L’ultimo tango di Maria Schneider

ROMA – La notizia arriva improvvisa, come una folata di vento freddo in un giorno di primavera inoltrata: Maria Schneider è morta ieri dopo una lunga malattia, aveva solo 58 anni.

E la memoria si inarca per superare il tempo in cui il suo viso, e il suo movimento femminile, si riflettevano sugli schermi di tutto il mondo facendo sobbalzare signore a modo e cristiani benpensanti. I più intelligenti  definirono ‘Ultimo tango a Parigi’ un film riuscito ed erotico, i più sensibili si chiesero perché il rapporto uomo donna, fuori dai canoni religiosi e razionali, debba sempre finire con la morte.  Forse se lo era chiesto anche lei visto che aveva accusato Bernardo Bertolucci di averle, con quel film, rubato la giovinezza. Lei disse che fu per la famosa ‘scena del burro’, assente nella sceneggiatura, ma forse fu per i contenuti di quella pellicola tanto ‘rivoluzionaria’ quanto ammantata di disperazione nichilista.

‘Ultimo tango a Parigi’, in effetti, anche se un filologo lo potrebbe definire un tragico remake della favola di Eros e Psyké,  fu un film assolutamente originale e di una enorme rottura estetica. Nel ’72 il film fu sequestrato dalle autorità italiane per ‘esasperato pansessualismo’, e come in quei periodi bui che ricordano il nazismo e i roghi degli eretici,  qualche giorno dopo l’uscita nelle sale, le pellicole, sulle quali erano incise le immagini indimenticabili del rapporto di Marlon Brando e la Schneider, vennero date alle fiamme. Per fortuna si salvarono alcune copie, oggi conservate alla Cineteca Nazionale.
Maria Schneider, dopo qualche anno, girò, con Jack Nicholson Professione Reporter. Ma neppure Michelangelo Antonioni, che aveva sempre saputo dare una, se pur fuggevole,  identità femminile alle sue attrici, seppe lenire quella ferita profonda, che lei diceva essere stata generata da quel film, per lei maledetto.

Oggi, sulle pagine de La Repubblica, Bertolucci le chiede, tardivamente, scusa:” … Maria mi accusava di averle rubato la giovinezza e, solo oggi, mi chiedo – dice – se non ci fosse qualcosa di vero. (…) La sua morte è arrivata troppo presto, prima che potessi riabbracciarla, dirle che mi sentivo legato a lei come il primo giorno, e almeno per una volta, chiederle scusa”.  Ecco forse il problema sta, come sempre, nella incapacità di fare le separazioni, senza però annullare l’altro da sé. Nelle separazioni anaffettive si corre il rischio di perdere la propria immagine interna… a volte per sempre.
Cosa sia successo all’attrice che ha donato il suo volto a ‘Ultimo tango a Parigi’, non lo sapremo mai con certezza. Certo è che in quel film Maria Schneider perse qualcosa di sé molto prezioso. Bertolucci, nella sua lettera di scuse dice che il motivo fu perché “era troppo giovane per sostenere l’impatto con l’imprevedibile e brutale successo del film”.

Noi invece, ricordando ciò che questi i due attori hanno rappresentato in questo film, vale a dire un rapporto uomo donna profondo e sessuato al di fuori dalle regole sociali, e ai clichés proposti in quel periodo storico, ma anche nel nostro, pensiamo che entrambi non abbiano retto l’impatto con il contenuti di questo film perché, entrambi non avevano né la struttura psichica né la vitalità per poterlo fare. Tantomeno per far divenire quell’esperienza di rapporto realizzazione di sé.  Non fu solo la Schneider a star male dopo quel film, ma anche Marlon Brando, il quale cominciò a ingrassare divenendo l’ombra di quell’attore che, nel film ‘Un tram chiamato desiderio’ aveva fatto smaniare eserciti di donne in amore.

Speriamo che Vecchia Signora sia stata benevola con lei, avvolgendola in un ultimo tango, e facendole dimenticare coloro che hanno travolto la sua immagine. Speriamo che la separazione da questo mondo che l’aveva delusa, facendole percorrere le strade della disperazione e della droga, le sia stata lieve.

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