É morto Saverio Tutino: combattente per la libertà

ROMA – L’otto settembre del ’43, Saverio Tutino, da poco compiuti 20 anni, divenne maggiorenne  – come altri suoi coetanei – per decreto del duce a cui difettavano, ancora, qualche centinaio di migliaia di morti da usare al tavolo della pace. Saverio, che era nato a Milano, il 7 luglio del ’23, allora era studente universitario a Milano da cui decise di fuggire, verso la Svizzera,  accettando i disagi della vita da fuggiasco, pur di non andare a rimpinguare il numero dei morti dell’inutile guerra di Mussolini e dei suoi finanziatori.

Nel campo di rifugiati, Tutino ebbe i primi contatti con i comunisti e fu qui che decise di aderire al Partito: dapprima con un prezioso lavoro di proselitismo quindi occupato ad organizzare il rientro clandestino – suo e di altri giovani – in Italia  per combattere contro i fascisti e i tedeschi nelle formazioni partigiane. “Nerio”, questo il nome di battaglia che Tutino assunse, nell’agosto del 1944 é a Cogne, in Val d’Aosta, dove viene inquadrato in una formazione garibaldina ma, nell’inverno del ’44, Saverio é già stato nominato commissario politico della 76ma Brigata Garibaldi con la quale, nel febbraio del ’45, partecipò a quella che è ricordata come la battaglia di Sala Biellese e, a primavera del ’45,  “Nerio” assunse l’incarico di commissario politico della VII Divisione Garibaldi “Aosta”, incarico che manterrá fino alla fine della guerra di Liberazione quando verrà assunto da “Vie Nuove” come redattore e dove rimarrá fino al 1956, quando passerá a “L’Unità”, prima come corrispondente da Parigi e poi da L’Avana.
Da quel momento il nome di Tutino fa pendant con l’esperienza della rivoluzione cubana al punto didiventare, dopo la pubblicazione dei suoi libri: “la rivoluzione cubana” e “l’ottobre cubano” uno dei piú profondi conoscitori della situazione dell’isola caraibica.

Ogni volta che si cercava un’opinione autorevole su ció che accadeva a L’Avana era a lui che bisognava rivolgersi: Lui, la memoria storica occidentale di quella rivoluzione, anche in seguito quando ormai mancava da Cuba dal 1980. Fu lui, con i suoi reportage, le sue interviste, i suoi libri a far crescere tra i giovani del ’68 il mito di Castro, della Rivoluzione e, ancor di piú, quello del “Che”. Cuba e Tutino. Tutino e Cuba. Un rapporto simbiotico, d’amore, l’unico che riuscirá ad incrinare il suo rapporto con il Partito: lui iscritto al PCI dal 1944, per trent’anni giornalista a l’Unitá. Un Partito che, a meta’ degli anni Sessanta, non solo non condivideva la posizione di Tutino che vedeva L’Avana come la capitale di un terzo polo della politica internazionale, quello a cui facevano riferimento i paesi del Terzo mondo e del Movimento dei non allineati (altra esperienza, allora, pressoché sconosciuta alle “Botteghe Oscure”) ma era, anzi, ancora troppo supinamente sottomesso alla visione della realpolitik di Mosca, figlia della ”guerra fredda”, imperniata sull’equilibrio nato a Yalta, tra USA-URSS.

Queste incomprensioni lo portarono, nel ’76, sin dalla fondazione del giornale, senza  maj rinnuegae le sye idee a pasare a “La Repubblica”, ancora una volta come inviato dapprima in Spagna e, poi, ancora in America latina.
Intanto, la sua mania di annotare tutto, di tenere un diario della sua vita carico di annotazioni personali, osservazioni da cronista e riflessioni quotidiane, attività che – come amava ripetere – gli aveva permesso una sorta di autoterapia con cui tenere a bada le insofferenze del suo carattere ma anche una certa tendenza alla depressione, lo portó – nel 1984 – a fondare, a Pieve Santo Stefano, l’Archivio diaristico nazionale, pagna e ancora una volta in America Latina. Intanto, nel 1984, Tutino fondò a Pieve Santo Stefano (Arezzo) l’Archivio diaristico nazionale che raccoglie, a oggi, quasi diecimila scritti autobiografici di altrettanti nostri connazionali, prodromo di ció che, nel 1998, ad Anghiari, diverrá la “Libera Università dell’Autobiografia” nata dalla collaborazione con Duccio Demetrio.
A questa straordinaria esperienza, fatta dalla “somma delle tante storie individuali che – diceva – costituiscono la Storia del Paese”, Tutino ha continuato ad affiancare la sua riflessione e ricerca storica che ha prodotto, nel ’95, l’autobiografico “L’occhio del barracuda”: dalla Serra di Ivrea, dove era stato comandante partigiano alla Sierra Maestra dove tornò per ripercorrere i sentieri della guerriglia di Castro, passando prima per la Cina appena conquistata da Mao e per la Francia in lotta per impedire la libertà dell’Algeria.
Saverio Tutino, il comandante “Nerio”, ci ha lasciato lo scorso 28 novembre, a 88 anni, dopo il ricovero d’urgenza, presso la clinica “San Raffaele” di Roma, a seguito di un ictus cerebrale.

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