Crisi: economia reale e metafisica (terza parte)

ROMA – In questi giorni angoscianti, l’economia è divenuto il tema più discusso dal popolo italiano. Si parla quasi di più di economia che di calcio, più di default che dei gossip del capo del governo, più di crisi ‘argentina’ dell’Italia che dell’ultima fidanzata di Clooney.

Ma le modalità utilizzate per parlare della crisi economica sono più o meno le stesse della tifoseria e del gossip, vale a dire l’uso fuori luogo del divertissement: un piacevole intermezzo per distrarsi continuando a non pensare. Come dire: si discute con finta animosità, non tanto per passione politica ma per mostrare i muscoli della propria retorica, o, peggio, del proprio disincanto. D’altronde, questa prassi della patologica scissione tra apparire ed essere, l’hanno ben insegnata  i politici nei loro teatrini televisivi dove, a camere accese, si scalmanano l’uno contro l’altro, per poi, dietro le quinte, gettate le maschere del ruolo, scherzare come vecchi compagni di banco dandosi delle gran pacche sulle spalle. Dottor Jekyll e mister Hyde docet.

Come si diceva, c’è chi, in realtà capendone ben poco, è diventato tifoso di John Maynard Keynes, e sostiene a spada tratta la necessità dell’intervento pubblico nell’economia con misure di politica fiscale e monetaria, che servano a sostenere l’occupazione e a rilanciare l’economia, e c’è chi, berlusconianamente, e senza aver mai letto un rigo di lui, sostiene le tesi dell’anti-Keynes Milton Friedman, vale a dire l’assoluto rifiuto verso qualsiasi intervento dello Stato nell’economia, Il tifoso di Friedman si dichiara quindi a favore del libero mercato e della politica del laisser faire: liberalismo sfrenato, deregulation e l’assunto metafisico della ‘mano invisibile’ la quale, qualunque cosa succeda, come una divinità plutonica, rimette sempre nella giusta orbita i mercati finanziari riequilibrando così la società, cioè le nostre esistenze terrene.

E cosa c’è di più astratto e metafisico che la credenza della ‘mano invisibile’ in economia? Celiando si potrebbe dire: “mano invisibile batte il miracolo di san Gennaro tre a due”. Ma c’è poco da scherzare: una volta venduti i nostri beni comuni del demanio e i beni immobiliari di Stato, ‘l’Argentina’ è dietro l’angolo e noi pagheremo l’entrata alle nostre spiagge in Yuan Renminb, la moneta cinese.
La deregolamentazione dell’economia, che Obama nel suo discorso inaugurale ha indicato come la maggior causa della crisi finanziaria, in teoria, sarebbe la legge del ‘vinca il più forte’, cioè guadagna maggiormente colui che ha rischiato di più in modo economicamente intelligente. Ma come stiamo vedendo in pratica il tutto si risolve come nelle ‘non battaglie’ dei ‘Signori della guerra’ cinesi e giapponesi, che anziché affrontarsi per la conquista di una città, dopo qualche scaramuccia, la lasciavano, dopo averla depredata, in mano al nemico. E questo naturalmente a rotazione in modo che i Signori della guerra si arricchivano sempre più e il popolo diventava sempre più povero. E infatti queste speculazioni finanziarie non hanno certo impoverito i creatori e i difensori della ‘bolla finanziaria’ del 2008.Come abbiamo visto la ‘bolla finanziaria’ americana è stata venduta, come il famoso pacco napoletano, alle banche di tutto il mondo, causando il primo scossone economico e quindi povertà. Inoltre, dalle crepe createsi per il terremoto della ‘bolla finanziaria’, tutti i non ciechi e coloro che hanno mantenuto un’onestà intellettuale, hanno intravisto un’economia costruita come un castello di carte da gioco, e quindi insostenibile, che faceva correre, come un razzo verso il punto d’impatto, le società opulente occidentali trainate dalle divinità dell’economia di mercato.

Eppure di questo imminente impatto pochi ne parlano, e così non c’è modo di deviare il razzo economico né di frenarlo. La Casta politica, quella che secondo Massimo D’Alema non esiste, per ripararsi dall’implosione economica, ha pensato bene di cacciare la testa in un buco come gli struzzi, cantando il vecchio ritornello: “ciò che non vedo non esiste”. Perché parlare di decrescita, di sviluppo compatibile, di sviluppo umanamente compatibile, per i nostri politici equivale ad una bestemmia? Semplice! Perché il sottosistema delle Caste e il suo indotto è prodotto e produttore di  questo ‘l’inferno consumistico’, cioè del macrosistema che possiamo chiamare post-capitalismo o capitalismo globalizzato, vale a dire ciò che ha portato a quest’accelerazione verso la disumanizzazione della società.
Eppure, facendo discorsi semplici e di buon senso, si dovrebbe parlare di ricchezza economica, solamente se la ricchezza creata è bene comune di tutti. Ma sembra che non sia così. Lo dicono le leggi del dio mercato, leggi astratte ma incise su pietra dura, neanche fossero tavole della legge mosaiche dove leggiamo leggi assurde come “non desiderare la donna d’altri”. Appunto, economia metafisica!
Potrebbe sembrare utopico e persino insensato, ma per poter togliere l’astrazione dal pensiero economico fondato sul dogma religioso della ‘mano invisibile’ si devono intraprendere vari percorsi di ricerca come quello di ritornare al significato primario della parola economia. Il sostantivo economia viene da greco oikonomía,  concetto che unisce due parole: oikos, focolare-dimora, e nomos, consuetudine-legge. Quindi per economia si intendevano quelle consuetudini che facevano si che ‘l’economia domestica’ ed estensivamente quella dei clan e poi della polis, che sono il macrocosmo dell’oikos-casa intesa come famiglia, funzionassero per il bene comune di tutti. Questi primitivi concetti poi si svilupparono nell’idea di isonomia, stessa legge per tutti, e eunomia, buona legge.
Tutta questa dissertazione, sul significato primario delle parole, serve per dire che piuttosto che riferirsi ad una metafisica ‘mano invisibile’, la quale come una divinità metafisica guiderebbe i nostri economici destini, si deve tornare a quelli che si chiamano ‘i conti della serva’. E i conti della serva ci dicono che non ci possiamo permettere guerre che ci costano miliardi mentre ci sono città d’arte da ricostruire come L’Aquila, che potrebbero ridiventare mete turistiche di alto livello e portare ricchezza alle popolazioni locali che vivono da troppo tempo in una situazione di accattonaggio sociale depressivo. Ma non ci possiamo permettere neppure un rapporto con lo Stato vaticano, che munge al popolo italiano, anche a quello ateo, aconfessionale, ebreo, mussulmano, ecc., circa otto miliardi di euro ogni anno. Non ci possiamo permettere di mantenere la Casta politica, né quella ecclesiastica, né quella finanziaria e imprenditoriale. Non ce lo possiamo permettere, non perché gli economisti ce lo hanno detto, no essi fanno parte del ‘sistema delle caste’ e non ce lo possono e vogliono dire, non ce lo possiamo permettere perché ce lo dicono i conti della serva che si basano sulla realtà oggettiva e non su concetti astratti come quello metafisico della ‘mano invisibile’.

Che non ci possiamo più permettere questo stato delle cose se n’è accorto furbescamente anche lo Stato vaticano che, vedendo morire l’animale Italia, di cui si nutre con metodologie parassitarie, ha cominciato ad innervosirsi, vedi le esternazioni di monsignor Ravasi e dei suoi companions of snack. D’altronde, per quell’industria di trasformazione di anime italiane disperate, in ricchezza vaticana, che è di fatto lo Stato di cui noi siamo una piccola diocesi, cioè per il Vaticano, una delocalizzazione produttiva in altre parte geografiche del continente è ben difficile, primo perché non c’è al mondo un popolo così papalino – con tutti gli epiteti che ne conseguono – come la maggioranza degli italiani, secondo perché, per la tragedia dei bambini violentati per secoli dai ecclesiasti criminali pedofili, ma scoperta solo recentemente, in tutto il mondo occidentale, c’è in atto un rifiuto totale del ‘sistema cattolico’. Quindi non ci sarà una seconda Avignone perché gli ‘schiaffi di Anagni’ li aspettano fuori dei confini ital-vaticani: alla corte dell’Aja dove è stata depositato un ricorso in cui si accusa Ratzinger e tre alti esponenti del Vaticano  – il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, il suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano, e il prefetto della Congregazione della dottrina della fede, cardinale William Levada – di crimini contro l’umanità per la copertura dei reati commessi da prelati contro i minori.
Dopo questa parentesi sfacciatamente anticlericale, che non ha nulla di metafisico, torniamo all’economia.

Dopo tante esternazioni si deve tornare con i piedi per terra e chiedersi “che fare?” partendo da quelle pochi voci che indicano le vie d’uscita dalla pericolosità sociale di questa crisi, e per fare in modo che questa implosione economica non faccia precipitare nella barbarie e nelle rivolte sociali violente e distruttive che sono ormai a pochi isolati di distanza.
Si è già accennato alle idee decrescita, di sviluppo compatibile, di sviluppo umanamente compatibile, ma sappiamo che, come la ‘mano invisibile dell’economia’,  neppure la storia e la società sono oggetti metafisici calati dall’alto dei cieli, perché sono gli esseri umani che fanno la storia e la società, e quindi anche l’economia. Questi esseri umani che hanno guidato, e continuano a guidare, l’economia hanno sicuramente sbagliato e se non vanno da un buon psicoterapeuta continueranno a sbagliare, perché come minimo, sono psichicamente disturbati. Sono ‘disturbati’ perché, come ha detto recentemente l’economista Andrea Ventura al Parlamento europeo di Bruxelles, nella presentazione del libro di Carlo Patrignani sul pensiero lombardiano , ‘Lombardi e il fenicottero’, la finanza globalizzata si muove lucidamente e razionalmente come gli sciami di cavallette che dopo aver divorato completamente un campo di grano, si spostano in un altro campo di grano e devastano anche quello. E non può essere che un simile pensiero, che è efferato proprio per la sua ‘ragione animale’, possa essere considerato normale e auspicabile come lo è nella logica del mercato economico del laisser faire, che tanto poi la ‘mano invisibile’ riaccomoda tutto.
Una logica del genere non può essere accettata perché distrugge intere società umane portando tragedie e dolore, e poi perché, dopo i primi successi e i primi arricchimenti del ‘mordi e fuggi’, si è dimostrata fallimentare, a meno che la forbice sproporzionata tra ricchi, sempre più ricchi, e i poveri, sempre più poveri, non sia considerata un sintomo di successo economico.

Nel quarto, e ultimo articolo, che sarà dedicato alle nuove proposizioni economiche ‘umanamente compatibili’, parleremo del concetto lombardiano di ‘società diversamente ricca’ e dei suoi possibili sviluppi.

(prosegue nella quarta parte)

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