Il crocefisso può restare nelle aule, Italia assolta dalla Corte europea

ROMA – Una bella notizia è arrivata ieri per chi identifica la propria interiorità,  ovvero la propria psiche, con il simbolo del crocifisso.

“La presenza del crocefisso nelle aule italiane non è contraria ai diritti fondamentali”. Così ha deciso la Corte europea dei diritti dell’uomo. La sentenza, definitiva, rovescia il giudizio del 2009 che aveva provocato forti polemiche: ricordiamo tutti con quale charme il Ministro La Russa espresse le sue considerazioni sull’accadimento.
La Corte di Strasburgo si è pronunciata sul ricorso di una cittadina italiana di origine finlandese, praticamente una extracomunitaria, Soile Lautsi, residente ad Abano Terme, che si era ribellata  all’imposizione del crocefisso nella scuola pubblica frequentata dal figlio, affermando, fuori da ogni logica teocratica, che il simbolo cristiano era un attentato alla libertà di pensiero.

Il fatto che l’84% degli intervistati in un sondaggio di qualche giorno fa, si proclamasse favorevole alla presenza del crocefisso nelle scuole, è una riprova di come, da sempre, coloro che portano avanti idee che contrastano con il resto della tribù, non vengono mai ascoltati e sono sempre discriminati. Giordano Bruno, Galileo e altri scienziati eretici pagarono, ognuno a loro modo, la loro arrogante scelta. Tra l’altro ‘eretico’ significa ‘colui che sceglie’.
Quindi la signora Lautsi, se ne dovrà fare una ragione, perché il suo pensiero è troppo lontano sia dall’84% degli italiani, sia da eminenti personaggi della politica italiana e Vaticana, come Borghezio, Gelmini, Alemanno, Alfano, il Cardinal Bagnasco, Schifani, Buttiglione, Polverini, vale a dire quei politici che più di altri hanno avuto il coraggio delle proprie azioni proclamando la loro invincibile adesione al simbolo cristiano portatore del messaggio evangelico, che essi, ad ogni piè sospinto, onorano.

Non potendo citare nessuno degli incommensurabili politici dell’opposizione, finora piamente assenti dalla questione, non ci resta che scegliere tra le varie illuminate dichiarazioni, di esponenti della maggioranza, in difesa del simbolo cristiano, prendendo quella che ci è sembrata la più aderente all’immagine di quell’84% degli italiani che vogliono il crocifisso nelle aule: “La pronuncia della Grande Chambre – notare la pronuncia padana – della Corte di Giustizia dei diritti dell’uomo di Strasburgo premia la nostra strenua battaglia in difesa del crocifisso. Questa buona novella giunge quanto mai a proposito nel bel mezzo di una sarabanda di stucchevole retorica risorgimentale, dato il carattere apertamente anticattolico e, a tratti, quasi cristianofobico di molti fra i padri – palesi ed occulti- del Risorgimento. Ci vorrebbe il tratto maestro di Guareschi per raffigurare la stizza di questi risorgimentalisti fanaticamente mangiapreti”.  Queste sono le fondamentali dichiarazioni dell’europarlamentare della Lega Mario Borghezio, il quale, oltre a chiarire l’assoluta estraneità di Gesù di Nazaret ai moti risorgimentali, come tutti i grandi poeti è anche capace di coniare neologismi tanto sorprendenti da mandare in tilt anche i migliori programmi di scrittura.

Naturalmente di diverso avviso sono coloro che hanno sollevato  questa, ‘storicamente incongrua’, questione che ha tenuto in apprensione milioni di italiani che vedevano messa in pericolo la loro identità umana privata dell’immagine del crocefisso che rappresenta la loro interiorità mistica: “Auspichiamo a questo punto che almeno non si riascoltino più dichiarazioni vergognose come quelle che esponenti politici, anche di governo, hanno gridato nei confronti di noi ricorrenti e che hanno verosimilmente indotto fanatici ed intolleranti a compiere azioni di minaccia e di vandalismo nei nostri confronti”. Questo è quanto ha dichiarato, Massimo Albertin, marito della finlandese Soile Lautsi, al termine di un incontro tenutosi ieri nella cittadina, dove i due coniugi risiedono. E non ancora soddisfatto, con una cocciutaggine degna di un Giordano Bruno in gran spolvero, sta ancora con la sua maledetta ostinazione aggirandosi il cervello e l’intelletto con mille errori e vanità, ed ha ancora il coraggio di replicare: “… lo Stato Vaticano non ha risparmiato di effettuare verso la Corte pressioni dirette ed indirette, soprattutto attraverso lo Stato Italiano. Queste pressioni – afferma arrogantemente il marito della Lautsi – hanno evidentemente raggiunto lo scopo che si erano prefissate: quello di mantenere in Italia una situazione di privilegio per una sola religione, perseverando nella discriminazione di coloro che non ne fanno parte. Ma se questa vicenda ha visto un esito così nefasto, altre vicende analoghe potranno prendere la strada di Strasburgo con la speranza che vengano in futuro riconosciute definitivamente le violazioni che lo Stato Italiano compie nei confronti della Convenzione, violazioni che in questo caso non sono state sanzionate per motivi che appaiono più di carattere politico e clientelare che giudiziario”.

Questo sono le immorali dichiarazioni del signore padovano, che tra l’altro invece di obbedire al vecchio proverbio ”donne e buoi dei paesi tuoi” ha aderito ad un vero e proprio meticciato, sposandosi addirittura con una donna finlandese. A quanto pare i coniugi eretici di Abano Terme vogliono ad ogni costo appartenere a quegli sfigati storici che forse non vedranno mai le loro idee strane divenire patrimonio comune.

Ci si chiede anche come mai di punto in bianco uno si alza la mattina e si schiera contro leggi e norme nazionali le quali, nonostante che la Costituzione italiana parli a vanvera di libertà di culto, difendono l’unità nazionale non certo, come dimostra il plebiscito, rappresentata dalla bandiera di tre colori, ma dal crocifisso. Eppure questo simbolo è presente da centinaia di anni nella nostra cultura cattolica e teocratica. Vediamone la sua storicità inseguendo le immagini del crocefisso nella storia dell’arte.

La croce cristiana viene chiaramente mutuata dal simbolo egiziano Ankh, che ha come prima accezione ‘vita’. Il simbolo rappresenta nascita e rinascita, in quanto anche nella religione egizia, l’idea salvifica è ben presente. L’ansa,  il cerchio superiore, è il simbolo isiaco, probabilmente una stilizzazione dell’utero; la tau, ovvero una croce senza l’estensione superiore del braccio verticale, è invece il simbolo di Osiride, rimandabile al fallo. Anche altre leggende tengono uniti i due miti nati in zone geograficamente contigue: il cavalcare l’asino fino a dentro Gerusalemme, avviene nella mitologia Egizia, almeno duemila anni prima dell’era Cristiana. L’asino è l’animale totem di Set, che lo cavalca in trionfo fin dentro la città. Set, il gemello di Horus, viene qualche volta rappresentato come un dio con la testa di asino, crocifisso e ferito al costato.

Infatti, come testimonia Flavio Caroli nel suo libro ‘Il volto di Gesù, storia di un’immagine dall’antichità all’arte contemporanea’,  la prima immagine di un crocefisso con apposta la figura di Gesù è quella del graffito trovato nell’Antiquarium Palatino dove è ben conservato un graffito con un asino crocifisso e un personaggio in preghiera. Quasi sicuramente questa immagine, degli ultimi anni del secondo o inizi del terzo secolo d.C.,  nasce in un periodo di sincretismo religioso dove il cristianesimo non era certamente la sola religione salvifica che veniva professata in quel periodo storico. Certo è che i cristiani nei primi quattro secoli preferivano rappresentare Gesù Cristo con il simbolo del pesce, in greco ‘ichthys’, acrostico che significava ‘Iesous Christos Theou Yios Soter’, (ICTYS) che tradotto è: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.

Con Costantino, non fu il crocifisso, ovvero la croce con il Cristo inchiodato sopra, ma fu la ‘crux commissa’ e la ‘croce gemmata’ ad assumere un significato simbolico cristiano. Bisognerà aspettare  altri tre secoli per vedere la prima vera rappresentazione artistica, come la si intende ora, di un Cristo ‘in croce’ in quella che viene chiamata ‘Crocefissione di Santa Sabina’ che mostra Gesù con le braccia distese, tra i due ladroni, con occhi aperti, però senza croce. Vi era una certa prevenzione a rappresentare una vera crocifissione nel mondo tardo antico, poiché era una pena di morte infamante, inflitta solamente agli schiavi. Alcuni si sono chiesti se Gesù fosse stato impiccato anziché crocefisso, il simbolo del cristianesimo sarebbe diventato una forca con un uomo appeso. Pare di no. Comunque sia, si dovrà aspettare altri otto secoli  per vedere, con Cimabue  l’immagine con un uomo morente in croce come nell’iconografia ufficiale dei nostri tempi. Prima di Cimabue vi erano delle crocefissioni con un Gesù ieratico: gli occhi ben aperti e benedicenti con lo stesso atteggiamento di un sovrano seduto su un comodo trono.
Questa è la storia di quel crocifisso che i credenti cristiani, l’84% della popolazione in buona compagnia di politici e prelati, vogliono sia presente nelle aule dei loro figli dove vi sono anche i figli di esseri umani di religione diversa, ed anche i bambini di pochi, pochissimi, sfigati pensanti … in un altro modo, come quel vecchio re leone di Pannella per esempio, l’unico ancora a ruggire: “Mi chiedo sinceramente se un autentico credente cristiano possa essere davvero fiero o felice del fatto che si riconosce a Cesare la possibilità di imporre a tutti i suoi sudditi il massimo simbolo della propria fede con la motivazione che in realtà quel simbolo non comporta alcun effetto su una parte di coloro ai quali è rivolto – La corte europea, continua Pannella  – finge di ritenere che concretamente esista nella scuola pubblica italiana il diritto o la facoltà di esibire altri simboli religiosi, per esempio la ‘Menorah’ ebraica. E ciò a prescindere dal fatto che per la stessa Onu vadano riconosciuti pari diritti a religiosità teiste o non teiste”.

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