Cultura. La figura più rappresentativa e’ lo scienziato, il politico l’ultima

ROMA – Lo scienziato davanti a tutti, il politico in coda, ultimo nella classifica delle figure piu’ rappresentative della cultura.

Lo scienziato viene indicato al primo posto dal 22,2% del campione, segno che il sapere scientifico ha assunto nel tempo una maggiore considerazione rispetto alle discipline umanistiche. Lo dice il Censis con la ricerca fatta in collaborazione con l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani sul tema ‘La trasmissione della cultura nell’era digitale – Un’inchiesta sul sapere’. La ricerca e’ stata presentata oggi in una gremita Sala Igea di Palazzo Mattei di Paganica, con interventi di Massimo Bray, dg dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Giorgio De Rita, segretario generale Censis, Massimiliano Valerii, dg del Censis che ha illustrato il lavoro, Tullio De Mauro, ex ministro dell’Istruzione e professore emerito della Sapienza, Carlo Freccero, consigliere Rai, e Riccardo Luna, digital champion.

A seguire c’e’ l’intellettuale (19,3%), poi il filosofo (15,7%) e la figura emblematica della trasmissione della conoscenza, cioe’ il maestro, l’insegnante (14,9%). Le figure umanistiche, come lo scrittore (10,9%), il poeta (2,8%) o l’editore (2,8%), vengono successivamente. Quindi il giornalista, il blogger, il sacerdote e il leader politico con lo 0,3%. La ricerca dice inoltre che tra i simboli contemporanei – i luoghi – della cultura, internet (indicata dal 27,6%) e la biblioteca (26,1%) si collocano in cima praticamente a pari merito. In misura pressoche’ analoga, il liceo e l’universita’ sono considerati tutt’oggi luoghi simbolo del sapere, secondo l’opinione di un quarto dei rispondenti (25,8%). Il favore accordato a Wikipedia e’ tiepido (appena il 4,7%) anche nelle fasce d’eta’ piu’ giovani. E il computer viene considerato uno strumento incapace di per se’ di veicolare contenuti culturali: solo il 3,2% lo pone al vertice della classifica dei luoghi del sapere. 

Da questa sequela di dati emerge che c’e’ una consapevolezza piuttosto diffusa in merito a cosa c’e’ di buono e di meno buono nelle nuove tecnologie digitali, il cui utilizzo non si lesina, ma solo all’interno di questa cornice di attribuzione funzionale e valoriale, senza sprovveduti slanci nel vuoto. Lo si capisce anche esaminando quali sono le figure simbolo che, secondo l’opinione del campione, incarnano oggi piu’ di tutte il valore della cultura. L’immaginario della popolazione italiana acculturata risulta composto da riferimenti simbolici alti, come la scuola e la biblioteca, contemplando pero’ con equilibrio anche il nuovo ruolo del web. E il grande equilibrio di giudizio sulle tecnologie digitali lo si riscontra anche in un’altra serie di considerazioni raccolte: l’opinione che la fruizione culturale in internet si basa su una logica ipertestuale, con l’arricchimento di link ad altri documenti e a contenuti audiovisivi, e’ condivisa dal 95,8% del campione; largamente diffusa (89,2%) e’ anche la consapevolezza che la rete e’ un gigantesco archivio di informazioni liberamente accessibile da chiunque e consultabile con facilita’; una quota molto ampia del campione (l’88,1%) e’ convinta che buona parte del successo della rete dipenda dal fatto che oggi si ha sempre meno tempo a disposizione, quindi internet viene percepita come una “enciclopedia” aperta a tanti contributi, ricca di stimoli anche sensoriali, continuamente aggiornata e consultabile rapidamente. E ancora: l’85,8% dichiara che spesso il risultato delle ricerche in internet non e’ quello che ci si aspettava all’inizio e apprezza quindi l'”effetto serendipity”, ritenendo utile seguire il flusso dei documenti online per fare nuove scoperte che all’inizio non si sapeva di voler conoscere; il 66,7% apprezza l’aspetto relazionale della rete, cioe’ il fatto che l’approfondimento sul web dei propri studi e delle proprie passioni culturali puo’ diventare l’occasione per socializzare con persone che coltivano gli stessi interessi; il 59,6% ritiene che in internet il sapere si formi con i contributi alla pari di tutti (l’esempio classico e’ Wikipedia), senza un ordine gerarchico basato sulla sequenzialita’ delle nozioni e sull’autorita’ delle fonti tradizionali. 

C’e’ anche da dire che vi e’ una profonda consapevolezza, che talvolta sconfina nello scetticismo e nella diffidenza, riguardo i limiti di affidabilita’ delle fonti che si trovano online, visto che il 92,7% degli intervistati ritiene che non sempre si puo’ essere sicuri dell’affidabilita’ dei contenuti che si trovano in internet (spesso non si sa neanche chi e’ l’autore dei documenti). A cio’ si aggiunge un giudizio di superficialita’ della conoscenza che ci si forma in rete, per cui secondo il 70,2% il web non basta e, se si vuole approfondire, bisogna leggere i libri; in piu’, per il 53,6% la lettura sullo schermo limita intrinsecamente la capacita’ di apprendimento e di riflessione intellettuale. Poi, la frammentarieta’ delle nozioni, la sovrabbondanza di contenuti, il disorientamento dell’utente sono altre considerazioni negative sulla rete come strumento di conoscenza che accomunano piu’ della meta’ degli intervistati: per il 54,8% le tante risorse disponibili in internet rendono tutto frammentato, non si riesce a concentrarsi, ci si distrae continuamente; per il 51,9% in internet si trovano troppi contenuti, per cui e’ difficile selezionare quelli davvero interessanti e utili, tanto da poter rimanere disorientati. Cosi’, solo il 23,5% crede che oggi, grazie a internet, si possano ad esempio scrivere tesi di laurea senza dover consultare libri o entrare in una biblioteca. In definitiva, solo per un residuale 6,5% del campione le risposte che si trovano in internet sono esaustive e non c’e’ bisogno di verificarle altrove.  

Insomma, finisce che non si puo’ rinunciare alla cultura codificata e strutturata data dai libri. Ma, allo stesso tempo, gli effetti positivi della disintermediazione digitale vengono rinvenuti nella possibilita’ di produrre una “cultura on demand” attraverso la costruzione di una bibliografia multimediale personalizzata. Il fenomeno della disintermediazione digitale e’ considerato positivo complessivamente dal 79% degli italiani laureati utenti di internet: in particolare, il 49,7% perche’ cosi’ la cultura diventa un bene alla portata di tutti, al di la’ delle differenze sociali, economiche, geografiche; per il 29,3% perche’ permette di approfondire i temi che interessano risparmiando tempo e denaro. Solo per il 17,9% del campione con l’uso di internet come strumento culturale si pone il rischio di manipolazione e omologazione, e appena il 3,1% teme il tramonto del benefico rapporto tra allievo e maestro. Che fine fara’ il libro, a questo punto?, la domanda del Censis. Complessivamente, per il 74,4% del campione il libro di carta non corre il pericolo di venire sostituito dalla rete. In particolare, il 67,1% ritiene impossibile che cio’ accada, perche’ niente come il libro stimola l’attivazione delle facolta’ intellettuali. Per il 7,3% la spiegazione e’ ancora piu’ radicale e si ricollega alla convinzione che la cultura che ci si forma attraverso internet sia effimera. All’opposto, solo un quarto del campione (25,6%) e’ convinto del contrario, cioe’ che il libro sia in pericolo: perche’ gli strumenti digitali sono piu’ efficaci della carta stampata nella trasmissione del sapere (6,3%) e perche’ le nuove tecnologie evolveranno ulteriormente come strumento di conoscenza, e questo determinera’ la scomparsa del libro (19,3%). 

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