto avvenuto, sto male.”. E’ accusato di tentato omicidio.
Ciro Esposito, il ragazzo ferito in modo più grave, è stato considerato libero: la procura aveva chiesto per lui e gli altri due tifosi feriti gli arresti domiciliari. La richiesta è stata respinta dal gip, insieme alla possibilità di piantonamento del giovane in ospedale, senza quindi alcuna limitazione per i familiari. Per gli altri due ragazzi invece, sono previste misure cautelari come l’obbligo di firma, a questo proposito, Alfonso Esposito, uno dei feriti, ha raccontato di non aver visto in faccia l’aggressore ma solo di essersi reso conto che i colpi sono stati sparati da qualcuno nascosto dietro una siepe.
Il capo ultrà Gennaro De Tommaso, ormai noto come Genny ‘a carogna, insieme al tifoso Massimiliano Mantice, è indagato per violazione della legge sullo “scavalcamento e invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive” e per violazione delle norme su “striscioni o cartelli incitanti la violenza o recanti ingiurie o minacce” per la maglietta “Speziale libero” (il ragazzo condannato, ma dichiaratosi innocente, per l’omicidio dell’ispettore Raciti, durante gli scontri avvenuti in occasione del derby Catania – Palermo, nel febbraio 2007). Misure adottate: divieto di accedere a manifestazioni sportive per cinque e tre anni ai due tifosi napoletani.
E’ stato inoltre deciso di far giocare a porte chiuse il Napoli per due turni e per uno la Fiorentina, i quali tifosi sono stati quasi da subito giudicati estranei ai fatti accaduti.
Al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha fatto appello uno degli zii di Ciro, Vincenzo Esposito, che a nome dei familiari ha chiesto le dimissioni del questore di Roma “per le ricostruzioni false dell’accaduto che sono state diffuse dalle forze dell’ordine e per le defaillances nella gestione dell’ordine pubblico”.
Questi gli ultimi aggiornamenti riportati fedelmente, così come sono stati resi noti.

Ricostruzioni false dell’accaduto e inefficace gestione dell’ordine pubblico. Disinformazione e dubbie versioni di come è andata veramente. Dinamica degli eventi ancora sconosciuta. Ragazzi feriti, accuse di tentato omicidio, divieti d’accesso agli stadi, presunti razzismi territoriali, presunti accordi tra capi ultras e dirigenti delle forze dell’ordine. Un ciclone che ha travolto tutti.


“Quello che è successo è grave.” Ma cosa è successo davvero?
Illuso è chi pensa che presto si arriverà a una conclusione. Sembra assurdo ma in casi come questo, quando la chiarezza e la nitidezza delle informazioni è così lontana dall’essere giudicata tale, non si può fare a meno di pensare a quanto l’informazione venga manipolata: i fatti vengono raccontati in modo sempre diverso, le versioni cambiano troppe volte e alla fine si trova il colpevole (o forse solo un capro espiatorio?).
Non vuole essere questa un’accusa qualunque, ma una constatazione di fatto ed è la storia a fare da testimone: il caso di Stefano Cucchi in carcere, di Carlo Giuliani durante il G8 di Genova e, andando a ritroso, la scomparsa di Emanuela Orlandi, la strage di Bologna, la strage di Piazza Fontana. Questi sono solo alcuni esempi, solo alcuni episodi che hanno pesato sulla giustizia italiana, allora come oggi, solo alcuni dei fatti di cronaca mai risolti o che si è finto di risolvere. Non c’è mai giustizia, non c’è verità, non c’è certezza.
La sicurezza negli stadi è un problema che il nostro Bel Paese deve risolvere è vero, come deve risolvere anche quello della crisi, della disoccupazione giovanile, dell’immigrazione, il debito pubblico e il degrado a cui dobbiamo far fronte. L’attenzione dell’opinione pubblica però viene “magicamente” spostata su un unico episodio e su poche persone: lo dimostrano lo sdegno verso De Santis e Genny ‘a carogna. E “magicamente” gli italiani ne sono stati investiti. Come succede sempre. Viene così dato il via alle discussioni e la popolazione si divide in innocentisti e colpevolisti, che la diatriba riguardi ultras, forze dell’ordine o manifestanti di proteste e cortei non ha importanza: è un dibattito tra civili, scontro e rancore tra popolo e popolo, odio interno. Ci si dimentica che la causa di tutti i nostri mali non è niente di tutto questo e che i problemi dell’Italia sono molto più grandi di un qualsiasi “Genny ‘a carogna” arrampicato in uno stadio. La verità sui fatti della finale di Coppa Italia non è ancora venuta a galla e siamo sicuri che questo, come tanti altri episodi, non vengano usati per distogliere la nostra attenzione da ciò che veramente dovrebbe suscitare il nostro interesse? Non è proprio il fatto di calcare su discriminazioni e odi territoriali che rende ancora meno possibile il raggiungimento di un’identità nazionale e di una coscienza di classe che potrebbe unire il popolo italiano tutto, contro un numero così piccolo quanto potente di persone che ci hanno portato alla rovina?

Per rimanere fedele all’argomento, forse avrei dovuto fare uno sproloquio su quanto sia grave che “per una partita di calcio si arrivi a cercare di uccidersi”, quanto sembri pericoloso oggi andare allo stadio, quanto siano violenti i tifosi e affermare che “viene data troppa importanza al calcio, che invece è solo uno sport” o che “il calcio in quanto manifestazione sportiva dovrebbe essere un momento di gioia”.
Mi scuso se sono andata troppo fuori tema: non lo si vorrà considerare un errore, o un tentativo di minimizzare ciò che è successo, piuttosto è l’astenersi dal giudicare ciò che non si conosce.

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