A 30 anni dal disastro di Cernobyl ancora 3 milioni di persone vivono nelle zone contaminate

Rimandato a novembre 2017 il completamento del sarcofago che dovrà coprire il reattore contenente ancora 180 tonnellate di combustibile

ROMA – Sono passati 30 anni dall’incidente nucleare di Cernobyl e la situazione in Bielorussia, Russia e Ucraina è ancora gravissima. Ancora 3 milioni di persone vivono in zone dove i livelli di contaminazione continuano a essere elevati soprattutto nelle derrate alimentari, con altissimo tasso di tumori e leucemie soprattutto nei bambini, che sono i soggetti più vulnerabili. Solo in Bielorussia sono oggi 1.141.000 le persone, di cui 217.000 bambini, che vivono nelle zone contaminate, dove si registra un aumento del carcinoma capillifero della tiroide, di un precoce sviluppo di cataratta e di leucemie. E come se non bastasse, a questo scenario si somma anche l’insensata costruzione della nuova centrale nucleare di Ostrovets, nel nord della Bielorussia, a soli 55 km dal confine con la Lituania.

“Anche se sono passati 30 anni dall’incidente del 26 aprile 1986 – afferma Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – la situazione continua a essere grave e le persone, soprattutto i bambini, continuano ad ammalarsi. L’incidente di Cernobyl dimostra non solo l’assurdità della scelta nucleare ma anche l’impossibilità di gestire e controllare le conseguenze di un tale incidente. Chiediamo alla Commissione europea e alla Comunità internazionale di intervenire per mettere subito in sicurezza il reattore che ancora contiene 180 tonnellate di combustibile”.

Sulla messa in sicurezza della vecchia centrale, infatti, continuano a esserci ritardi importanti. Il vecchio sarcofago che protegge da trent’anni il reattore 4 ha 1000 metri quadrati di crepe, mentre il nuovo sarcofago chiamato “The Arch” doveva essere completato finalmente quest’anno, ma il termine dei lavori è stato rimandato a novembre 2017.

The Arch, alto 110 metri, lungo 164 e largo 257, sarà realizzato con 29mila tonnellate di strutture metalliche e durerà soltanto un secolo.

“Abbiamo il dovere – spiega Angelo Gentili, responsabile Legambiente solidarietà – di occuparci delle popolazioni colpite dal disastro partendo proprio dai bambini, che sono i soggetti più vulnerabili. Il nostro aiuto passa principalmente dal Progetto rugiada (solidarietalegambiente.it) che ogni anno garantisce a 100 bambini, provenienti dalle zone maggiormente contaminate, un soggiorno di un mese in un centro specializzato della Bielorussia dove ricevono visite sanitarie e cibo non contaminato e dove posso giocare e fare attività didattiche.

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