Il Bosone filosofico

ROMA – Durante il festival della filosofia, lo scorso tredici settembre a Carpi, ospiti d’eccezione hanno preso posto in piazza per parlare di Fisica: Fernando Ferroni, presidente dell’istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) e Stavros Katsanevas, fisico del Centre national de la Recherche scientifique (CNRS)  in dialogo con Marco Cattaneo direttore de Le Scienze. 

 

L’amore per la conoscenza, per la scoperta scientifica e per la fisica sono stati al centro di questo  dialogo. Un amore scientifico che diventa quindi anche filosofico. La prima parte della conversazione infatti era centrata sul piano umano, sulle emozioni e sui sentimenti che hanno spinto alla ricerca e che la ricerca ha moltiplicato. In particolare, la ricerca del bosone di Higgs al CERN. I due scienziati hanno raccontato della loro passione, presente fin da quando erano bambini e come in realtà stiano facendo quello che hanno desiderato già da allora. Hanno raccontato dell’università e di come i loro professori siano riusciti a trasmettergli e a coltivare questa passione.

Hanno conversato su tutti i segreti che giravano e che ancora girano tra i fisici, un po’ per competizione un po’ per paura di esporre e pubblicare una teoria o una scoperta che magari risulta sbagliata. Dice infatti Ferroni “l’errore è fisico ma la leggerezza no”.

Una frase in particolare di Ferroni mi è rimasta impressa: “in realtà molti fisici non volevano trovare il bosone”. Bisogna spiegare infatti che, certo, la scoperta del bosone è stata una delle più importanti degli ultimi anni, ma ha messo in evidenza la nostra ancora limitatissima conoscenza della fisica. 

Il bosone, chiamato anche “particella di dio”, ma per rispetto a Higgs, che ha dichiarato di non aver mai voluto attribuirle quel nome trovandolo per certi versi anche offensivo, lo chiameremo solo bosone, è, in breve, una particella senza massa in grado di generare il “campo di Higgs”, ovvero un campo che dà massa alle particelle che non ne hanno e perciò anche a se stessa. Questo è previsto dal “modello standard”, ovvero dalla teoria fisica, coerente con la meccanica quantistica di Planck e con la teoria della relatività ristretta di Einstein, che lega tre delle quattro forze fondamentali (interazione forte, elettromagnetica e debole), lasciando fuori la gravità, non prevedendo  l’esistenza della materia oscura, cioè quella materia che si manifesta solo attraverso i suoi effetti gravitazionali ma che non è direttamente osservabile, della quale è formata una gran parte del nostro universo.

Di conseguenza ci troviamo con dei dati contrastanti e nell’impossibilità di andare verso quella teoria unificatrice dell’immensamente piccolo con l’immensamente grande che da tempo i fisici cercano. 

Il bosone diventa così filosofico. È la prova dell’incapacità umana di trovare per ora soluzioni e di capire l’universo che ci circonda.

 

Quando i due fisici continuano su questo discorso che potremmo dire più “fisico”, Cattaneo li blocca con una battuta: “vedete la passione viene fuori quando parlano di cose che capiscono solo loro due”.

In realtà, questa battuta solleva una questione importante. Quella della condizione della scienza in Italia. Nella vita quotidiana, infatti, questa materia viene quasi denigrata e addirittura ridicolizzata. I matematici diventano delle calcolatrici, gli astronomi vanno sulla Luna e i fisici al massimo possono avere dei capelli bianchi all’insù. Comprensibile in un paese con una forte tradizione umanistica. Tuttavia, la ricerca è un pilastro della nostra società e non dovrebbe essere abbandonata così. L’enorme quantità di sedie vuote il tredici settembre a Carpi ne è la prova.  

Una domanda dal pubblico su questo tema e sulla fuga di cervelli mette in imbarazzo i relatori, che cercano risposte a partire dalla propria esperienza individuale di scienziati cosmopoliti. Katsanevas  risponde con un simpatico aneddoto su Ulisse ed Edipo. Ulisse è partito dalla sua patria, ha combattuto ed è tornato da eroe, Edipo è rimasto ed ha ucciso il padre. Ferroni aggiunge poi che l’Italia da questo punto di vista non offre nulla. Infatti, non c’è uno scambio con gli altri Paesi: “se noi andiamo all’estero per amore della fisica nessuno dall’estero fa lo stesso per venire da noi. Se un giovane ricercatore sceglie l’Italia deve sapere che il suo salario sarà inferiore all’affitto che pagherà per il suo appartamento, a Roma per esempio”.

Allora, oltre alla speranza di trovare la legge unificatrice in fisica, speriamo di trovare anche quella che possa unire l’Italia alla ricerca mondiale. 

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