Ipertensione arteriosa polmonare: dalla diagnosi alla terapia

 

FRANCIA – Il termine ipertensione arteriosa polmonare racchiude al suo interno numerose condizioni rare, caratterizzate da pressione polmonare e resistenza vascolare molto elevate, che nel nostro paese colpiscono circa 2000 persone nella forma grave.


Per fare un po’di chiarezza alcuni esperti, tra cui D. Montani e S. Gunter dell’Università di Parigi-Sud, hanno raccolto le proprie esperienze in una review pubblicata su Orphanet Journal of Rare Diseases , al fine di stabilire il punto della situazione nei campi della diagnosi e gestione della malattia.
Le forme della patologia
Negli ultimi 40 anni sono state proposte numerose classificazioni delle forme della patologia, fino ad arrivare alla versione attuale, proposta al quarto Simposio Mondiale di Dana Point in California nel 2008, che prevede 5 classi.
La prima classe include i pazienti affetti dalle forme familiare o idiopatica della malattia, con o senza mutazioni nella linea germinale. Il secondo gruppo è caratterizzato da ipertensione polmonare dovuta a malattie del cuore sinistro e racchiude tre sottogruppi: disfunzione sistolica, diastolica e valvolare. La terza classe riguarda invece i casi dovuti a patologie respiratorie quali fibrosi polmonare, enfisema polmonare e broncopneumopatia cronica ostruttiva, la quarta rappresenta l’ipertensione arteriosa polmonare associata a tromboembolia cronica e infine la quinta riunisce i pazienti affetti da forme i cui meccanismi, probabilmente multifattoriali, non sono chiari.
I sintomi sono eterogenei, dall’affaticamento al dolore al petto e l’unico sintomo che si registra trasversalmente in tutte le classi è la dispnea, ovvero la respirazione difficoltosa, che tuttavia passa spesso inosservata fino a stadi avanzati, spiegando in parte il ritardo medio di circa due anni dalla comparsa dei sintomi alla diagnosi definitiva.
Quest’ultima richiede una serie di analisi al fine di chiarire la classe clinica di appartenenza e di valutare il danno funzionale e emodinamico, le più diffuse sono elettrocardiogramma, radiografia del torace, test di funzionalità polmonare, test cardiopolmonare da sforzo, TAC toracica e il più invasivo cateterismo cardiaco destro.
Uno studio francese svolto circa 10 anni fa ha confermato che l’ipertensione arteriosa polmonare colpisce più spesso le donne degli uomini, in particolare le forme idiopatica e familiare e può svilupparsi a diverse età, con il 25% dei pazienti al di sopra dei 60 anni.
Il National Institute of Health americano, grazie ai dati raccolti nel suo registro, ha stimato che il 6% degli individui diagnosticati di PAH sporadica ha una storia familiare della malattia e diversi studi, che hanno ricostruito la genealogia delle famiglie dei pazienti, hanno dimostrato la penetranza ridotta della malattia: infatti solo il 10-20% dei portatori delle mutazioni scatenanti sviluppa l’ipertensione arteriosa polmonare.
La mutazione nella linea germinale del gene BMPR2, che codifica per un recettore parte della famiglia TGF beta, viene identificata nel 58-74% dei pazienti affetti dalla forma familiare e nel 4-40% dei pazienti idiopatici e più recentemente sono state isolate altre mutazioni, meno frequenti della prima, nei geni ACVRL1, ENG e SMAD8, tutti coinvolti nella via del segnale di TGF beta, che controlla la crescita, il differenziamento e l’apoptosi di vari tipi di cellule, tra cui quelle endoteliali dei vasi arteriosi.
Il rimodellamento vascolare dei vasi polmonari di piccolo calibro responsabile dell’ipertensione arteriosa polmonare è la conseguenza di fattori di predisposizione e fattori acquisiti e riguarda tutti e tre gli strati che compongono il vaso, portando a iperplasia e ispessimento, con la conseguente ostruzione e l’aumento della resistenza vascolare. Infine si sospetta che anche gli episodi infiammatori abbiano un importante ruolo nello sviluppo della malattia.
Le terapie
La progressiva comprensione dei meccanismi alla base dell’ipertensione arteriosa polmonare ha portato allo sviluppo di numerose terapie.
I diuretici sono considerati di grande importanza nella gestione della malattia poiché lo scompenso cardiaco destro porta a ritenzione dei fluidi, congestione epatica e edema periferico, inoltre è spesso raccomandata una terapia anticoagulante orale.
I bloccanti dei canali del calcio sono invece raccomandati nei pazienti positivi al test della vasodilatazione in seguito a inalazione di monossido di azoto e la scelta del bloccante dipende principalmente dalla frequenza cardiaca del paziente: in presenza di brachicardia di preferiscono nifedipina e amlodipina, mentre in caso di tachicardia si preferisce dialtiazem.
Numerosi composti sono stati inoltre sviluppati in maniera specifica per l’ipertensione arteriosa polmonare, tra cui alcuni prostanoidi, analoghi della prostaciclina, che è un potente vasodilatatore e inibitore dell’aggregazione piastrinica, tra questi sono disponibili epoprostenol e, di più recente sviluppo, treprostinil e iloprost.
Un’altra classe di composti è formata dagli antagonisti dei recettori dell’endotelina, potente vasocostrittore che gioca un importante ruolo nella patogenesi dell’ipertensione arteriosa polmonare ed è anche responsabile della proliferazione delle cellule della muscolatura liscia, in questa categoria rientrano bosentan e ambrisentan.
L’inibizione delle fosfodiesterasi di tipo 5 è un’altra strategia, che punta ad aumentare la disponibilità di GMP ciclico, potenziando le vie del segnale legate al monossido di azoto e tra questi composti troviamo il sildenafil e tadalafil.
Un’ulteriore opzione terapeutica è la combinazione di farmaci con diversi meccanismi di azione, al fine di ottimizzare il beneficio clinico minimizzando allo stesso tempo gli effetti collaterali, tuttavia le linee guida per le combinazioni ottimali saranno discusse nel prossimo Simposio.
Il futuro della cura dell’ipertensione arteriosa polmonare vedrà come protagonisti nuovi composti, attualmente in studio, tra cui macitentan, un potente antagonista del recettore dell’endotelina ET-1 caratterizzato da alta liposolubilità e riociguat, che è in grado di aumentare la biosintesi di GMP ciclico stimolando direttamente l’enzima solubile guanilato ciclasi in maniera indipendente dal monossido di azoto.
Tra questi composti si sta studiando anche selexipag, un profarmaco che viene metabolizzato in un agonista selettivo del recettore prostanoide Ipr.
Un ultimo target promettente per la cura dell’ipertensione arteriosa polmonare è il fattore di crescita piastrinico (PDGF), che è risultato implicato nelle disfunzioni delle cellule endoteliali e nella proliferazione e migrazione delle cellule muscolari lisce e si sospetta sia coinvolto nello sviluppo della patologia. In diversi modelli animali infatti il rimodellamento vascolare è regredito in seguito a somministrazione di imatinib mesilato, un antagonista del recettore PDGF approvato nella cura della leucemia mieloide cronica.
Per quanto riguarda le soluzioni chirurgiche è stato dimostrato che i pazienti gravi possono trarre beneficio dalla settostomia atriale con pallone, che consiste nella creazione di un passaggio tra i due atri al fine di ridurre la pressione atriale destra, mentre il trapianto di polmone resta la scelta nei casi in cui le terapie farmacologiche non siano sufficienti, nonostante un’operazione chirurgica di tale portata sia disponibile solo per una minoranza dei pazienti.

Condividi sui social

Articoli correlati