Prostituzione. A Roma le strade del sesso a pagamento sopravvivono alle ordinanze di Alemanno

Ogni notte via Tiburtina e viale Palmiro Togliatti, tra le arterie stradali più grandi della capitale, ovvero del V Municipio, si trasformano in succursali del sesso a pagamento. Un bilancio della situazione a tre anni dalla contestata ordinanza anti-prostituzione del sindaco Alemanno

ROMA – Il viaggio nell’inferno metropolitano della prostituzione inizia una sera come tante, seguendo un immaginario filo rosso che unisce via Palmiro Togliatti e via Tiburtina, due arterie stradali particolarmente trafficate sia di giorno che di notte. Basta una rapida occhiata per capire quanto sta andando in scena: diverse ragazze, per lo più unite in gruppi, stazionano presso bar, fermate di autobus, cancelli di fabbriche ormai chiuse. Fanno finta di aspettare qualcosa o qualcuno, sono vestite in modo non troppo succinto, nel tentativo di passare inosservate. In realtà è fin troppo chiaro che i loro corpi sono lì, esposti in questa vetrina di periferia, per offrirsi agli sguardi altrui.

Un primo dato emerge lampante: nonostante i proclami del sindaco Alemanno che, a settembre di due anni fa emanò una serie di ordinanze per trasformare Roma in una città sicura, la prostituzione per strada non è affatto scomparsa. Si è trasformata, forse, questo sì. Ragazze che prima adescavano i loro clienti seminude, adesso vanno in giro vestite in abiti “borghesi” proprio per aggirare l’ostacolo di “un abbigliamento indecoroso e indecente”, altrimenti sanzionabile dall’ordinanza capitolina. Ben presto i controlli serrati su prostitute e clienti, frutto dell’attivismo del primo momento, hanno lasciato un generale status quo che, tradotto in altri termini, significa “occhio dell’istituzione non vede, cliente fa quel che vuole”. E, infatti, il copione va in scena. Passano i minuti e il numero delle macchine che si fermano aumenta in modo esponenziale. Una manciata di secondi per stabilire il prezzo della prestazione e si parte per consumare qualche minuto di sesso in luoghi più discreti e appartati. Stessa sequenza lungo la via Tiburtina. Traffico sostenuto, ma mai paralizzato, pochi secondi per contrattare e poi ripartire.

Che il fenomeno della prostituzione fosse ben lungi dall’estinguersi, infatti, l’aveva dichiarato qualche tempo fa lo stesso presidente del V Municipio Ivano Caradonna che, a commento dell’ordinanza di Alemanno, si era espresso sull’esistenza di “luoghi del Municipio in cui le prostitute non sono state mai assenti. Ci sono in via Tiburtina e via Fiorentini e le maggiori lamentele arrivano dalle aziende (come la Ferrari, la Renault e la Mercedes), che hanno problemi di accesso e di decoro”. L’unico effetto scaturito dal sindaco Alemanno, a ben vedere, è stato quello di relegare le prostitute ai margini delle città, con un incremento nelle zone provinciali e periferiche. Quasi a simboleggiare una rimozione del problema dagli occhi dell’opinione pubblica. Ma il V Municipio è un territorio vasto e densamente abitato, quindi non passivo nei confronti di un fenomeno di tal genere. “Sulla Togliatti se ne vedono tante anche di giorno – commenta un residente che preferisce restare anonimo – Spesso la sera mi trovo a passeggiare lungo la strada con il mio cane e quello che vedo non mi piace per niente. La Polizia fa pochi controlli e tutto è tornato come prima”.

E poi ci sono loro, le uniche vittime di questa storia senza lieto fine: ragazze giovani, per lo più straniere, spesso costrette da aguzzini e “protettori” ad esercitare un mestiere che in patria mai avrebbero lontanamente immaginato potesse lambire le loro vite. Avvicinarle è difficile, quasi impossibile. Molte, infatti, si rifiutano perfino di dire il loro nome. Alla domanda sul perché si trovino lì, la maggior parte risponde di aver scelto quest’attività volontariamente e di essere maggiorenne, anche se dietro il trucco spesso pesante affiora quel barlume di ingenuità e disperazione che solo i volti adolescenziali posseggono. Storie di vita che meriterebbero di essere raccontate a parte, perché sono la sostanza reale di questi drammi notturni. E’ il dolore ad andare in scena ogni sera, abbigliato di lustrini per catturare uno sguardo, agganciare un’altra solitudine e consumare la merce chiamata corpo nell’indifferenza della città. Nonostante negli ultimi anni molte prostitute abbiano trovato il coraggio di porre fine alla loro schiavitù, reinventandosi un’altra vita lontano dal marciapiede, le statistiche della Questura di Roma raccontano di tante, troppe ragazze, che ancora non riescono ad affrancarsi dalle organizzazioni criminali e dallo stato di schiavitù in cui sono cadute. A ben vedere, il regime delle multe applicato a prostitute e clienti non ha prodotto buoni risultati. La soluzione, forse, va ricercata nell’origine del profitto che una rete così ben organizzata ottiene dal commercio umano su strada. E’ sui trafficanti di essere umani che bisogna intervenire, sui loro collegamenti esteri e sui loro rapporti interni. Spostare il “problema” dai centri delle grandi città, relegandolo all’ombra delle periferie, lo sottrae alla vista dei benpensanti, ma di certo non lo elimina.

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