Il Nobel per la Pace 2011 è “tre” volte Donna

ROMA – La Pace è Donna: Sirleaf (prima presidente donna di uno stato africano), Gbowee (attivista pacifista) e Karman (si occupa di diritti delle donne e democrazia nello Yemen) e sale a 14 il numero delle donne Nobel per la Pace dal 1901. È con queste parole che ho commentato sul mio profilo di Facebook la notizia dell’assegnazione del nobel per la pace 2011, e mai mi sarei aspettata tanti segnali di approvazione e di condivisione.

Le donne si sa sono ancora oggi viste come un pezzo “strano” ed “estraneo” in certi contesti ed il riconoscimento che oggi è stato assegnato non riguarda religiose o missionarie ma donne che hanno fatto dell’attivismo e delle politica la loro missione di vita.

Il premio è stato assegnato a Ellen Johnson Sirleaf, presidente della Liberia, prima donna capo di stato in Africa; all’avvocatessa, anche lei liberiana, Roberta Leymah Gbowee, e alla attivista per i diritti umani yemenita Tawakkol Karman.

Le protagoniste
Roberta Gbowee, 80 anni, è nota per essere una attiva militante pacifista e simbolo della non-violenza, che ha contribuito sensibilmente alla fine delle guerre intestine in Liberia e in altri Paesi africani. Ha da poco pubblicato la sua biografia, dal titolo “La forza dei nostri poteri: le comunità delle donne, la preghiera, il sesso, hanno cambiato un Paese in guerra”.

Ellen Johnson Sirleaf, presidente della Liberia dal 2005, la “Signora di ferro” africana è impegnata nella ricostruzione del suo Paese, devastato da 14 anni di guerra civile, che ha causato oltre 250.000 morti. Dall’esilio a Nairobi, in Kenya, nel 1980, dopo il rovesciamento dell’allora presidente William Tolbert, rientra in patria nel 1985, per partecipare alle elezioni del Senato della Liberia, ma quando accusa pubblicamente il regime militare, è condannata a dieci anni di prigione. Viene rilasciata, si sposta a Washington poi torna in Liberia nel 1997 n lavorando per la Banca Mondiale e per la Citibank in Africa. Sfida Charles Taylor nelle elezioni presidenziali del 1997, ma raggiunge solo il 10% dei voti, contro il 75% di Taylor, che poi l’accusa di tradimento. Dopo la sua vittoria alle elezioni del 2005, Johnson-Sirleaf pronuncia uno storico discorso alle Camere riunite del Congresso degli Stati Uniti, chiedendo il supporto americano per aiutare il suo paese a “diventare un faro splendente, un esempio per l’Africa e per il mondo, e cosa si può ottenere con l’amore per la libertà.”

Tawakkol Karman, attivista yemenita per i diritti umani, è diventata in poco tempo leader della protesta contro il regime nel proprio Paese. Ha 32 anni, esattamente tanti quanti sono quelli che vedono al potere incontrastato il presidente Abdallah Saleh. Giornalista e fondatrice dell’associazione “Giornaliste senza catene”, è militante nel partito islamico conservatore “Al Islah”.

La storia
Da quando è stato istituito, nel 1901, sono state 14 le donne che hanno vinto il premio Nobel per la Pace. La prima a riceverlo è stata la baronessa Bertha Sophie Felicita von Suttner nel 1905, pacifista nata a Praga nel 1843. Dopo 26 anni, nel 1931, è la sociologa americana, Jane Addams, fondatrice della Women’s International League for Peace and Freedom, a vincere il premio per il suo impegno nella lotta per la pace e per i diritti delle donne. Faceva parte della associazione della Addams anche l’americana Emily Greene Balch, che ha ricevuto il Nobel nel 1946. Due donne di Belfast (Irlanda del nord, Uk) hanno vinto il premio nel 1976: Mairead Corrigan e Betty Williams, fondatrici del Northern Ireland Peace Movement (poi ribattezzato Community of Peace People), movimento nato con la volontà di cercare una soluzione pacifica e non violenta alla questione irlandese. Nel 1979 il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato a Madre Teresa di Calcutta, albanese, per le sue opere di carità in India. Il 1982 ha visto premiare Alva Myrdal, scrittrice e diplomatica svedese, per il suo impegno a favore del disarmo. La battaglia non violenta della birmana Aung San Suu Kyi per l’affermazione della pace e dei diritti umani nel proprio Paese gli è valsa l’assegnazione del Nobel per la Pace nel 1991. L’anno dopo ha ricevuto il premio Rigoberta Menchù Tum, attivista del Guatemela, grazie agli sforzi compiuti per una riconciliazione etno-culturale nel Paese, basata sul rispetto delle popolazioni indigene. Nel 2003 è stata l’iraniana Shirin Ebadi a vincere il premio, che ha così visto premiare la sua lotta a favore della democrazia e dei diritti umani. L’ultimo premio Nobel per la Pace ad essere assegnato ad una donna prima del 2011 è stato nel 2004, quando a vincerlo è stata la keniota Wangari Muta Maathai per «il suo contributo allo sviluppo sostenibile, alla democrazia e alla pace».

I commenti
Significativi i messaggi che sono giunti oggi come quello della radicale Bonino «Il conferimento del Premio Nobel per la Pace 2011 a tre donne è un messaggio molto potente e, allo stesso tempo, è un messaggio che unisce. Si tratta anzitutto di un riconoscimento che va alle donne: alle donne che, nonostante non abbiano le stesse opportunità degli uomini, sono diventate ovunque il vero motore del cambiamento- ha afferma Emma Bonino, vice presidente del Senato- Particolarmente significativo nell’anno della primavera araba, è l’assegnazione a Tawakkul Karman, prima donna araba in assoluto a ricevere il premio. In secondo luogo è un riconoscimento all’azione nonviolenta in generale, una pratica che gode di scarsa considerazione, quando non viene addirittura denigrata, da parte di cancellerie e fautori della realpolitik. Organizzare in condizioni avverse un movimento nonviolento che attraversi le divisioni etniche e religiose, come ha fatto l’attivista liberiana Leymah Gbowee, rappresenta da questo punto di vista un esempio per tante e tanti. Infine, è un riconoscimento che conferma come il Premio Nobel sia evoluto in questi anni, premiando non tanto chi appone la firma ad un trattato di pace ma chi piuttosto innesca un processo di pace e di riconciliazione, come ha fatto in Liberia Ellen Johnson Sirleaf, un vero simbolo della ‘nuova Africà. Mi auguro –ha concluso la Bonino- che questo conferimento dia nuovo impeto alla causa delle donne in tutto il mondo».

«Siamo felicissime di questo premio, perchè ultimamente noi avevamo lavorato molto, anche attraverso una campagna, perchè fosse riconosciuto il ruolo svolto da tutte le donne africane, perchè in modi diversi sono veramente loro che portano avanti il peso maggiore di questo grande continente. Questo riconoscimento non è stato possibile. Però, siamo felici che almeno tre donne abbiano avuto la possibilità di essere riconosciute a livello internazionale». Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, commenta così ai microfoni della Radio Vaticana la notizia del premio nobel della Pace assegnato che, in un anno decisamente travagliato sotto l’aspetto sociale e dei diritti umani, è stato assegnato, e la scelta è stata fatta fra una rosa di ben 241 candidati, fra cui figurava anche “Emergency”, a tre donne d’Africa.

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