Giappone: 333 balenottere uccise

TOKYO – La flotta giapponese per la caccia alla balena e’ rientrata oggi in porto dopo la stagione venatoria annuale nelle acque antartiche, iniziata a novembre, che ha portato all’uccisione di 333 balenottere.

Lo ha reso noto l’agenzia nipponica della pesca. La flotta, composta da cinque navi, era partita nel novembre scorso per la caccia, a cui il Giappone attribuisce scopi scientifici, nonostante le proteste internazionali degli ultimi anni. L’uccisione delle balenottere, identica per numero di esemplari a quella del 2016, e’ stata motivata dall’agenzia come “ricerca con lo scopo di studiare il sistema ecologico nel mare antartico”. Secondo gli ambientalisti e la Corte di giustizia internazionale, tuttavia, le balene sarebbero cacciate per la loro carne. La caccia alla balena e’ stata esplicitamente vietata dalla Corte di giustizia dell’Aja, che nel marzo 2014 ha diffidato il Giappone dall’uccidere i cetacei, accusando Tokyo di mascherare fini prettamente commerciali con pretese di “scientificita’” per aggirare la moratoria mondiale, in vigore dal 1986. Anche la Commissione internazionale sulla caccia alle balene (Iwc) ha contestato le “prove” fornite dal Giappone per giustificare la valenza scientifica della richiesta di uccidere 4mila balene nell’arco di 12 anni. Il Giappone ha condotto la caccia alla balena ogni anno nell’arco degli ultimi 70 anni. Unica eccezione la stagione 2014-2015, a ridosso della sentenza della corte dell’Aja. Per molti anni il governo nipponico aveva giustificato l’attivita’ delle baleniere con il fatto che molte specie di balena non sono a rischio di estinzione e che il consumo della carne di balena fa parte della cultura nazionale. Dal 1987, un anno dopo l’entrata in vigore della moratoria internazionale, il Paese ha addotto ragioni scientifiche.

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