Operazione Alitalia: un esercito di cassaintegrati e precari ‘Tutti giù per Aria’

di Rita Salvadei e Susi Ciolella

ROMA – “Operazione Alitalia” questo è il titolo del dibattito che avrà luogo il 24 settembre in Piazza Risorgimento a Roma alle ore 15,00 in occasione della Festa dell’IdV e che sarà moderato dal giornalista del sole 24 ore Gianni Dragoni.

Nell’ambito del dibattito (alle ore 16.00) sarà proiettato il docufilm “Tutti giù per aria – L’aereo di carta, la coraggiosa opera di denuncia sulla vertenza Alitalia, ideata e prodotta nel 2009 da Alessandro Tartaglia Polcini, ex assistente di volo cassaintegrato. Il film, che mai come oggi assume una sua rilevanza documentaria quale testimonianza di una situazione ormai purtroppo di grande attualità e trasducibile a molte altre realtà lavorative, vanta numerosi interventi tra i quali quello di Dario Fo, Ascanio Celestini e Marco Travaglio. ‘Tutti giù per aria’ per la regia di Francesco Cordio e la sceneggiatura di Guido Gazzoli e Francesco Staccioli (anch’essi cassaintegrati), è frutto di mesi di riprese effettuate durante le contestazioni dei lavoratori dell’ex Alitalia. Oggi che siamo alle soglie di un autunno ‘caldo’ per un numero imprecisabile di problemi che non riguardano più ormai solo una categoria di lavoratori ma un intero paese sull’orlo del baratro, questo docufilm diviene, oltre che lo strumento per non dimenticare quanto accaduto ad Alitalia, anche una sorta di ‘memento’ sul dramma umano della perdita del posto di lavoro.

Alitalia è letteralmente ‘spirata’ nell’autunno di 3 anni fa, l’epitaffio della compagnia venne scritto nella notte tra il 26 e 27 settembre quando i piloti firmarono l’accordo con CAI e due giorni dopo anche i sindacati autonomi SDL e AVIA cedettero alla firma dell’accordo.

Era il settembre 2008 e non a caso lo slogan tra i più frequenti in quel momento tra i lavoratori Alitalia era: “oggi tocca a noi domani tocca voi”. Una sorta di semplice esorcismo collettivo? oppure un presagio, una premonizione di quello che sarebbe stato a breve il futuro delle vicende economiche e delle dolorose ristrutturazioni industriali che da li a poco si sarebbero consumate nel nostro paese? Si perché bisogna ricordare che Alitalia fu il banco di prova o meglio la prima prova generale per arrivare a una profonda riforma del paese, partendo proprio dalla riforma del lavoro.
Con la vicenda Alitalia, al di là dei vari punti di vista sul fatto di ritenere o più meno privilegiati coloro che vi lavorano, in un solo colpo sono stati annullati almeno 40 anni di tutele e diritti per i lavoratori, è stata segnata la fine di un’epoca sindacale caratterizzata purtroppo da liturgie ormai obsolete e si è inaugurata quella tragica era delle “firme preventive”, tanto care ai ‘volenterosi’ sindacati confederali. Ma non solo, con il nuovo modello industriale si è giunti anche a nuovi e più ‘meritocratici’ criteri di assunzione totalmente indifferenti alla considerazione del valore umano, e il cui scopo principale sarebbe stato solo quello di riuscire ad ottenere ‘il miglior materiale umano al minor costo possibile’. Quanto accaduto in Alitalia dunque non ha fatto altro che mostrare l’estrema debolezza del sindacato e come il ‘popolo’ (quello dei lavoratori) perlopiù inascoltato, sia stato più lungimirante di quella che avrebbe dovuto essere la sua leadership.

L’entrata a gamba tesa alla vigilia delle elezioni politiche da parte di quello che sarebbe stato il futuro Governo guidato da Berlusconi (che su Alitalia si giocò quasi tutta la campagna elettorale in nome dell’italianità) fece poi tutto il resto e  il ‘metodo’  o la ‘cura’  Alitalia  sarebbe stata poi facilmente applicata anche ad altre realtà lavorative.

Il giochetto realizzato per Alitalia tuttavia, cioè quello di dividere la compagnia in una Bad Company, ovvero una sorta di ‘discarica’ a carico del contribuente e una Good Company ‘immunizzata’  e ripulita dai debiti con profitti a beneficio dei soli capitani coraggiosi resisi disponibili ad intraprendere l’avventura, (parliamo quindi di socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti), non ha però sortito ad oggi gli esiti sperati. Alitalia infatti rischia comunque di arrivare al 2013 in condizioni se non peggiori, almeno molto simili a quelle della vecchia azienda. I dati relativi al primo semestre 2011 riportano  performance al di sotto della concorrenza, con picchi, diremmo fisiologici, di crescita nel solo periodo estivo. Da qui la cautela con cui alcuni azionisti di Alitalia stanno cominciano a guardare al futuro e soprattutto con cui cominciano a ‘svalutare’ la propria quota azionaria (Pirelli ha rivisto a ribasso la sua quota già nel 2010 e anche Benetton recentemente tramite Atlantia ha svalutato la sua quota: 8.85%).

A proposito! Che fine hanno fatto nel frattempo i lavoratori cassaintegrati e i precari risucchiati nella discarica della Bad Company?
Ad oggi, parafrasando una strofa della canzone omonima scritta da Luca Bussoletti per il film, sono per la maggior parte rimasti col culo a terra!
A discapito, di quanto pensi la maggior parte dell’opinione pubblica, il ‘Mostro Sociale’ creato dal piano Fenice miete ancora vittime. Ad oggi sono circa 4000 i lavoratori appartenenti al gruppo Alitalia S.p.a. ancora in cassaintegrazione. Uomini e donne, coinvolti nel disastro del fallimento di Alitalia, senza prospettive reali di ricollocamento nel mondo del lavoro. Molti di loro, infatti, non raggiungeranno, alla fine del periodo di Cigs e mobilità, i requisiti pensionistici.

Altri, in base agli accordi sottoscritti, furono posti in cassa integrazione, in virtù dell’ipotesi di ottenimento del requisito, tuttavia, per le modifiche attuate in materia previdenziale e giuridica, si troveranno invece allo scadere della mobilità a non avere gli spettanti vitalizi per mesi, forse anni. Insomma migliaia di professionalità, buttate nella spazzatura! Basti pensare ai circa 700 piloti ancora fuori dal ciclo produttivo, con la scure della perdita del brevetto che gli permette di mantenere la qualifica professionale, o alle centinaia d’ingegneri della manutenzione che dopo anni di studio e lavoro si trovano senza nessuna prospettiva occupazionale.
In questi tre anni i lavoratori dell’ex Compagnia di Bandiera, non si sono arresi, cercando soprattutto, di tenere accesi i riflettori sulla catastrofe che li ha colpiti. Hanno denunciato all’opinione pubblica, alla politica e alle Istituzioni il mancato rispetto degli accordi che furono sottoscritti a Palazzo Chigi, così come le ultime intese firmate tra le OO/SS e Alitalia che prevedrebbero un numero superiore di assunzioni rispetto a quelle effettivamente avvenute.

Questa drammatica realtà è aggravata poi dal fatto che la società Alitalia / CAI negli ultimi mesi sta procedendo all’assunzione di personale stagionale, di lavoratori di nuova formazione, allontanando in questo modo la speranza di una reale prospettiva di lavoro sia per il personale cassaintegrato, sia per i precari di “lungo corso” (alcuni addirittura con 10 anni di stagioni alle spalle). L’arrivo di nuovi aerei nella flotta di Alitalia e la concessione del part-time a centinaia di lavoratori potrebbero invece garantire posti di lavoro a un numero cospicuo di persone. Il dato reale è che questi lavoratori, oltre a veder violata ogni speranza per il proprio futuro, sono un costo sulle spalle della collettività. In un momento cosi drammatico per l’Italia, in cui assistiamo inermi alla fuga delle imprese all’estero,  viene da domandarsi se l’Italianità,  tanto acclamata in quel lontano settembre del 2008 non fosse altro che mera propaganda politica, che purtroppo ha avuto come unico risultato d’inviare al patibolo migliaia di persone.

 

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