Siria. Amnesty denuncia i crimini di guerra

ROMA – Una missione di ricerca di Amnesty International nel nord della Siria ha scoperto un’ondata di trasferimenti forzati e demolizioni di abitazioni, equivalenti a crimini di guerra, portata avanti dall’Amministrazione autonoma diretta dal Partito dell’unione democratica, la formazione curda che controlla la zona dal 2013.

L’Amministrazione autonoma è un alleato chiave, sul terreno, della coalizione a guida Usa che combatte in Siria contro il gruppo armato che si è denominato Stato islamico.

Nel suo rapporto, intitolato “Nessun luogo dove andare. Sfollamenti forzati e demolizioni nel nord della Siria”, Amnesty International presenta le prove (tra cui testimonianze oculari e immagini satellitari) del deliberato trasferimento di migliaia di civili e della distruzione di interi villaggi nelle aree controllate dall’Amministrazione autonoma, azioni portate a termine come rappresaglie per il presunto appoggio allo Stato islamico o per i presunti legami con questo e con altri gruppi armati.

“Distruggendo deliberatamente abitazioni civili e, in alcuni casi, demolendo e incendiando interi villaggi per poi obbligare i residenti a trasferirsi senza alcuna giustificazione di ordine militare, l’Amministrazione autonoma sta abusando della sua autorità e violando clamorosamente il diritto internazionale umanitario, rendendosi responsabile di attacchi che equivalgono a crimini di guerra” – ha dichiarato Lama Fakih, alta consulente di Amnesty International sulle crisi.

“Nella sua lotta contro lo Stato islamico, l’Amministrazione autonoma sembra calpestare tutti i diritti dei civili che si trovano in mezzo agli scontri. Abbiamo visto trasferimenti e demolizioni su scala massiccia che non sono avvenuti nel corso di combattimenti. Come mostra il nostro rapporto, si tratta di una campagna deliberata e coordinata di punizioni collettive contro gli abitanti di villaggi che in precedenza erano stati conquistati dallo Stato islamico o dove una piccola minoranza di persone era sospettata di simpatie per il gruppo armato” – ha proseguito Fakih.

Alcuni civili hanno riferito di essere stati minacciati di venire bombardati dalla coalizione a guida Usa se non se ne fossero andati.

A luglio e ad agosto, i ricercatori di Amnesty International hanno visitato 14 città e villaggi delle province di al-Hasakeh e al-Raqqa per indagare sui trasferimenti forzati e sulle demolizioni delle abitazioni nelle zone controllate dall’Amministrazione autonoma.

Le immagini satellitari ottenute da Amnesty International mostrano la vastità delle distruzioni avvenute nel villaggio di Husseiniya, nella zona di Tel Hamees: su 225 abitazioni rilevate nel giugno 2014, un anno dopo ne rimanevano intatte solo 14, ossia uno sconvolgente 93,8 per cento in meno.

Nel febbraio 2015 le Unità per la protezione del popolo (Ypg), l’ala militare dell’Amministrazione autonoma, hanno assunto il controllo della zona, strappandola allo Stato islamico, e hanno iniziato a demolire i villaggi e a trasferire la popolazione. I ricercatori di Amnesty International hanno visitato le rovine di Husseiniya e intervistato testimoni oculari.

“Ci hanno costretto a uscire e poi hanno iniziato a dare fuoco alla casa. Poi sono arrivati coi bulldozer e hanno demolito ogni casa fino a quando l’intero villaggio non è stato distrutto” – ha raccontato un testimone.

Nei villaggi a sud di Suluk, i combattenti delle Ypg hanno accusato gli abitanti di sostenere lo Stato islamico e hanno minacciato di ucciderli se non se ne fossero andati. Sebbene in alcuni casi gli abitanti abbiano confermato la presenza di una manciata di sostenitori dello Stato islamico, la maggior parte di loro non aveva nulla a che fare col gruppo armato.  In altri casi, le Ypg hanno ordinato di lasciare i villaggi, altrimenti sarebbero stati bombardati dalla coalizione a guida statunitense.  “Ci hanno detto di andarcene, altrimenti avrebbero informato la coalizione Usa che eravamo terroristi e i loro aerei avrebbero colpito noi e le nostre famiglie” – ha riferito Safwan, un altro abitante.

Le Ypg hanno giustificato i trasferimenti forzati sostenendo che il provvedimento era stato preso per proteggere gli stessi interessati o per necessità militari.

“È fondamentale che la coalizione a guida Usa che sta combattendo contro lo Stato islamico in Siria e gli altri stati che stanno dalla parte dell’Amministrazione autonoma o si coordinano con essa dal punto di vista militare, non chiudano gli occhi di fronte a questi abusi. Devono prendere posizione pubblicamente, condannando i trasferimenti forzati e le demolizioni illegali e fornire assicurazioni che la loro assistenza militare non contribuirà a violazioni del diritto internazionale umanitario” – ha sottolineato Fakih.

In un attacco particolarmente spregevole, le Ypg hanno versato petrolio intorno a un’abitazione minacciando di darle fuoco con le persone ancora dentro.

“Hanno iniziato a versare petrolio intorno alla casa dei miei suoceri. Mia suocera si è rifiutata di uscire e allora hanno versato petrolio intorno a lei. Poi hanno trovato mio suocero e lo hanno colpito sulle mani. Io ho detto ‘Anche se brucerete casa mia, prenderò una tenda e la pianterò qui. Questa è casa mia, io voglio stare qui” – ha testimoniato Bassma.

Sebbene la maggior parte delle vittime di queste pratiche illegali fossero arabi e turcomanni, in alcuni casi – come nella città a popolazione mista di Suluk – le Ypg e l’Asayish (la polizia dell’Amministrazione autonoma) hanno impedito agli stessi abitanti curdi di tornare alle loro case. Altrove, come ad esempio nel villaggio di Abdi Koy, abitanti curdi sono stati sfollati dalle Ypg.

Intervistato da Amnesty International, il capo dell’Asayish ha ammesso i trasferimenti forzati di civili, definendoli tuttavia “episodi isolati”. Più volte il portavoce delle Ypg ha dichiarato che i civili erano stati trasferiti per la loro sicurezza.

Tuttavia, molte persone hanno dichiarato di essere state costrette a lasciare i loro villaggi anche quando questi non erano stati al centro degli scontri o erano distanti dalla linea del fronte e non c’era alcun pericolo derivante dagli ordigni esplosivi improvvisati lasciati dallo Stato islamico. Trasferire popolazioni civili in assenza di un’imperativa necessità militare costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario.  “L’Amministrazione autonoma deve immediatamente porre fine alle demolizioni illegali di abitazioni civili, risarcire coloro le cui case sono state illegalmente distrutte, cessare i trasferimenti forzati e consentire ai residenti di rientrare e ricostruire le loro abitazioni” – ha concluso Fakih.

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