VENEZIA (nostro inviato) – Con la proiezione di ‘The reluctant fundamentalist’, film fuori concorso della regista indiana Mira Nair (Leone d’oro nel 2001 con ‘Moonson Wedding’) parte Venezia 69.
Per qualche misterioso motivo, leggendo i commenti della stampa – sarà forse perché serpeggia un inconscio desiderio di uscire dalla depressione economico-psicologica – alla mostra quest’anno alberga la speranza: i giornalisti salutano positivamente lo snellimento delle proiezioni, il nuovo spazio offerto al mercato, quello dato ai film delle donne, persino il red carpet per il pubblico pagante. Intesi? Al pubblico che paga tappeto rosso: segno dei tempi.
Intanto i lavoratori di Cinecittà preoccupati dal progetto di ristrutturazione degli studios romani hanno dato vita, insieme agli attivisti del Teatro Valle di Roma Occupato, a un corteo al Lido di Venezia, a pochi metri dal “democratico” red carpet. I manifestanti non han potuto stazionare di fronte al Palazzo del Cinema, presidiato dalle forze dell’ordine, ma sono rimasti su un lato dell’area che ospita le strutture della mostra, nella zona vicina al Casinò.
Davanti al Palazzo del cinema i fan invece hanno, sin dal primo pomeriggio, iniziato la lunga attesa, anche se le grandi star non ci sono, “per ragioni del tutto casuali”, ha detto Alberto Barbera. Una graziosissima giornalista dagli occhi a mandorla prova il suo “speach” per il telegiornale della sera; signore e ragazzine fanno prove di struscio all’imbrunire, confondendosi con le attrici; gli uomini della sicurezza appaiono più aitanti dei divi. E’ festa, una festa che induce a riflettere sul nostro tempo e su quello che siamo. Domani scopriremo quanto il “fondamentalista riluttante” alberga in ognuno di noi. Dei nostri fanatismi si parla, di crisi spirituale e morale. L’aria salmastra della serenissima è una cornice splendida al quadro tormentato.