Savo Spada, l’artista rom che crede in un mondo senza odio

MILANO – Si chiama Savo Spada, è un artista rom di 25 anni che vive a Stoccolma, in Svezia. E’ nato a Palermo, in una famiglia poverissima. “Sono cristiano ortodosso. Per me la fede è importante,” dice.

“Ho sempre disegnato per trasferire sulla carta le difficoltà della vita e i sogni”. I suoi disegni sono originalissimi, perché fanno uso della simbologia delle icone per esprimersi sotto forma di astrazioni monocromatiche, con pochi elementi figurativi. Se le icone della tradizione esprimono l’epifania del mondo divino nella realtà terrestre, le opere di Savo Spada sono pura espressione dello spirito, in cui la preghiera ha un linguaggio che non è fatto di sole parole e simboli, ma si dipana in una rete di punti, linee, cerchi, triangoli e quadrati, come nei Mandala. E come nei Mandala, il chakra, la ruota solare, sorge e nutre lo spirito del mondo. In queste opere che sbalordiscono per l’armonia dei rapporti fra le forme, tuttavia, il chaktra è la ruota che simboleggia il cammino del popolo Rom. E’ la ruota dei carri, che appare al centro della bandiera dei Rom e simboleggia il viaggio di dolore e fede che caratterizza da sempre questo popolo perseguitato. “L’arte ha il potere di unire i popoli,” spiega Savo, “ed è per questo che nei miei disegni tutto è in pace e dappertutto c’è unione, non divisione. Non sono mai riuscito a capire come si faccia a odiare. Nella mia vita ho subito di tutto. Insulti, emarginazione, un’aggressione che mi ha lasciato con menomazioni alla vista e all’udito, un altro atto violento da parte di razzisti, che hanno distrutto l’oboe con cui suonavo per le strade e mi procuravo da vivere. Sono stato costretto a separarmi da mio figlio di sei anni, che vive in Italia presso una zia e mi manca tanto. Eppure amo l’umanità e credo nella forza dell’amore. Ho amici rom, tataren, somali, siriani… Ieri un ragazzo somalo si è meravigliato del fatto che porto un braccialetto ortodosso e uno musulmano. La mia arte è preghiera e io prego ogni giorno, ma non tanto per me: per coloro che stanno peggio di me. Ne incontro tanti e vorrei che la sofferenza di ognuno di loro, attraverso la preghiera, sanasse il mondo dalla malattia dell’odio”.

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