Complottismi. Il mondo rovesciato delle Torri gemelle fra elucubrazioni e dati di fatto (2° parte)

Vengono scelti i kamikaze ( termine che in giapponese significa “vento divino”, e viene qui adattato a un contesto, se ci permettete, meno epico). Non si conoscono bene i criteri della scelta, anzi nemmeno i movimenti di questi 20 (attenzione 20) ragazzi, presi tra Egitto e Arabia Saudita, a parte il bello del gruppo, Ziad Jarrah, uno studente libanese di buona famiglia, fresco sposo, che in patria amava bere e ballare: tutta scena, evidentemente, oppure ha cambiato idea, peccato, faceva un bella vita. Gli altri sono probabilmente reclutati in giro da abili ganci: Atta, l’unico che appare un po’ più sveglio, vive ad Amburgo, dove studia con profitto, finanziato dalla famiglia, papà medico, sorelle universitarie, gente moderna che non s’è mai accorta di crescere un ribelle in casa, ma si sa, con i figli si sbaglia sempre.

I giovanotti frequentano una scuola di volo con scarso o nullo profitto, e per giunta, testimonia un’altra (matura) allieva, litigano pure tra loro. La signora chiede un giorno all’istruttore chi sia quello che pare sempre averne per i compagni, che li sgrida perché non imparano come dovrebbero, e gli viene risposto trattarsi di un principe arabo (sarebbe sempre Atta).

La legge di Murphy

Prima conferma della legge di Murphy. I giovanotti , alla spicciolata, nei mesi precedenti la strage, fanno ingresso negli States senza problemi. Vi ricordate “Ritorno al futuro”, del 1985? I terroristi erano arabi. Siete andati lì, qualche volta? Chi scrive, fu sempre perquisita o fermata( sarà stata colpa di chi mi accompagnava!); e si vedono , o almeno ai vecchi tempi succedeva, scene anche penose: vecchini rubizzi dell’Iowa , con pacemaker, fermati senza pietà al metal detector, guardie implacabili (” You! Back!!). Questi tizi, invece, nulla, un paiolo pazzesco, non li ferma nessuno, con quelle facce un po’ così. E non devono aver avuto problemi di visti, proprio liscio come l’olio, peccato, nessuno che ne abbia fermato uno che è uno, per dirgli “Ehi tu, vieni un po’ qui”. Andiamo avanti.
I ragazzi non socializzano molto, non hanno fidanzate, questo no, ma spendono abbastanza in giro, fanno bancomat, noleggiano macchine con i loro nomi. L’America, si sa, è ottima per chi spende, ma la Polizia proprio aveva altro da fare in quelle settimane. Fermano per molto meno, ti sbattono contro il muro, zitti e mosca; macché, Murphy colpisce ancora.

Bene bene. Nessuno nota questi sfaccendati, che recitano il Corano nei motel, né si chiede cosa facciano insieme in giro, apparentemente cazzeggiando; né dalla scuola di volo arriva una mezza segnalazione per i loro bizzarri comportamenti; che poi, uno di loro, Hani Hanjour, viene proprio dissuaso dal proseguire: ehi, butti via i soldi.

Lo sceicco li segue? Non pare. Si preoccupa, conscio di non essersi affidato a delle cime? Nemmeno. Teme che il piano salti? Pare proprio serafico. L’intelligence americana becca qualche conversazione, strani movimenti? No no, niente del genere, oltretutto Dabliù regna da poco, deve ancora nominare qualche capo di gabinetto, probabilmente: Murphy non perdona.

Arriviamo così al giorno fatidico. Le telecamere degli aeroporti da cui partono i 19 (attenzione 19) brutti ceffi, non registrano quasi nulla; tranne Atta e un compagno, da Boston a New York, con l’ultima delle coincidenze possibili, roba che, un disguido e perdi tutto il programma, ma sarà che sono arabi, scarso senso della puntualità etc. Comunque anche qui, la fortuna non assiste il mondo e ce la fanno ad arrivare. Veramente una piccola iella si presenta, Mohammed  non ritrova la valigia…la valigia? Ma che se ne fa, se va a morire? Beh, in caso di ripensamento o di contrordine, ho lo spazzolino e le mutande di ricambio.

Oggi si sarà pure paranoici sulla sicurezza, ma non è che allora si scherzasse. Tuttavia dal metal detectors passano coltelli, forbici; è mattino presto, probabilmente gli addetti sbadigliano, non ci fanno caso, ma proprio nessuno di tutti gli aeroporti, grazie Murphy.

Ecco, è il momento: emozione, panico? Manco per l’anima. Giorni prima dicono che Ziad, pensando alla moglie, volesse mollarci, ma Atta gli ha ricordato che in tal caso lo avrebbero fatto secco, dunque ciccia.

Primo volo: dirottato, staccato transponder, piloti fuori combattimento, uno sgozzamento tra i passeggeri, e via; secondo, più o meno stesso copione.
I telefonini, improvvisamente, sul mezzo impazzito in cielo, trovano campo;e le telefonate ci consentono di ascoltare gli strazianti addii tra familiari.
Sono tanti lassù, almeno stando alla lista dei passeggeri, diramata in seguito, e pure americani, insomma ci aspetteremmo una reazione, e il tempo c’è: uno dei commandos si attarda in giro, invece di puntare dritto al bersaglio. Come facciano a svolazzare impunemente, alla cloche di aerei di una certa mole, senza nozioni di volo strumentale, solo a vista, senza contatti con la torre di controllo, non si sa , ma ci riescono brillantemente e non ceffano l’obiettivo….indisturbati, senza nemmeno un piccolo caccia a dar loro fastidio ( in Grecia, qualche anno fa, per un problema di pressurizzazione, un volo di linea proseguiva solo col pilota automatico, dentro erano tutti morti, e l’aviazione militare intervenne subito).

La rivolta dei passeggeri

Per fortuna su un altro dei quattro aerei ci sono veri uomini; i terroristi vengono aggrediti, ma riescono a barricarsi nella cabina e si buttano a capofitto contro il terreno, bum. L’eroismo non è servito e Murphy comincia a starci sui maroni.

Eccoci ora a colui che fior di istruttori hanno sottovalutato e finalmente ha l’occasione di fare un bel “tiè”. Hani Hanjour, occhi smarriti, che si cagava addosso su un Piper, prende una rincorsa che lévati; non sfiora nemmeno un cornicione, un palo della luce o magari un altro aereo ( meglio, direte, ma strano forte, visto che in quei cieli sono meno gli uccelli che i velivoli); invece di buttarsi sull’edificio a pesce, per sfidarsi un po’ effettua manovre spericolatissime, virtuosismi da freccia tricolore, sfida le leggi della fisica volando a un paio di metri da terra nell’ultimo tratto, non abbatte nemmeno lì qualcuno degli ostacoli che pure si trovano ( pali, materiale) e, con un buchino piccolo piccolo, scassa il pentagono senza colpo ferire: aereo polverizzato, un pezzo di alluminio colorato tutto quello che rimane.

In generale, è rimasto ben poco, ma quanto basta ad accusare quei manigoldi: la carta di identità di uno di loro, scampata all’incendio delle torri; la valigia di Atta, con dentro tutto il nécessaire per il perfetto terrorista ( appunti, Corano); e il ventesimo che forse aveva provato a scapolarsela, un marocchino grassottello il quale, acciuffato, dopo un proceso speedy gonzales, starà dentro per sempre.

Non dovrete arguire, da quanto abbiamo fin qui scritto, che coltiviamo dubbi da beceri complottisti. Al massimo, e ce lo concederete, abbiamo visto troppi film, come “I tre giorni del Condor” e vorremmo credere che gli USA siano così astuti da averla fatta a tutti noi, per il nostro bene si intende. Quasi tremila morti solo quel giorno, più le guerre e le relative stragi di civili, oltre poi le vendette di Al Quaeda (Madrid, Londra, Bali, Egitto) , ci hanno consentito di fare la doccia calda, accendere i caloriferi d’inverno e i condizionatori d’estate, girare sulle nostre adorate macchinette, prenderci il nostro beneamato low coast per Mahé o Tenerife, e tutto il corollario di vizi e comodità di cui non vogliamo privarci manco scannati. Senza poi contare che è stata salvaguardata la nostra identità culturale, scongiurando l’Eurabia fallaciana ( euhhh, son tutti qui, come prima, più di prima!!!). Scusate, ci è scappata una flatulenza complottista.

Voi non ci crederete, ma per noi, filoamericani da sempre, è stato un duro colpo. Ci siamo sempre affidati a loro, ci sentivamo protetti, e adesso non ci fidiamo nemmeno ad andare a prendere un gelato a Coney Island , senza temere attentati (2°-fine)

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