Rifugiati. Il catastrofico fallimento dei paesi ricchi

ROMA – Il catastrofico fallimento morale dei leader del mondo, che perdono tempo a litigare tra di loro mentre lasciano vergognosamente milioni di persone a soffrire in disastrose condizioni umanitarie, sarà ricordato per generazioni a venire.

Questo è il giudizio espresso oggi da Amnesty International, che ha presentato un piano in otto punti per affrontare la molteplice e globale crisi dei rifugiati contemporanea.

Livelli di violenza spaventosi in Siria, Iraq e Afghanistan e i vari conflitti in corso nell’Africa subsahariana e altrove hanno portato la popolazione globale dei rifugiati a un picco storico. Nel frattempo, nell’Asia sudorientale sta ricominciando la “stagione delle partenze”: probabilmente, molti altri rifugiati si aggiungeranno alle migliaia di rohingya già fuggiti dalla persecuzione in corso in Myanmar, solo per finir preda dei trafficanti e subire ulteriori violenze.

La risposta a queste crisi globali dei rifugiati è vergognosa, soprattutto da parte dei paesi più ricchi, che hanno sin qui ignorato gli appelli umanitari e le richieste di reinsediamento dei rifugiati più vulnerabili, mettendo a disposizione solo un decimo dei posti, rispetto a 1,15 milioni di persone che ne hanno bisogno. Nel frattempo, i paesi in via di sviluppo stanno ospitando milioni di rifugiati senza quasi alcun sostegno.

“La molteplice crisi globale dei rifugiati non ha precedenti e ha gettato nella disperazione milioni di persone. La risposta dei paesi ricchi è stata un catastrofico fallimento. Siamo in un momento cruciale, che determinerà il modo in cui i leader mondiali verranno ricordati per generazioni a venire: la storia li giudicherà assai severamente se non cambieranno il loro atteggiamento” – ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

“Il sistema internazionale di protezione dei rifugiati, istituito come garanzia fondamentale dopo la Seconda guerra mondiale, rischia di essere fatto a pezzi se i leader del mondo continueranno a non proteggere persone vulnerabili in fuga dalla guerra e dalla persecuzione. I rifugiati hanno il diritto internazionale di chiedere e ottenere asilo” – ha aggiunto Shetty.

Nel frattempo, mentre negli ultimi mesi ha fatto notizia l’aumento del numero dei rifugiati che raggiungono i paesi dell’Unione europea, i paesi più poveri sono costretti a sostenere l’onere della molteplice crisi dei rifugiati. Soprattutto in Medio Oriente, Africa e Asia, i paesi in via di sviluppo stanno ospitando l’86 per cento della popolazione mondiale dei rifugiati, arrivata a 19,5 milioni.

I paesi più ricchi non stanno facendo abbastanza per condividere quell’onere. Gli appelli umanitari sulle crisi dei rifugiati sono costantemente, e spesso gravemente, sotto-finanziati. Ad esempio, alla data del 2 ottobre, l’appello umanitario dell’Onu per i rifugiati siriani aveva ricevuto solo il 46 per cento della somma necessaria, mentre quello per i rifugiati del Sud Sudan era arrivato appena a un miserevole 17 per cento. Le conseguenze per i rifugiati sono devastanti per quanto riguarda la disponibilità di cibo, medicinali e altre forme di assistenza umanitaria.

“Quando s’incontreranno il mese prossimo in Turchia, i leader del G20 non dovranno lasciare la riunione senza aver adottato un piano concreto e dai tempi certi per garantire il finanziamento completo e sostenibile degli appelli umanitari sulla molteplice crisi dei rifugiati. Qualsiasi cosa di meno rappresenterà un profondo fallimento di leadership” – ha ammonito Shetty.

“Invece d’impegnarsi a risolvere questa crisi senza precedenti, molti governi hanno impiegato il loro tempo a escogitare modi per tenere le persone fuori dalle loro frontiere. Nel frattempo, migliaia sono già morti in mare o si trovano in condizioni squallide all’ombra dei reticolati di filo spinato. Questa è una bancarotta morale delle più acute” – ha concluso Shetty.

Il piano in otto punti di Amnesty International 

Le crisi dei rifugiati terminano quando vengono affrontate le loro cause di fondo. Gli stati dovrebbero cercare di porre fine ai conflitti e alle massicce violazioni dei diritti umani, ma raggiungere questi obiettivi è difficile e richiede tempo.

Tuttavia, vi sono cose che i paesi più ricchi del mondo possono fare sin da ora, per mitigare l’impatto devastante della crisi globale dei rifugiati.

Amnesty International sollecita un’azione coordinata riguardo a otto aree prioritarie:

1. Finanziare in modo continuativo, sufficiente e sicuro gli appelli sulle crisi dei rifugiati: tutti gli appelli umanitari per le crisi dei rifugiati devono essere finanziati fino in fondo; inoltre, dev’essere dato un significativo sostegno economico ai paesi che ospitano grandi popolazioni di rifugiati, al fine di fornire servizi fondamentali ai rifugiati e alle comunità che li ospitano.

2. Rispondere positivamente a tutte le necessità di reinsediamento identificate dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr): sono attualmente 1,15 milioni i rifugiati che, secondo l’Unhcr, hanno bisogno di essere reinsediati. Amnesty International stima che nei prossimi due anni il loro numero possa salire a 1,45 milioni.

3. Creare percorsi sicuri e legali per i rifugiati: le persone non dovrebbero più intraprendere viaggi pericolosi per far valere il loro diritto a essere riconosciute come rifugiati. Gli stati devono facilitare le riunificazioni familiari, introdurre visti umanitari per consentire ai rifugiati che non rientrano tra coloro da reinsediare di potervi entrare legalmente e chiedere asilo, mettere a disposizione dei rifugiati parti dei loro programmi di concessione di visti per motivi di lavoro o di studio.

4. Salvare le vite umane: più che attuare le loro politiche in materia d’immigrazione, gli stati devono dare priorità al salvataggio delle persone in difficoltà. In situazioni in cui le persone rischiano la morte, tra cui (ma non solo) durante le traversate in mare, gli stati devono investire nelle operazioni di ricerca e soccorso in mare e soccorrere immediatamente le persone in pericolo.

5. Permettere l’ingresso nel territorio ai rifugiati che arrivano alla frontiera: i richiedenti asilo devono poter entrare attraverso i varchi di frontiera ufficiali, a prescindere dal possesso o meno di un documento valido per viaggiare. Gli stati devono astenersi dall’adottare misure che impediscano l’ingresso a persone che fuggono da paesi dove rischiano persecuzione e violenza o che li costringano a intraprendere viaggi pericolosi: queste misure attualmente comprendono il rifiuto d’ingresso in assenza di visto o di altra documentazione, i respingimenti e la costruzione di recinzioni.

6. Combattere xenofobia e razzismo: i governi devono astenersi dal praticare la xenofobia, ad esempio quando affermano o lasciano intendere che la colpa dei problemi economici e sociali interni è dei migranti e dei richiedenti asilo. I governi devono inoltre modificare tutte le leggi e le prassi che di fatto producano discriminazione razziale o di altro tipo e devono adottare politiche in grado per contrastare xenofobia e violenza a sfondo razziale.

7. Combattere il traffico di esseri umani: gli stati devono intraprendere azioni efficaci per indagare e punire i gruppi criminali responsabili del traffico di esseri umani. Gli stati devono inoltre offrire protezione e assistenza alle vittime del traffico e assicurare che abbiano accesso alla procedura d’asilo e/o alla possibilità di essere reinsediate. Tutti gli sforzi destinati a combattere il traffico di esseri umani e il trasporto illegale di persone devono porre la salvezza delle persone al primo posto.

8. Ratificare globalmente la Convenzione sullo status di rifugiato e sviluppare un robusto sistema nazionale sul diritto d’asilo: gli stati devono riconoscere nella loro legislazione il diritto di chiedere e ottenere asilo, devono dotarsi di procedure per esaminare le richieste d’asilo e devono garantire i diritti fondamentali dei rifugiati e l’accesso di questi ultimi a servizi quali l’istruzione e le cure mediche.

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