L’ecologia nel rinnovamento della sinistra – 3

9. Sostenibilità ecologica e democrazia
Il processo di transizione a sistemi di produzione e consumo ecologicamente sostenibili mette in discussione interessi consolidati e stili di vita. Questo richiede un di più di democrazia per rendere partecipi delle scelte, necessariamente non tutte indolori, l’insieme dei soggetti coinvolti dal cambiamento.

Questa domanda di più democrazia, che è al fondo del confronto sociale su TAV in Val di Susa, ILVA di Taranto e di altre realtà e  che si è espressa in modo eclatante nei referendum su acqua e nucleare, va resa esigibile e cogente e non mera e occasionale concessione.
Per questo, così come è avvenuto nel processo di costruzione dello stato sociale socialdemocratico, vanno innovate profondamente le istituzioni democratiche al fine di renderle coerenti con le finalità della transizione alla sostenibilità ecologica.
E’ questa una scelta mai compiuta fino in fondo dalla sinistra nel nostro Paese ed è causa, non ultima, dei ritardi nell’affrontare la crisi del Paese nel più generale processo di cambiamento degli equilibri geopolitici.  
Recuperare questo ritardo richiede che la “democrazia deliberativa”, i “referendum propositivi”, i “consigli per la sostenibilità”, i “bilanci di sostenibilità”, le “leggi di iniziativa popolare”,  il “rappresentante per la sostenibilità” nei luoghi di lavoro, il “ruolo sociale dell’impresa”, la “gestione sociale dei beni comuni”, diventino gli obiettivi programmatici e la pratica partecipativa di un moderna cultura di  sinistra per aprire nel Paese nuovi spazi di democrazia.

10. “ Il lavoro soggetto ecologista”
Il movimento di cambiamento ecosocialista è chiamato a proporre con risolutezza un’autonoma idea di cambiamento del modello sociale fondato sui valori del lavoro, della responsabilità verso la natura e della dignità della persona umana. Molta strada è stata fatta ma c’è ancora molto da dire e da fare.
Non sarà un pensiero tecnocratico subalterno alla cultura liberista che potrà indicare il cambiamento possibile e riformista. Viceversa, c’è bisogno della partecipazione, della presenza diffusa e d’indirizzo del mondo del lavoro, dell’intellettualità progressista e dell’impresa. C’è bisogno della politica che sappia proporre e realizzare un nuovo patto sociale tra capitale e lavoro per lo sviluppo sostenibile, per un nuovo stato sociale, per il lavoro. In ogni segmento dell’economia (produzione, servizi, territorio) le riforme dovranno promuovere occupazione, diritti, innovazione ecologica e impresa.
All’impresa deve essere data l’occasione per esaltare la propria funzione sociale e per innovarsi superando frammentazione, precarizzazione e subalternità alla finanza.

11.  Un PD popolare ed ecologista.
Il profilo programmatico del PD stenta ad avere lo sviluppo sostenibile come asse centrale. Permangono  incomprensioni, assenza d’iniziativa e chiusure. La dimensione ecologista è stata vissuta come separazione di un specifica questione. Le forze ecologiste sono state pervase da logiche personalistiche e di gruppo che hanno visto singole fuori uscite dal partito. L’ecologismo pluralista del PD è stato offuscato dall’innaturale invadenza correntizia. Eclatante è stata l’incertezza e l’assenza d’iniziativa politica e culturale sulle questioni dell’acqua e del nucleare.
Tuttavia, parti importanti del PD hanno elaborato proposte significative sull’economia verde e sul nesso tra ambiente e lavoro.
Nella transizione il PD è chiamato ad essere il soggetto riformista di sinistra che propone e interpreta il cambiamento ecologista.
Ruolo che sarà in grado di svolgere alla condizione di consolidare la propria identità di partito popolare, strumento di partecipazione e portatore di valori e di una idea di società alternativa a quella liberista.
Essere un soggetto della partecipazione significa essere donne e uomini diversi ma uniti da una idea di società, determinati ad essere un soggetto politico organizzato che costruisce luoghi, strumenti, sedi, battaglie politico-culturali e pratiche politiche aperte, per cui gli iscritti possono ritrovarsi, costituirsi in comunità sociale e politica per decidere sulle scelte generali e locali. Il partito deve essere una associazione con iscritti, regole, gruppi dirigenti rappresentativi perché scelti autonomamente dagli iscritti, come accade in ogni associazione democratica.

Essere partito aperto significa lavorare per dare ai cittadini, elettori e non del PD, gli strumenti e le occasioni per concorrere alle decisioni politiche. Vanno utilizzati diversi strumenti partecipativi come primarie, indagini, referendum, assemblee territoriali, siti web, giornali online, gruppi di discussione su facebook. Nei conflitti sociali e ambientali (precarizzazione del lavoro giovanile, occupazione, bonifiche, discariche, acqua, pendolari, speculazione edilizia, parchi ecc.) avere un partito che parla solo di candidature significa decidere di essere separati dalla società e dai movimenti, significa non essere interessanti.
Mentre sarebbe assolutamente necessario esserci con le nostre proposte e lavorare per le soluzioni concrete che interessano i cittadini.
Esserci anche per dare un senso generale di cambiamento e per contrastare con la buona politica l’ambientalismo del no e il dilagare della sfiducia, dell’antipolitica, del corporativismo localistico.
L’attuale partito democratico non è ancora questo. La personalizzazione e il correntismo hanno frammentato e diviso le forze. La partecipazione è stata ridotta a primarie sulle persone e non sulla politica.  Così troppo spesso i contenuti, l’esperienza, la rappresentanza e il radicamento sociale sono stati sacrificate a logiche elettoralistiche di gruppo.
Questi limiti sono il frutto di un impianto di partito, codificato nello statuto, che da una parte alimenta la personalizzazione e il conflitto interno di gruppi con il principio della contendibilità, dall’altra parte, con l’elezione plebiscitaria del segretario da parte di un indistinto elettorato PD elimina la funzione degli organismi dirigenti collettivi e, dall’altra parte ancora, con la sovrapposizione della carica di segretario a quella di premier permette un potere personale, sul governo e sul partito, gigantesco. Mentre, l’ecologia della politica chiede partecipazione e non leaderismo, coerenza tra indirizzi generali e scelte immediate, convergenza sui contenuti nelle alleanze e pluralismo dialettico che guardi alla società. L’ecologia della politica significa consapevolezza dei limiti e responsabilità individuale e collettiva. Significa volere la felicità per se e per le generazioni future in comunità con tutte le specie.

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