Anne Frank fu tradita dai suoi stessi benefattori?

ST. PAUL’S BAY (MALTA) –  Il 7 aprile scorso è uscito nei Paesi Bassi il libro-inchiesta “Bep Voskuijl: No More Silence” di Joop van Wijk e del giornalista Jeroen de Bruyn. Joop van Wijk è figlio di Bep Voskuijl, una delle persone che nascosero e protessero Anne Frank e la sua famiglia durante la Shoah.

Secondo quanto dichiara, Joop van Wijk avrebbe iniziato la ricerca per onorare la madre, citata più volte nel Diario di Anne Frank. Durante l’inchiesta, però, si sarebbe accorto con sgomento di gravi indizi a carico della sorella più piccola di Bep, Nelly, giungendo alla conclusione che potrebbe essere stata proprio lei a denunciare i Frank ai nazisti, causando la deportazione della famiglia e la morte di tutti i suoi membri, a eccezione di Otto Frank, papà di Anne. In attesa di leggere il libro, ci si può già fare un’idea sui contenuti, analizzando le dichiarazioni concesse ai media dall’autore e le prime recensioni. Sembra che il libro non si basi su alcuna prova concreta, ma su risicate testimonianze, sensazioni e forzature che conducono gli autori a conclusioni assai più sensazionalistiche che storiografiche. Per lo più, sono fondate sui pettegolezzi di Diny Voskuijl, la più piccola delle due sorelle minori di Bep, e Bertus Hulsman, il suo fidanzato. Secondo i loro ricordi, Nelly, l’altra sorella, avrebbe collaborato con i nazisti nel periodo in cui i Frank erano nascosti nell’alloggio segreto. Una parte considerevole di cittadini olandesi, in quegli anni, più o meno occasionalmente lavorava per le autorità. Molti Giusti fra le Nazioni salvarono ebrei proprio grazie a ruoli a contatto con i nazisti, che li rendevano insospettabili ai loro occhi. Nelle memorie di Diny, inoltre, Nelly avrebbe detto, qualche volta, bisticciando con Bep: “Vattene dai tuoi ebrei!”. Niente di rilevante, ai fini di una seria inchiesta storica: piccole tensioni fra sorelle risoltesi poi, probabilmente, con qualche lacrimuccia e un abbraccio. Nelly Voskuijl sapeva perfettamente che i suoi parenti più stretti – e lei stessa, con una denuncia decisamente tardiva – avrebbero rischiato pene molto pesanti: il carcere, la deportazione e, secondo le leggi vigenti allora, in casi estremi, la pena capitale. E’ in corso una pericolosa opera di revisione a discredito dei Giusti fra le Nazioni, culminata con le esternazioni rese nel 2013 dal Centro Primo Levi di New York, che definì dalle pagine del New York Times Giovanni Palatucci come “un esecutore delle leggi razziali”, negando il suo eroismo a difesa degli ebrei e annunciando uno studio a dimostrazione di tale ipotesi. Studio che tuttavia non venne mai pubblicato. E adesso questo libro sensazionalistico. Aspettiamoci, negli anni a venire, altre operazioni come queste. I testimoni invecchiano e ci lasciano, consentendo a speculazioni di ogni bordo di diffondersi in pochi istanti, rimbalzando da un media all’altro e raggiungendo ogni angolo del pianeta, perché l’informazione attuale è orientata a dare spazio a chi la spara più grossa piuttosto che alla verità, che spesso non è abbastanza eclatante da meritare agenzie, telegiornali e prime pagine. Da parte nostra, se invece la verità costituisce una linea guida per le nostre ricerche e la nostra opera educativa, cerchiamo di essere pronti a ribadire alle illazioni e alle calunnie con i dati storici e le testimonianze di coloro che vissero i fatti da vicino, a volte rischiando la vita per difendere quella di altri esseri umani.

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